Luigi Brutti

Il 19 agosto 2011 moriva a Viterbo un ragazzo di soli 26 anni. Scoprì il volto d'amore di Dio e decise, abbandonando ogni esitazione, di rispondergli con gratitudine. Ecco come si diventa santi, cioè felici.

Scelte decisive

“Io scelgo di fare dell’amore il mio stile di vita”, scriveva. E così ha fatto, perché ha dedicato gran parte della sua esistenza agli altri, sia nel lavoro, come insegnante di sostegno, sia nel tempo libero, come volontario di associazioni che operano con ragazzi diversamente abili”. Luigi è testimone di una fede matura, nonostante la sua giovane età e la sua memoria, nonostante una prematura scomparsa, nel tempo si è irrobustita. La santità – conclude il vescovo Fumagalli -, è ordinarietà, quotidianità. È vita normale vissuta con amore. 

Queste alcune delle parole del Vescovo Lino Fumagalli che ha dato ufficialmente avvio alla fase diocesana dell’ “inchiesta sulle virtù e la fama di santità” di Luigi Brutti, un giovane viterbese morto il 19 agosto del 2011, a seguito di un malore improvviso che lo aveva colpito due mesi prima.

Stava per sposarsi, la sua vita procedeva ordinaria e bruciante insieme. La serenità era frutto visibile della febbre d’amore che lo pervadeva.

Sane abitudini: vivere per l’Amore

Lo stile di vita che aveva scelto era sì l’amore, ma prima di quello che lui si prodigava a diffondere agli altri, c’era il suo bearsi continuo e sempre più intenso in quello che riceveva da Dio.

Per questo non gli sembrava affatto difficile offrirsi interamente come uno dei tanti canali a disposizione di questo grande fiume, l’amore di Dio. Gli sembrava la cosa più importante e necessaria.

La vocazione professionale e cristiana

Che meraviglia che avesse scelto come luogo specifico per mettere a frutto la sua vocazione proprio quello dell’insegnamento di sostegno. Un ruolo spesso mal vissuto, sopportato in vista di cattedre più gratificanti, per lui era invece assolutamente “ergonomico”, perfetto per la vocazione a cui aveva deciso di rispondere: amare, aiutare, rendere presente e visibile l’amore di Dio. Si sarebbe detto, forse, un semplice franchise, il marchio sull’insegna non era suo, ma di Dio; il bene che offriva non era suo, gli arrivava direttamente e senza mai un ritardo dalla Fabbrica, senza difetti, senza necessità di resi, senza mai bisogno di una svendita per recuperare capitali.

Mi sono appena imbattuta nella storia di questo ragazzo e già gli ho raccontato una montagna di cose: sulle mie figlie, le loro fatiche, sulla mia ansia che vorrei smaltire come rifiuto tossico, sul bisogno di amicizie vere, sul rapporto col Signore che, ha ragione Luigi, è l’unica cosa che conviene mettere al centro di tutto.

L’ideale dell’amore vissuto intensamente

Il servo di Dio viterbese si impegnava molto nel volontariato e in parrocchia. La sua ambizione professionale era molto semplice e, al contempo, molto impegnativa: diventare insegnante di sostegno. A soli 23 anni realizzò il suo sogno. (La luce di Maria)

Non verrà riconosciuto santo per avere scelto con convinzione di diventare insegnante di sostegno, ma questa sua decisione credo allarghi il cuore a molte mamme e papà che hanno figli che necessitano di aiuto scolastico. Che meraviglia vedere questo approccio realizzato; non è una fantasia, dunque: l’insegnante di sostegno non è una gavetta da sopportare, un insegnamento di serie B.

Per qualcuno è stato ed è addirittura l’ideale, il luogo in cui esprimere al meglio sé stessi, i propri talenti e la propria vocazione, almeno professionale. Per Luigi era soprattutto il luogo privilegiato in cui mettere tutta la propria persona a servizio dell’altro bisognoso, più fragile, abbattuto magari. E’ una povertà anche quella, e forse poco vista, poco adatta alle Giornate mondiali di sensibilizzazione.

Luigi non aveva bisogno di convincersi o auto motivarsi; la sua energia e la sua intelligenza di servizio poggiavano su un’esperienza misteriosa quanto reale e continua. Lui si sapeva amato. Scrive ancora in uno dei suoi ben 18 diari:

“Io scelgo di fare dell’amore il mio stile di vita”. La sua attenzione ai meno fortunati nasceva da un’ispirazione divina: “non trovo nessun motivo per esitare, voglio amare Dio, voglio essere felice, voglio fare del bene, voglio il meglio!”. (Luigi Brutti)

Scoprire il segreto della felicità

Anche se spero che quelli con la sua foto si diffondano in ogni angolo della terra, Luigi non era proprio un tipo da santino. Era normale, piuttosto scalmanato a scuola, racconta nel cortometraggio che è stato realizzato per diffondere la sua storia; vivace e poco studioso, si barcamenava intorno al sei in tutte le materie.

