Le bugie sul 'giorno dopo'

Con una pillola inganniamo i giovani. «I giovani? Mai come al giorno d'oggi, in tutta la storia dell'umanità, sono esposti al rischio di disporre come credono del tempo libero e di poter contare su una libertà ‚Äì anche nei comportamenti sessuali ‚Äì senza confini».

Le bugie sul 'giorno dopo'

da Quaderni Cannibali

del 26 ottobre 2005

«I giovani? Mai come al giorno d’oggi, in tutta la storia dell’umanità, sono esposti al rischio di disporre come credono del tempo libero e di poter contare su una libertà – anche nei comportamenti sessuali – senza confini». A parlare delle conseguenze di un vero e proprio 'stordimento della libertà' è Paola Binetti, pedagogista, già presidente – insieme al genetista Bruno Dallapiccola – del Comitato nazionale «Scienza & vita», preoccupata dell’impatto sui giovani di un uso massiccio e disinvolto delle varie pillole abortive – la Ru486 o la 'pillola del giorno dopo' –, «una soluzione chimica inventata dagli adulti ma non destinata solo a loro, che potrebbe rendere i ragazzi ancora meno responsabili rispetto alle conseguenze delle proprie azioni. Una piccola pillola può creare una grande confusione, e pesare sulle loro scelte».

 

Secondo Paola Binetti insomma «un’eccessiva liberalizzazione dei comportamenti» non aumenta i gradi di libertà di una persona, ma semmai «sposta il livello di consapevolezza, cancellando i problemi»: «Noi adulti con una sola pillola depriviamo i nostri giovani di momenti e vicende importanti. L’educazione alla sessualità funziona solo all’interno di un’educazione alla maternità e alla genitorialità, che invece si vanno perdendo».

 

Professoressa, cosa intende per «stordimento della libertà»?

«Non si è mai parlato tanto, né si è mai ostentata così ampiamente la liberalizzazione di abitudini sessuali e scelte oggi demandate esclusivamente alla libertà del singolo. Questa viene in tal modo considerata il punto di riferimento privilegiato di ogni cosa. E il paradigma con cui si valutano le esperienze non è la loro bontà intrinseca, ma il grado di libertà che permettono di prendersi. Oggi sembra che l’unico 'peccato grave' sia quello di interferire con la libertà di scelta. Anche l’individualismo nei rapporti affettivi corre il rischio di privare le persone di quella bella dimensione che è percepire la propria dipendenza dall’altro, e la propria capacità di soddisfare i suoi bisogni. L’età in cui i ragazzi diventano sessualmente attivi – in Italia non raramente intorno ai 12-13 anni accade che abbiano il loro primo rapporto sessuale completo – è stata anticipata nel tempo, esattamente come l’età in cui si provano i primi spinelli o si affronta la prima sbronza. Ma il cominciare prima non offre garanzie né di durata di un legame affettivo né di capacità di vivere il rapporto come cura dell’altro».

 

Le esperienze vissute troppo precocemente dunque non aiutano i ragazzi a capire cos’è l’amore e cosa sia la responsabilità?

«I giovani si sposano molto più tardi – intorno ai 34 anni – oppure sperimentano la maternità e la paternità dopo parecchi anni di convivenza. L’età media delle madri si è elevata. E la sessualità è vissuta come esperienza di individualità, dove si sperimentano sensazioni piacevoli ma non quella dimensione profonda che assume la vita affettiva quando costruisce un progetto di futuro».

 

La Ru486 e la pillola del giorno dopo quali ricadute possono avere sull’idea che i giovani si formano dell’affettività e della sessualità?

«La pillola anticoncezionale – che va presa ogni sera per alcune settimane e poi va sospesa per sette giorni, e così via – presuppone una cultura della disciplina. Ma chi si rivolge a questo tipo di contraccezione 'programmata' lo fa solo quando ha la prospettiva di un rapporto stabile e duraturo: insomma, si assume la pillola quando la 'storia' che si sta vivendo non è più l’avventura occasionale. Con la pillola del giorno dopo, invece, non va progettato nulla: bastano l’eccitazione di un momento e l’occasione per imbastire un’avventura di una sera o poco più, pensando che tanto il giorno dopo c’è un rimedio in grado di risolvere tutto. Questo approccio evidentemente ignora che il farmaco ha una potenzialità abortiva non indifferente. La soluzione chimica insomma è un sintomo dei nostri giorni confusi e svincola ancor più i giovani dall’etica della responsabilità. E le conseguenze più gravi ricadranno sulla vita affettiva, sulla capacità di stabilire legami profondi, di costruire rapporti forti e significativi, e di aprirsi all’altro».

