Quando un orologio è un buon orologio? Quando non sbaglia nel segnare il tempo, poiché l'orologio è fatto per questo. Quando gli occhi godono di buona salute? Quando mi fanno vedere bene, poiché questa è la funzione dell'occhio. E...quando la vita è una buona vita? Quando la vita che vivo è di buona qualità?
del 19 marzo 2009
 
          Cari giovani, questa sera vorrei aiutarvi a riflettere sulla vostra vita da un punto di vista importante. Quando dico 'vostra vita' intendo riferirmi alle vostre giornate: la scuola o il lavoro; le amicizie e il divertimento; i vostri momenti strettamente religiosi nella vostra parrocchia. Insomma, ciascuno pensi alla sua 'giornata tipo', a come si svolge dal mattino alla sera.
          Sono sicuro che prima o poi vi siete posti domande del tipo: che cosa farò poi, terminata la scuola? Ciò che sto facendo ha un senso?
          Queste domande un animale non se le pone, perché vive, ma non sa di vivere. Voi non solo vivete, ma sapete di vivere. E soprattutto desiderate vivere non una vita qualsiasi, ma una vita buona.
          Apro una breve parentesi. Quando un orologio è un buon orologio? Quando non sbaglia nel segnare il tempo, poiché l’orologio è fatto per questo. Quando gli occhi godono di buona salute? Quando mi fanno vedere bene, poiché questa è la funzione dell’occhio. E … quando la vita è una buona vita? Quando la vita che vivo è di buona qualità? La risposta è molto semplice: un orologio è un buon orologio quando non sbaglia nel segnare il tempo; l’occhio è di buona qualità quando mi fa vedere bene; la vita è una buona vita quando è vissuta realizzando lo scopo per cui esiste. E siamo arrivati alla questione decisiva: quale è lo scopo per cui ciascuno di noi esiste?
          1. La risposta che oggi viene più potentemente diffusa è la seguente: lo scopo è quello che ciascuno decide che sia. In questo senso si parla di 'autodeterminazione'. Secondo questa visione, quando voi progettate la vostra vita – progetto di vita e scopo per cui vivere coincidono – voi siete consegnati esclusivamente a voi stessi. Siete come inchiodati alla vostra solitudine: ciascuno vive per se stesso, direbbe S. Paolo.
          Cari giovani, questa risposta se viene fatta propria è una vera e propria devastazione della vostra umanità. Provate a riflettere un momento.
          A vostro giudizio, la vita di Hitler ha la stessa qualità della vita di Madre Teresa? Eppure ambedue hanno realizzato quel progetto di vita che ciascuno dei due si era dato. E se, come sono sicuro, nessuno di voi compie quell’equiparazione, è perché non sono necessari tanti ragionamenti per capire che il valore della vita non dipende esclusivamente dalla realizzazione del progetto che ciascuno si propone. Ma dipende dalla qualità del progetto stesso.
          Mi spiego con un esempio. Se il progetto di un edificio è disegnato male; se i calcoli sono sbagliati, costruito l’edificio, esso crolla. Se il progetto che dai alla tua vita non è buono, costruita la vita essa crolla nel non senso. Alla fine ti trovi in mano niente. Non è dunque solo un fatto di autodeterminazione.
          2. Siamo arrivati alla seconda questione decisiva: chi è l’autore di un progetto buono della mia vita?
          Iniziamo la ricerca della risposta da una constatazione molto semplice, quasi banale: nessuno di noi è venuto all’esistenza per sua decisione. La vita che vivi non è frutto di una tua decisione: nessuno ti ha chiesto il permesso di farti esistere. Sei frutto del caso? Sei il risultato cioè casuale di fattori impersonali? Immagino che in questo momento voi pensate ai vostri genitori. In realtà essi non sono la spiegazione ultima del fatto che TU esisti. Non volevano TE: volevano un bambino/a. Posero le condizioni perché venisse all’esistenza una nuova persona umana, loro figlio. Ma CHI fosse non lo decisero, né poterono deciderlo.
          Cari giovani, riflettete profondamente su questo fatto tanto grande; ciascuno finirà per chiedersi: CHI mi ha voluto? e PERCHÉ mi ha voluto chi mi ha voluto? A questo punto possiamo ascoltare due grandi voci bibliche: Ger 1,5; Gal 1,15.
          La ragione del tuo esserci è che Dio medesimo ti ha pensato, ti ha voluto. In una parola: ti ha creato. Poiché Egli agisce sempre con sapienza, ti ha voluto avendo su di te un progetto. Dunque, il progetto della vita non deve essere inventato, ma più semplicemente scoperto. Questa è la vera chiave che apre la porta della felicità: vivere secondo questo progetto. 'E perché affannarsi tanto, quando è così semplice obbedire?' [P. Claudel, L’annuncio a Maria].
          C’è stato un fatto nella vostra vita che dice solennemente e con l’efficacia propria del sacramento ciò che io poveramente ho cercato di balbettarvi.
          Quando viene battezzato un bambino viene precisamente espressa questa grande verità, centrale nella Rivelazione biblica. Chi prende l’iniziativa di farci essere e di allearsi con ciascuno di noi, è Dio e non l’uomo. È Dio che sceglie la persona umana – il bambino che viene battezzato – e non la persona umana che sceglie Dio. Uno dei più grandi scrittori cattolici del secolo scorso, Ch. Peguy, scrive: 'Singolare mistero, il più misterioso. Dio ci ha prevenuto…È un miracolo. Un miracolo perpetuo, un miracolo in anticipo. Dio ci ha prevenuto, un mistero di tutti i misteri. Dio ha cominciato '. [Il portico del mistero della seconda virtù, Jaca Book, Milano pag. 222-223].
          3. Ho terminato. Vorrei che andaste via da questa catechesi con una certezza e con una grande gioia.
          Una certezza: nessuno di noi esiste per caso. Ciascuno dica nel suo cuore: 'Dio ha su di me un progetto. Non posso, non devo deluderlo'. In altri termini: ciascuno è stato chiamato; è una vocazione.
          Una grande gioia: la mia vita, capiti qualunque cosa, ha un senso; merita di essere vissuta; è qualcosa di grande e di bello agli occhi del Signore.
mons. Carlo Caffarra
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