Perché noi abbiamo la possibilità di scegliere un'educazione di qualità per i nostri figli e milioni di genitori che vivono nel sud del mondo non hanno la nostra stessa libertà?
del 04 agosto 2008
La realtà odierna ci presenta una situazione critica dal punto di vista dell’istruzione elementare, anche se in via di miglioramento per diversi paesi. Ricordiamoci che ancora oggi 93 milioni di bambini non hanno accesso ad una istruzione elementare (pensiamo che l’intera Germania, per esempio, ha una popolazione di 82 milioni di abitanti… è come se tutti i tedeschi non andassero a scuola… un bel paragone!!). Purtroppo alcune zone continuano a perseverare in una situazione molto critica: pensiamo che nella sola Africa Sub-Sahariana 41 milioni di bambini sono all’esterno del circuito scolastico, e in Asia del Sud sono 31,5 milioni. Inoltre, solo la metà di quelli che frequentano la scuola termina il ciclo elementare (nell’Africa sub sahariana solo 1/3) e, alla luce di questi dati sappiamo che ¼ degli adulti nei “PVS” non sa leggere e scrivere (879 milioni di adulti analfabeti, di cui 2/3 sono donne).
Sono numeri davvero “pesanti”.
 
Ma perché non si riesce a garantire a tutti quello che è un diritto umano fondamentale, sancito da molte legislazioni nazionali e dalle più importanti Dichiarazioni e Trattati Internazionali? Perché il secondo obiettivo del millennio “assicurare l’istruzione elementare universale” è ancora lontano?
È importante considerare lo sviluppo come un’espansione delle libertà reali di cui godono gli esseri umani, e quindi, per poterlo raggiungere, bisogna partire dall’eliminazione di queste illibertà, come ampiamente illustrato dall’economista indiano Amartya Sen.
La negazione del diritto all’educazione è la negazione della libertà di ogni essere, bambino o adulto, di formarsi per potersi scegliere liberamente il futuro che ritiene più opportuno per se stesso.
Cerchiamo ora di capire perché l’educazione è così importante per lo sviluppo di un popolo e di un paese. Innanzitutto, concentrare le forze in una educazione di qualità per tutti consentirà il raggiungimento di molti obiettivi che vanno al di la del puro risultato scolastico, quando infatti si parla di educazione non si deve intendere solamente insegnare/imparare la storia, la geografia o la matematica, ma il formare le coscienze, il dare uno scopo di vita,... il consentire ai giovani di credere in un loro futuro, e il permettere loro di sapere quello che possono e devono fare. L’educazione è davvero la chiave per un sviluppo sostenibile e lo dimostrano vari casi di aree geografiche che, pur in condizioni economiche limitate, sono riuscite ad avere notevoli miglioramenti nell’indice di sviluppo umano (Kerala).
Inoltre, promuovendo l’educazione, senza dubbio si realizzeranno anche altri obiettivi (promuovere l’uguaglianza di genere e l’autonomia delle donne). Incentivando la partecipazione delle bambine/ragazze a scuola (cosa che non è per niente scontata non solo per la preferenza, in molte culture, del maschio, ma anche per il fatto che le ragazzine ingravidando presto sono “costrette” a rinunciare alla scuola per occuparsi del figlio) si insegna loro l’uguaglianza rispetto ai compagni maschi, si insegna che ce la possono fare a sognare un futuro diverso rispetto alle loro mamme, e si danno loro le capacità per essere “qualcuno”.
 
Ma quali sono i grandi problemi che impediscono ad un genitore di scegliere un’educazione di qualità per  suoi figli? Per capire questi problemi e per vedere cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione di molti paesi, cercheremo di analizzare alcune politiche che possono essere messe in atto.  Non ci sono “ricette” già pronte perché ogni contesto è diverso dall’altro, ma senza dubbio si può partire dai seguenti punti che spesso sono comuni a molte realtà dei paesi poveri:
 
·        Come prima cosa i governi dovrebbero aumentare l’investimento nel settore dell’educazione diminuendo le spese di altri settori (in America Latina e in Asia sono in continuo aumento le spese militari che tolgono inevitabilmente risorse alla scuola, è necessário, quindi, un cambio di tendenza per sostenere il settore educativo così arretrato)
 