 

Un «consumismo delle emozioni» che logora i sentimenti...

«Sì, esatto. Per molti ragazzi valgono le stesse regole del consumismo, ma in questo caso si tratta di emozioni e di 'pezzi di vita': cambiano il partner quando non risponde più alle loro aspettative, se non li entusiasma più. Il problema è che dopo aver fatto un uso eccessivo delle emozioni, anche i sentimenti si prosciugano. E consumare le emozioni significa che la vita emotiva perde di freschezza, di speranza, di generosità: insomma, di tutte quelle risorse che permettono di vivere il rapporto affettivo in funzione del dono reciproco di sé. L’unica forma di amore che oggi molti ragazzi concepiscono è 'ad tempus', cioè 'dura finchè dura': perché ciò che supporta il legame non è l’impegno vicendevole ma il grado di soddisfazione personale che quella 'storia' è in grado di offrire. Ci troviamo così davanti a rapporti considerati 'lunghi', ma che resistono solo due o tre anni e che non impegnano ad andare oltre quella specie di eterno presente che la coppia vive e consuma finché sta bene insieme. La sommatoria di queste esperienze brevi, inizialmente anche cariche di intensità e che finiscono col perderla, è il prosciugamento interiore. I ragazzi inoltre cercano esperienze estreme: sembrano diffondersi anche forme di bissessualismo come qualcosa in grado di soddisfare più di un normale rapporto eterosessuale».

 

La Ru486 quali altri effetti potrebbe avere sulle giovani generazioni?

«L’avvio della sperimentazione e il dibattito che ne è sorto hanno creato grande attenzione. Oggi la donna che decide di abortire con la Ru486 va in ospedale, assume la prima pillola e dopo 24 ore la seconda: tutto avviene sotto stretto controllo medico. Il problema è che nel momento in cui la Ru486 fosse reperibile in farmacia con una semplice ricetta medica sarebbe davvero facile procurarsi il kit di pillole da gestire a casa propria, nella più completa solitudine. Così situazioni che oggi richiedono l’intervento di consultori e ospedali sfuggirebbero del tutto a ogni forma di controllo e di mediaazione. Durante il confronto in vista dei referendum di giugno sulla legge 40 non abbiamo chiesto di mettere in discussione la legge sull’aborto, ma che questa legge venisse chiamata – così com’era stata ideata – 'legge per la tutela della vita nascente', che venisse cioè applicata nella sua parte positiva che consiste nell’ascolto della persona, e che fosse dato un aiuto per risolvere i problemi della madre in difficoltà. Ma è anche indispensabile che nelle èquipe dei consultori venga restituita importanza all’educazione alla sessualità, che non può essere sganciata da una formazione al diventare genitori».

 

Per quasi vent’anni lei ha diretto un centro di orientamento per adolescenti: che idea si è fatta dei teen-agers di oggi?

«I ragazzi sono alla ricerca di occasioni in cui dare i loro contributo al miglioramento del mondo che li circonda. S’impegnano nell’apertura agli altri, nella ricerca di ideali. Spesso noi li sottovalutiamo – come purtroppo rischia di accadere anche nel caso della pillola Ru486 – e finiamo per imprigionarli dentro schemi adulti. Tendiamo cioè a incapsularli dentro esperienze che li riconsegnano a una individualità povera, che li rinchiude in esperienze tutte e solo corporee, prive di legami vivi con l’interiorità, la mente, il cuore. Ci stiamo forse dimenticando che l’età dell’adolescenza è anche quella dell’apertura al trascendente?».

 

 

Chi è

Paola Binetti è direttore del Dipartimento per la ricerca educativa e didattica presso l’Università-Campus Biomedico di Roma. È presidente della Società italiana di pedagogia medica, vicepresidente delle Società italiana di informatica medica e membro del Comitato nazionale di Bioetica. Specialista in neuropsichiatria infantile, è psicoterapeuta. Dal 1973 al 1990 ha diretto un Centro di orientamento per adolescenti. «Una piccola pillola può creare una grande confusione proprio tra i giovani», sostiene Paola Binetti. La «pillola del giorno dopo», infatti, in Italia può essere prescritta a chiunque (costo, 11 euro appena) da un ginecologo di un pronto soccorso, ma il medico può anche rifiutarsi se è obiettore o se, durante l’anamnesi, ritiene che ci siano controindicazioni per la salute della donna. La ricetta non è ripetibile e il boom di richieste di solito avviene la domenica mattina.

Daniela Pozzoli

http://www.impegnoreferendum.it

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