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La sfida del Meeting

La sfida è tutta espressa nel titolo: “La conoscenza è sempre un avvenimento”. Significa la pretesa di documentare il nesso profondo che c'è tra l'esperienza che ciascuno fa e la cultura, intesa non come sovrastruttura imposta alle cose, ma come la riflessione sull'esperienza stessa che chiunque è chiamato a svolgere se vuole vivere una vita da uomo ragionevole.


La sfida del Meeting

da Attualità

del 22 agosto 2009

Il Meeting 2008 è stato un’occasione per approfondire la coscienza di una esperienza e la verifica della portata culturale della fede: incontri, testimonianze e mostre hanno mostrato che cosa può accadere nella vita di un uomo quando è raggiunto da un ideale come quello cristiano, che non censura nulla e abbraccia tutto e tutti. Divenendo strada su cui persone di storie e tradizioni culturali diverse possono accompagnarsi, gli uni desiderosi di collaborare con gli altri in vista di un bene comune, nella pace.

 

Il Meeting 2009 - a cui giungiamo carichi di tutta la ricchezza depositata da trent’anni di storia - vuole aiutare a fare un passo ulteriore: guardare ciò che accadrà, i fatti e le persone come fattori di una conoscenza nuova della realtà, fino alla scoperta del suo significato.

 

La sfida è tutta espressa nel titolo: “La conoscenza è sempre un avvenimento”. Significa la pretesa di documentare il nesso profondo che c’è tra l’esperienza che ciascuno fa e la cultura, intesa non come sovrastruttura imposta alle cose, ma come la riflessione sull’esperienza stessa che chiunque è chiamato a svolgere se vuole vivere una vita da uomo ragionevole. Senza varcare la soglia della ricerca di un significato, infatti, si rimarrebbe bambini inconsapevoli.

 

In questo senso il Meeting vuole essere sempre meno “vetrina” e sempre più luogo di una esperienza umana: quella che si realizza attraverso l’incontro di un io con la realtà. Noi, infatti, partiamo dalla realtà, non imponiamo i nostri schemi alle cose, piegandole a un’ideologia o a un capriccio.

 

Certo, il contesto culturale e sociale non favorisce un percorso di conoscenza della realtà, tanto è vero che spesso ci si sorprende bloccati alla superficie delle cose, quasi estranei a ciò che accade: indifferenti. E questo è determinato anche da un costume che identifica la conoscenza con la scienza, e che non sembra lasciarsi interrogare da ciò che sta accadendo: Giorgio Vittadini ha fatto giustamente notare che il crollo finanziario del settembre scorso è figlio proprio del fallimento della pretesa scientificità delle teorie economico-finanziarie, costruite dalle migliori scuole internazionali; ma nessuno dei protagonisti ha fatto mea culpa.

 

Perciò si perpetua la convinzione che tutto ciò che non è conoscenza scientifica non sarebbe conoscenza, ma altro: un credo soggettivo che riguarda, al massimo, le cose dalle nuvole in su, come un cielo che incombe sulla realtà senza nessi né utilità per la vita quotidiana; un “pallino” per anime devote. Segno di quella separazione tra fede e ragione a cui Benedetto XVI sta prestando una eccezionale attenzione.

 

La sfida del Meeting si colloca a questo livello della situazione contemporanea, ed è tanto radicale quanto entusiasmante: per una settimana offrire l’opportunità di ridestare un percorso di conoscenza non con spiegazioni astratte, ma attraverso l’incontro con persone che conoscono la realtà in modo diverso: «La testimonianza è la forma di comunicazione del vero» (J. Carrón).

 

Il Meeting - con le sue migliaia di partecipanti e le centinaia di relatori - è stato in questi anni la documentazione che il fattore della conoscenza è un imprevisto, cioè un incontro, che chiamiamo “avvenimento”. Il conoscere non nasce come processo deduttivo, ma dall’impatto con la realtà. Per questo anche quest’anno sono state invitate persone che possano parlare di conoscenza in termini esistenziali, utilizzando gli strumenti della loro professione: uomini di Chiesa, imprenditori, intellettuali, politici, giornalisti e artisti.

 

In particolare, tra la miriade di conferenze, ne segnaliamo due che saranno esplicitamente dedicate a un approfondimento del titolo 2009. Carmine Di Martino, filosofo dell’Università Statale di Milano, si interrogherà su che cosa significhi affermare la precedenza dell’avvenimento nel fenomeno della

conoscenza, dentro il contesto della riflessione filosofica contemporanea. Don Julián Carrón parlerà di san Paolo e dell’avvenimento di una conoscenza nuova che gli ha sconvolto la vita.

 

Nel libro delle equipe con gli universitari di Comunione e Liberazione, Qui e ora (1984-1985), che sarà presentato l’ultimo giorno del Meeting, don Giussani sorprende il sorgere di una cultura nuova proprio nel vivere la realtà come avvenimento, secondo questo metodo: «L’impatto con la realtà, la risposta all’impatto della realtà, il rapporto con la realtà, quindi il generarsi dell’esperienza e lo svilupparsi della cultura, è giusto nella misura in cui tu parti dal di dentro dell’avvenimento che t’ha colto», dunque non da un discorso o da una filosofia astratta, ma da qualcosa che accade qui e ora.

 

Così speriamo che il Meeting dei trent’anni possa vedere compiersi l’augurio che don Giussani rivolse venticinque anni fa agli universitari come «l’affermarsi di una positività irresistibile. Quello che vince il mondo è un’altra cosa, non è né la nostra partecipazione alle ideologie, quindi non è la nostra cultura, e neanche sono le nostre opere, ma è l’affermarsi di una presenza che non ha peli sulla lingua, parla senza alcuna paura ed è insonne, costruisce opere “a tutta birra”. Ma il soggetto che si afferma non è la nostra capacità di opinione o la nostra capacità di espressione; queste sono trascinate dentro, trasportate, trasformate, convertite, convertite con e in quella Presenza».

Alberto Savorana

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