·        A livello di investimento pubblico il governo dovrebbe investire in:a. Programmi di incentivo alle famiglie che mandano i figli a scuola (un esempio potrebbe essere il PETI in Brasile: programma di eliminazione del lavoro infantile: sono aiuti alle famiglie che tolgono i figli dalla strada/lavoro per consentire loro di frequentare la scuola, oppure il Malawi che con i suoi programmi che danno priorità ai bisogni dei bambini in età prescolare, ha consentito l’aumento dell’accesso all’educazione pre-elementare dal 3% del 2000 al 23% del 2005 all’interno delle comunità rurali),
b. Kit-scuola: fornire materiale scolastico e libri solo alle famiglie necessitate (in Brasile, per esempio, c’è un sussidio dato alle famiglie, ma viene dato a tutti indistintamente, anche a chi ha soldi e non ha bisogno dell’aiuto. Concentrandosi solo sui più poveri, con l’aiuto dei servizi sociali, si potrebbero recuperare risorse da investire per migliorare altri aspetti dell’educazione),
c. Formazione degli insegnanti soprattutto in Africa dove c’è una grande carenza di professori. Aggiornamento e riqualificazione degli stessi, principalmente, in America Latina e Asia dove non c’è la stessa carenza dell’Africa, ma dove si sente forte la necessità di una loro migliore preparazione
Inoltre andrebbero messe in atto alcune riforme delle attuali politiche governative:i. Tassa scolastica: in moltissimi paesi “poveri” le famiglie si ritrovano a dover pagare tasse mensili che per molti risultano un prezzo alto considerando le entrate che hanno. Questi costi disincentivano le famiglie a mandare i figli a scuola o obbliga altre a ritirarli durante l’anno (questo problema è molto forte principalmente in África). È dimostrato che dove le tasse sono state diminuite o eliminate del tutto, c’è stato un miglioramento nell’accesso a scuola da parte dei bambini. Ad esempio in Tanzania l’eliminazione dei costi ha permesso un aumento della partecipazione scolastica  da 1,4 milioni a 3 milioni; in Kenya, invece, la stessa politica ha incrementato il numero dei bambini che partecipano a scuola del 22%.ii. Uniforme: questo è un grande problema soprattutto in America Latina e India. La spesa per l’uniform risulta essere una delle spese maggiori per le famiglie che si trovano obbligate a comprare i vestiti (scarpe comprese) perché altrimenti i figli vengono lasciati fuori dalla scuola. Penso che si potrebbe pensare ad una soluzione alternativa: la scuola potrebbe fornire l’uniforme solamente a coloro che non la possono comprare, oppure si potrebbe lasciare la libertà nella scelta dei vestiti mettendo solo la condizione che siano maglietta e pantaloni puliti e ordinati.
e. un censimento per verificare la vera popolazione infantile e promuovere così campagne di sensibilizzazione dirette verso quelle famiglie che non mandano i figli a scuola.
g. Tecnologia e materiale di supporto per i professori.
i. Utilizzo della lingua madre almeno per le classi iniziali. Questo facilita l’apprendimento e incentiva i genitori, che spesso conoscono solo questa lingua, ad aiutare i figli (questo è diretto principalmente per l’Africa francofona o le zone con presenza di indigeni).
 
Inoltre è necessario pensare a politiche che permettano e incentivino la partecipazione delle bambine/rragazze, tra queste si possono evidenziare:i. Promuovere politiche di sensibilizzazione per far capire alle famiglie l’importanza della partecipazione delle femmine non solo per un loro interesse personale, ma perché questo inciderà sul miglioramento di tutta la famiglia,
ii. Creare più turni scolastici durante la giornata per facilitare la partecipazione delle bambine che cosi potranno continuare nelle restanti ore ad aiutare in casa,iii. Aiutare il ritorno a scuola delle giovani che hanno avuto figli creando per esempio degli asili nido pubblici per i loro figli (purtroppo l’abbandono scolastico delle ragazze madri è molto grande perché non sanno a chi lasciare i figli).
E noi? Cosa possiamo fare noi per essere promotori di uno sviluppo umano e sostenibile?
Senza dubbio favorire un’educazione di qualità come giovani, educatori, genitori; inoltre possiamo diffondere una cultura che promuova la sviluppo delle coscienze, delle menti… una cultura che renda liberi! E se vogliamo partecipare ancora più attivamente al processo di sviluppo possiamo aiutare direttamente adottando un professore o un alunno (sono molte le associazioni che si occupano di promozione dell’educazione).
 
Vi lascio con queste due belle testimonianze di due giovani studenti:
 
MEXICO
Il governo del mio paese ha iniziato dando molte più borse di studio agli alunni che ne avevano bisogno, così che possono andare a scuola piuttosto che al lavoro.” Ragazza,17
 
BOTSWANA
”With regard to education our government fought for, and actually achieved, 100% access to education for BOTH females and males... It is worth noting that the Ministry of Education, in partnership with a UNICEF initiated Female-Male Education Movement, is currently campaigning for rights-based and gender-sensitive schools. Male, 20
 
 
Emma Colombatti
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