«Mio padre l'ho visto un paio di volte in tutto. Una volta è venuto in casa a trovarci e un'altra volta abbiamo fatto una gita insieme. Una terza volta dovevamo vederci ma poi non ci siamo visti. Eravamo partiti per la Svizzera, lui in un vagone e io in un altro con mia madre. A Milano hanno staccato il suo vagone mentre lui dormiva e così quando ci siamo svegliati, ci siamo trovati soli senza di lui. Non ci siamo più visti».
del 11 gennaio 2008
 «Mio padre l’ho visto un paio di volte in tutto. Una volta è venuto in casa a trovarci e un’altra volta abbiamo fatto una gita insieme. Una terza volta dovevamo vederci ma poi non ci siamo visti. Eravamo partiti per la Svizzera, lui in un vagone e io in un altro con mia madre. A Milano hanno staccato il suo vagone mentre lui dormiva e così quando ci siamo svegliati, ci siamo trovati soli senza di lui. Non ci siamo più visti».
Quanti padri hanno staccato il vagone? La testimonianza di un ragazzo, diventato poi famoso regista teatrale, ci rimanda alla figura del padre, così importante nel rapporto della coppia con i figli. Spesso il padre è assente, latitante, quasi vergognoso di occuparsi dei problemi educativi dei figli, compito che lascia molto facilmente e con troppa e superficialità alla madre.
Il padre è il primo innamorato della bimba: «Chi sposerai da grande?». Con molta facilità vi risponderà, mentre la madre sorride tra l’ironico e il divertito: «Il mio papi!».
Anche il bimbo alla domanda: «Che mestiere farai da grande?», facilmente dirà quello del padre. Sono testimonianze semplici di un desiderio di ragazzi contenti di avere un padre in casa: per la mamma, che si sente condivisa nel faticoso «mestiere» di educare i figli; per i figli, di avere la possibilità di confrontarsi con la figura del padre, che è per loro, non solo per la mamma, punto di riferimento significativo.
Ma sono sempre troppo numerosi i casi in cui il padre delega alla moglie tutto ciò che riguarda il compito dell’educare. Se poi la scuola o l’oratorio organizzano incontri, dibattiti, tavole rotonde sui temi giovanili, incontri un uditorio di mamme più che di papà: se ci sono, sembrano quasi a disagio in mezzo a tante donne. Interessanti le testimonianze raccolte da una scrittrice laica, su 26 uomini e donne tra le più note del panorama culturale italiano. Interrogandole sul come era, nella loro infanzia, il rapporto con il padre, per quasi tutti è apparso problematico come quello di tanti ragazzi delle famiglie dei nostri paesi o periferie della grande città: «Con mio padre ci volevamo bene ma era un uomo chiuso, severo. Fra noi parlavamo poco!»; «Mio padre non capiva che noi figli avevamo bisogno di comprensione più che di benessere»; «Mio padre era buono, autoritario, non si occupava molto dei figli. Di me, mai»; «Mio padre, io non l’ho mai conosciuto. Mi hanno detto che era morto, ma non c’era: io portavo il nome di mia madre»; «Mio padre e mia madre appartenevano a due mondi diversi che era impossibile riunirli dentro di me in una cosa sola. Poco dopo che sono nata io, loro si sono divisi. E così i due mondi si sono allontanati sempre di più»; «Mio padre? Non c’era mai!»; «La cosa che più mi tormentava era la sensazione di essere poco amata in famiglia... Avevo un padre molto severo che faceva delle tremende sfuriate. Poi c’erano le liti tra i miei fratelli. Le liti tra mio padre e mia madre! Per delle sciocchezze!».
Altri, dei 26 intervistati, erano contenti del padre: «Era un uomo eccezionale: ci dava allegria!»; «Mi piaceva uscire con mio papà, mi raccontava trame di opere, quelle che dovevo scrivere io da grande. È la sua passione che mi ha avvicinato alla musica»; «Mio padre era dolcissimo. Buono. Burbero. Ironico. Era affettuoso ma sentiva il dovere di educarci con una mano molto pesante. Era esigente e severo: la sua tenerezza la dimostrava con il bacio della sera, l’abbraccio del mattino. Niente di spontaneo, forse a causa della sua timidezza».
Dalle testimonianze sembra chiaro che i figli vogliono viaggiare sullo stesso vagone con il papà. Meglio non staccarlo.
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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