ci troviamo di fronte ad una scena di una bellezza e profondità straordinaria. Anzitutto il verbo usato (la sollevò): è il verbo della Risurrezione di Gesù. In quante icone orientali la risurrezione è rappresentata come un far alzare Gesù da parte del Padre che gli dona la mano...
del 06 febbraio 2009
Commento alla liturgia di domenica 8 febbraio 2009.
 
 
V domenica del Tempo Ordinario
 
 
Letture:  Giobbe 7, 1-4.6.7                   1° Corinzi 9, 16-23                          Marco 1, 29-39
 
 
Abbiamo iniziato la lettura del Vangelo di Marco e il commento delle scorse settimane era quasi esclusivamente incentrato su questo. L’ho fatto anche per quelli che frequentano il corso di Teologia per Giovani. A breve inizieremo uno studio più attento di questo libro della Bibbia e quindi può essere utile. Continuo in questa linea anche oggi.
Prima di tuffarti nel commento, leggi il testo indicato e fermati cuore a cuore con la Parola di Dio. È il momento più bello e più importante: non tralasciarlo!
 
Ecco ora il commento:
“si recò in casa”: la scena ora si sposta dalla sinagoga di Cafarnao ad un ambiente più intimo e familiare, nella casa di Simone e Andrea in compagnia di Giacomo e di Giovanni. Gesù è con i “suoi”.
Questo episodio è formalmente molto simile a quello precedente, ma la cornice è opposta. Prima aleggiava l’ombra degli avversari (gli scribi, anche se non presenti) e il contrasto era con l’Avversario per eccellenza; ora Gesù non ha avversari davanti, è nell’atmosfera accogliente della casa dei suoi discepoli.  Leggendo il Vangelo di Marco ti imbatterai spesso in questa espressione “quando fu in casa” che sta appunto a significare la cerchia dei discepoli, persone con le quali il Maestro può parlare con libertà.
“… la sollevò prendendola per mano!”: ci troviamo di fronte ad una scena di una bellezza e profondità straordinaria. Anzitutto il verbo usato (la sollevò):  è il verbo della Risurrezione di Gesù. In quante icone orientali la risurrezione è rappresentata come un far alzare Gesù da parte del Padre che gli dona la  mano. Come non pensare al quadro della Cappella Sistina, dove Adamo (tratto dalla terra) viene chiamato alla vita dalla mano tesa del Creatore!?
“ed essa li serviva”: è la prima volta che questo verbo così importante per la Chiesa primitiva (il verbo che indica la diaconia, il servizio!) fa capolino nel Vangelo ed è riferito ad una donna! L’imperfetto  fa pensare a qualcosa che continua: quella donna è entrata nel servizio di Gesù e dei suoi e il servizio è la risposta gioiosa all’azione di Gesù che si è chinato su di lei prendendola per mano e liberandola dalla febbre.
Assistiamo ad un miracolo che apparentemente può sembrare insignificante, ma la cui portata è enorme: viene fotografata la capacità di servire! “Non sono venuto per essere servito, ma per servire” e la donna liberata incomincia a rassomigliare un poco a Gesù.
La nostra mano presa da Lui è finalmente capace di agire come la sua! Donare!
 
“Venuta la sera, dopo il tramonto del sole…”: una precisazione temporale non inutile. Il sabato è veramente finito (il sole è tramontato) e possono avvenire le guarigioni  e “tutta la città era riunita davanti alla porta”. Anche al termine del Vangelo, le donne che vorranno provvedere alla sepoltura di Gesù dovranno attendere la fine del sabato e recarsi al sepolcro quando era ancora buio.
Tutta la città ha bisogno di Gesù! E Lui non si sottrae alle loro richieste e ne guarisce molti.
“Al mattino, quando era ancora buio, si ritirò in un luogo solitario e là pregava”: 
Nel deserto lo Spirito lo ha condotto perché fosse tentato, nel luogo deserto Lui torna nel cuore della notte per pregare, per parlare con il Padre. Nella solitudine Gesù conosce se stesso e lo scopo della sua missione. Dalla profondità di quella solitudine, in cui ha affrontato il Nemico e in cui ritrova il Padre, proviene tutto. Il deserto luogo di tentazione e luogo di intimità! Dal suo colloquio notturno con il Padre nasce il suo andare per la Galilea, il suo predicare, il suo liberare l’uomo.
Fra due capitoli Marco presenterà la scelta dei 12 Apostoli (cfr Marco 3, 13ss); ad essi prima di affidare il compito di andare a predicare e di liberare l’uomo dal Maligno chiederà di stare con Lui! “Ne scelse 12 perché stessero con Lui…”. E Lui per primo ne dà l’esempio, passando la notte in preghiera.
 
