Ha visto sulla spiaggia, in braccio alla madre, un bambino di pochi mesi, cieco. La faccia di B., dieci anni, si è oscurata come quando davanti al sole passa una nuvola. Non ha detto niente. Ma poco dopo, a casa, ha chiesto perché quel bambino era cieco. «√â nato malato», gli rispondi. Un silenzio, poi lo scatto viscerale: Perché... non è giusto!
del 06 settembre 2005
Ha visto sulla spiaggia, in braccio alla madre, un bambino di pochi mesi, cieco. La faccia di B., dieci anni, si è oscurata come quando davanti al sole passa una nuvola. Non ha detto niente. Ma poco dopo, a casa, ha chiesto perché quel bambino era cieco. «É nato malato», gli rispondi. Un silenzio, poi lo scatto viscerale: «Perché Dio lascia succedere queste cose? Non è giusto!». Ed è così vibrante la voce infantile, e tale è la ribellione negli occhi neri di mio figlio, che quel suo «non è giusto!» ha il fragore di uno schiaffo. Io, noi, ci siamo abituati, al dolore nelle sue mille forme, e a che si nasca o si diventi malati per un misterioso errore nell'incrociarsi dei cromosomi, o per una disgrazia. Noi, ci siamo assuefatti al male di vivere - «l'accartocciarsi della foglia riarsa» di una poesia di Montale. Ma B. quel male, crudo, lo ha visto - o forse lo ha compreso - oggi per la prima volta, negli occhi di un bambino incapaci di vedere la luce. E un pensiero come un tarlo, come una crepa lo ha iniziato a rodere. Un pensiero antico. Lo scandalo del male che ti scoppia in faccia, inaccettabile. Lo sgomento, e poi il dolore e la rabbia. è come un pugno contro un muro di cemento, che lascia la mano sanguinante, e il muro intatto, quel «non è giusto!» fremente di un ragazzo di dieci anni.
«Non è giusto!». É la questione tua e di tutti, la pietra in cui hai sempre inciampato, l'incrocio possibile con la disperazione. O con le tante forme che nei millenni ha preso il desiderio di potersi liberare dal male. Liberarsi dalla sofferenza e dalla miseria, e dall'ingiustizia per cui c'è chi muore di fame. Tutte le rivoluzioni sono partite con questa illusione.Tutte sono finite malissimo. Chi cerca di liberare gli uomini dal male costruisce puntualmente l'inferno. Ma il sogno antico ricomincia sempre. Ora vogliono liberarci curandoci con cellule di uomini uccisi prima di nascere. è un'altro inferno di sopraffazione, venturo.
Disordinatamente, come puoi, cerchi di spiegare a tuo figlio che Cristo non ci ha liberato dal dolore, ma se ne è fatto carico. Ci si è messo sotto, a reggerne la massa oscura. E che quel bambino cieco, misteriosamente, gli è accanto in questo portare. E che a tutti, prima o poi, un po' di quel dolore è chiesto di portarlo. Ma anche che non c'è un dolore, che non sia per un bene più grande. E fai fatica a dirle queste cose, perché non sei così certa di crederci fino in fondo. O di dubitarne. Ma alla fine negli occhi neri di B. si specchia come uno sbalordimento raddolcito, e non più quel «No!» radicale che ti ha fatto tremare: perché è lo stesso da millenni, e anche in tuo figlio lo hai riconosciuto.
Marina Corradi
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