Perché Goma ritrovi il sorriso di una volta, costruiamo insieme il Congo. Non lo si costruisce con la guerra, ma con la pace. La guerra continua: una guerra che fa molte vittime di cui non si parla. Molta gente continua a morire di fame, di malattia, di miseria. Il Signore ci chiederà: avevo fame, ero straniero, ero sfollato: cosa hai fatto per me?
In attesa delle conclusioni dei negoziati di Kampala, tra RD Congo e M23, la situazione a Goma è tranquilla, ma non troppo. Ci sono movimenti di soldati da una parte come dall’altra. Abbiamo l’impressione che, se i negoziati falliscono, ci sarà di nuovo guerra. E Ngangi potrebbe essere vicino al fronte. Preghiamo e speriamo di no.
In questo clima incerto, con l’accordo degli organismi umanitari (HCR, OCHA, Unicef...), abbiamo deciso di aiutare gli sfollati a lasciare il Centro Don Bosco per permettere la ripresa della scuola e per evitare il propagarsi di epidemie (abbiamo avuto altri sette casi di colera, per il momento sotto controllo, con l’aiuto di Medici senza frontiere). Gli sfollati potevano scegliere sia di ritornare a casa nei loro villaggi – che sono ancora occupati dall’M23 -, sia di andare, in attesa di un clima più sicuro, nel campo profughi ufficiale di Mugunga, dove gli aiuti possono essere meglio coordinati.
Sulle 2000 famiglie recensite qui, 450 ci hanno detto che preferivano rientrare nei loro villaggi, anche a piedi se fosse necessario. Le altre hanno preferito aspettare e andare a Mugunga. A tutte le famiglie che lasciano il Centro Don Bosco diamo un telone, una stecca di sapone e un bidone per l’acqua. Il PAM (Programma Alimentare Mondiale) ha dato loro cibo per due settimane. Altre ONG promettono che passeranno nei villaggi di ritorno per un’assistenza ulteriore (in cibo, medicinali, aiuto per le spese scolastiche degli allievi...). I progetti migliori di riinserimento restano sospesi alle decisioni dei grandi: faranno ancora la guerra? Sapranno rinunciare ai loro interessi economici o di prestigio per permettere a questa povera gente di vivere in pace, magari in condizioni dure di povertà, ma in pace, a casa loro?
Oggi ricordiamo il 64° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Alla base di tutti i diritti, c’è il diritto alla vita e alla pace. Quando sara riconosciuto e rispettato per tutti gli abitanti del Nord Kivu?
Ieri, domenica, il vescovo di Goma, Monsignor Théophile Kaboy, è venuto a celebrare la messa a Ngangi. Lo ha fatto per essere vicino agli sfollati, per dar loro un messaggio di speranza. Ho colto alcune delle sue parole che cito con grande libertà. La gente è stanca, ha detto. Perché ci deve essere guerra a Goma, sempre a Goma: che sia con l’AFDL (1996), con il CNDP (2008), con l’M23 (2012), è sempre la gente di Goma che ci va di mezzo. Mons. Kaboy ha citato il classico proverbio africano: quando due elefanti si battono, è l’erba che è calpestata. Ha ricordato la battuta di un giornalista, che già nel 1996 invitava i turisti ad andare in visita in inferno: “là non ci sono più diavoli, sono tutti a Goma”. Ultimamente, ha detto il vescovo, ha incontrato un uomo che ha perso nella guerra la moglie, i figli, i beni, tutto. Quest’uomo diceva: quando mi chiedono di pregare il Padre nostro, dico: Padre nostro che sei nei cieli, restaci, dato che ci hai abbandonato. Si potrebbe anche capire che gli adulti pagano per i loro peccati, ma perché i bambini devono soffrire, che cosa hanno fatto di male?
Il vescovo ha commentato allora le letture di questa seconda domenica di Avvento. Ha detto: ciò che sta capitando non è la volontà di Dio. Dio stesso, nel suo Figlio Gesù, ha sofferto a causa dell’ingiustizia. Gesù è stato ucciso come un bandito. Sulla croce ha gridato: Mio Dio, perché mi hai abbandonato? Ma poi ha detto: nelle tue mani rimetto il mio spirito. La nostra sofferenza di oggi è unita alla sua. Gesù non è stato abbandonato, è risorto. La sofferenza diventa un cammino di vita. La prima lettura della messa di oggi dice: Non scoraggiatevi, Dio si ricorda, Dio vi toglierà gli abiti di lutto per vestirvi di gioia.
Monsignor Kaboy ha concluso con due pensieri: preghiamo con fede, perché l’incontro di Kampala porti frutti di pace duratura, perché a Natale tutti gli sfollati siano di ritorno a casa loro. Ha detto che ha invitato i religiosi di clausura di tutto il mondo a pregare per Goma: ci sono più di 2000 monasteri che faranno la novena di Natale pregando per la pace nel Kivu. I cristiani di Goma si uniranno a questa preghiera.
L’altra conclusione: perché Goma ritrovi il sorriso di una volta, costruiamo insieme il Congo. Non lo si costruisce con la guerra, ma con la pace. La guerra continua: una guerra che fa molte vittime di cui non si parla. Molta gente continua a morire di fame, di malattia, di miseria. Il Signore ci chiederà: avevo fame, ero straniero, ero sfollato: cosa hai fatto per me? Questa guerra, contro la miseria, la fame, la malattia, possiamo vincerla, con l’aiuto del Signore che non ci dimentica e con l’aiuto dei cristiani di tutto il mondo che in questo momento pensano a noi.
Un segno di speranza: sono ormai una ventina i bambini che sono nati qui, in queste tre settimane. Alle mamme che me lo chiedevano, ho suggerito il nome dei nostri santi o dei santi del giorno: Maria , Andrea, Giovanni, Nicola, Francesca... Abbiamo bisogno della preghiera di tutti i santi per rimandare in inferno tutti i diavoli che circolano a Goma. Signore, pietà di Goma e dei suoi abitanti! Chiediamoglielo insieme, durante la prossima novena di Natale.
Goma, 10 dicembre 2012
Piero Gavioli
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