Tanti anni fa ho letto e riletto un libro di Carlo Carretto intitolato “Il deserto nella città”. L’idea di fondo era semplice e affascinante, validissima ancora oggi, anzi… Eccola!
Tu puoi e devi ritagliarti uno spazio di deserto nella tua quotidianità (un certo tempo di silenzio per stare con Gesù nella preghiera, nella lettura amorosa della sua Parola…) di modo che questo tempo illumini il resto del giorno e della notte; ma anche, se puoi,  destinare a questo uno spazio fisico nella tua casa: un angolino in cui collochi la Bibbia, un’icona, un cuscino su cui ti inginocchi e fai silenzio nel tuo cuore.
La fecondità spirituale dell’azione è proporzionale al deserto che uno ha saputo creare nel suo cuore.
 
E allora mi pare che la seconda lettura continui molto bene questo bisogno di deserto che sentiamo, a volte in forma assillante, nel profondo di noi. Io sono convinto che sia una infinita nostalgia di senso, di assoluto, di Amore, di Dio. Non per nulla tanta gente va in cerca di luoghi e spazi di silenzio (conventi, monasteri, montagna…).
San Paolo dopo la sua conversione e “aver incontrato il Signore sulla via di Damasco” si concede un lungo tempo di “deserto” in Arabia, poi di nuovo a Damasco e più tardi in Siria-Cilicia. La Buona Notizia che è Gesù Signore entra in pienezza nel suo cuore, lo “afferra” nel più profondo del suo essere fino a fargli esclamare: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!”
Ho letto questa espressione sulla parete della cappellina di un seminario: ero arrivato in anticipo e lì attendevo l’ora dell’incontro e mi dicevo: “Sono un fallito se non annuncio il Vangelo, se non metto la mia vita a disposizione di Gesù e lo annuncio a tutti, specialmente ai giovani! Nelle prediche, negli scritti, …”
Ma non basta: annunciare Gesù con belle prediche, con belle conferenze o bei libri può essere importante, ma ci sono altri due modi che ritengo basilari:
v         Nella preghiera: per evangelizzare bisogna essere evangelizzati. È quello che ha fatto Paolo per un paio d’anni almeno nel deserto di Arabia. È quello che hanno fatto gli apostoli dopo 3 anni di scuola dal Maestro. È quello che hanno fatto tantissimi santi. Stare con Gesù ci cambia il cuore, gli occhi, la lingua… “Senza di me non potete far nulla”. Nell’adorazione prolungata si fanno passare nel cuore di Gesù tante persone e lì Lui le evangelizza in un modo che non so spiegare, ma sono certo che Lui le tocca, come ha toccato i lebbrosi, i malati, i posseduti dal male, la suocera di Pietro …      Venerdì, primo venerdì del mese, porterò anche te che leggi queste righe nel cuore di Gesù: sarà il  modo più efficace di annunciarti il Vangelo, cioè Gesù.
v         Nella vita: è il banco di prova della verità del vangelo che si annuncia e qui siamo tutti poveri, poveri…
Ho ricevuto queste righe che ti lascio come piccolo dono e incoraggiamento, nonostante la piccolezza di quello che siamo e riusciamo a fare giorno per giorno.
“Ieri era la conversione di san Paolo e nelle lodi c'era un'antifona che diceva: "Paolo ti basta la mia Grazia: nella tua debolezza si rivela la MIA forza".
Penso che il mio cuore possa consolarsi con queste parole e dire "e va bene sono guasto, ferito, sanguinante, dolorante (ma anche vivo....) ma c'è Chi può prendermi e farmi volare! C'è Chi non si scandalizza, c'è Qualcuno al quale serve questo mio cuore, che io butterei..."
 
don Gianni Ghiglione
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