Il pensiero occidentale, a partire dagli antichi filosofi greci, ha spesso seguito un approccio razionale e il primato della mente ha favorito una visione dualistica dell'uomo contrapponendo la mente al corpo, la ragione alle emozioni, privilegiando il primo aspetto a scapito del secondo.
del 06 marzo 2009
Il pensiero occidentale, a partire dagli antichi filosofi greci, ha spesso seguito un approccio razionale e il primato della mente ha favorito una visione dualistica dell’uomo contrapponendo la mente al corpo, la ragione alle emozioni, privilegiando il primo aspetto a scapito del secondo.
Studi scientifici recenti hanno messo in luce dei collegamenti tra le diverse componenti della persona, ridando a ciascuna pari dignità e riconoscendo la meravigliosa complessità dell’essere umano che non cessa di stupire nella sua ricchezza e armonia.
Pensiamo a come uno stato fisico, anche un semplice raffreddore, possa influenzare il nostro umore rendendoci facilmente irritabili o “un po’ abbattuti”. Avviene anche il processo inverso, per cui è lo stato emotivo a ripercuotersi sul fisico quando ad esempio siamo preoccupati, come può accadere prima di un esame, e facciamo fatica ad addormentarci o a mangiare (“Non riesco a mandar giù niente, mi si è chiuso lo stomaco”) oppure quando siamo stressati e ci viene mal di testa.
I rapporti tra mente e corpo furono già considerati da Freud (“pioniere” anche in questo campo!”) nei suoi studi sull’isteria: un disturbo somatico, come ad esempio la paralisi a un braccio senza lesioni organiche, veniva da lui spiegato come espressione di un conflitto psichico inconscio tra impulsi inaccettabili e difese attivate contro di esso. Altri psicoanalisti, prevalentemente di formazione medica come lo stesso Freud, contribuirono a inserire nel linguaggio medico termini come “malattia psicosomatica” per indicare disturbi fisici che si riconoscono collegati a stati emotivi. Furono i primi passi per mettere insieme mente e corpo.
Studi recenti hanno persino evidenziato delle connessioni tra lo stato mentale e lo stesso sistema immunitario. Si è osservato come persone in cui prevalgono stati ansiosi o depressivi o di continua tensione o ira corrano un rischio doppio di ammalarsi di patologie psicosomatiche come l’asma, l’emicrania, le cardiopatie o l’ulcera gastrica.
L’affascinante connessione tra mente e alcune malattie è ormai entrata a far parte del pensiero comune, come ad esempio nella classica vignetta dove la moglie dice al marito alterato e adirato: “Non urlare così! Calmati, che ti viene l’ulcera!”.
Il grande contributo della psicosomatica è stato di favorire una visione unitaria, non frammentaria dell’essere umano e di permettere in un certo senso l’incontro tra la medicina, che studia il corpo, e la psicologia, che studia la mente, per una maggiore attenzione alla persona nella sua interezza.
Purtroppo talvolta si è esagerato e la relazione complessa tra mente e corpo è stata intesa in modo rigido come un rapporto di causa ed effetto, portando a una duplice visione distorta e pericolosa:
- l’idea che l’atteggiamento mentale, l’alimentare “pensieri positivi” possa curare qualunque malattia. E’ vero che il nostro umore può aiutare e in effetti influisce sul processo di guarigione, ma non è l’unico rimedio per tutti i mali!
- l’idea, oserei dire quasi aberrante, che la persona sia del tutto responsabile del proprio stato di salute, dando così un enorme potere alla mente. Questa idea in presenza di malessere produce una colpevolizzazione che non fa che aggiungere sofferenza a chi già è gravato dal peso della malattia e considera in modo semplicistico e grossolano il nostro stato di salute dipendente dalla nostra volontà. Magari fosse così: avremmo risolto il problema della sanità! Per concludere: cerchiamo di aver cura e del corpo e della mente. L’avevano già compreso i nostri antenati romani, con il detto: “mens sana in corpore sano”.
 
Maria Poetto
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