Era cresciuto in una famiglia cattolica, aveva fatto catechismo, i campi estivi, l’Azione Cattolica, quello che – una volta, ora mi pare molto meno- era percorso comune. Di Dio sapeva che esisteva, che era onnipotente e giudice. Ma a 17 anni scopre che è un Padre e un amico che lo ama immensamente e ha a cuore la nostra felicità, gratis per giunta.

Da giovane normale, senza doni superlativi che potessero farlo spiccare, si rende conto che è egli stesso un dono, la sua vita stessa una meraviglia inaudita, il tempo e le energie che gli sono date la materia con la quale costruire e offrire un capolavoro agli altri e a Dio.

Genialità cristiana delle più pure che si esprime in questa convinzione: la mia vita è il talento da far fruttare, il mio amore che risponde al Tuo è il campo in cui voglio eccellere, ricevere da te tutto e ricambiarti solo con la gratitudine è il solo commercio che abbia senso portare a termine, in questo nostro viaggio terreno.

E così ha fatto: si stava per sposare, tutto era pronto: partecipazioni, vestito, chiesa, data, persino la casa. Un malore improvviso lo colpisce, morirà due mesi dopo la sera del 19 agosto 2011.

Di lui però non si può dire sia morto prematuramente, se intendiamo che non ha avuto modo di compiere la propria vita. L’ha compiuta, nel tempo limitato che gli è stato donato. Immaginiamo il dolore per lo strappo subito da chi gli era compagno, genitore, alunno e in particolare la sua promessa sposa. Eppure è così che tornano i conti, se li lasciamo fare a Dio e ci fidiamo di lui.

 

 

Come conoscerlo

Don Luigi Fabbri, vicario generale della diocesi di Viterbo, ha pubblicato per i tipi di San Paolo la sua biografia,Ho bisogno di luce. La luce che gli mancava da ragazzino era anche il motivo della sua inquietudine; una volta compreso il segreto, che cioè non serviva affannarsi al di fuori di sé per cercarla, ma occorreva orientarsi all’interno, per incontrarla in Dio, anche la sua innocua intemperanza si era placata: aveva capito, aveva trovato la luce che gli serviva ed era talmente intensa e bella che non gli restava altro da fare che lasciarsi illuminare e diffonderla a sua volta.

Non cerchiamo all’esterno falsi interruttori.
La luce si accende da dentro

(Luigi Brutti)


Libro, sito, social e preghiera

Il testo raccoglie episodi della vita di Luigi Brutti e riflessioni di quest’ultimo, delineando una santità che non sboccia da azioni eroiche o ai limiti dell’incredibile ma da una fedeltà a Dio, che si manifesta nelle azioni e nelle scelte di ogni giorno.

Si è fedeli a Dio, nella misura in cui si impara a essere fedeli a se stessi e alla propria vocazione, anche quando la nostra vita non è così diversa da quella della maggior parte delle persone. (La luce di Maria)

Esistono anche una pagina Facebook e un profilo Instagram. oltre al sito ufficiale; c’è un gruppo di preghiera animato dagli amici e dalle tante persone che lo hanno conosciuto. Questo è quello che avviene da questo lato del Cielo; resta da scoprire tutto ciò che sta operando lui, dall’altro lato, in nostro favore: di sicuro, come Santa Teresa di Lisieux che scalpitava per fare del bene e non vedeva l’ora di moltiplicarlo una volta messa in condizione di arrivare ovunque, anche lui si darà da fare per soccorrere, consolare, aiutare: ora l’amore che ha cercato, visto con gli occhi della fede e propagato nei limiti della sua esistenza terrena, potrà spandersi senza ostacoli, esclusa la libertà degli uomini ancora nel mezzo del cammino.

I santi giovani

Sì, mi ricorda tanto Santa Teresa, per la scelta del suo ruolo nella Chiesa e nel mondo, quella dell’amore e lo slancio missionario giocato entro i limiti di una realtà ordinaria; e ricorda forse anche il giovane Carlo Acutis, che raggiungeva i suoi coetanei e i poveri intorno a lui per portare a tutti quelli che poteva la sola notizia decisiva nella vita di ogni uomo, quella della salvezza. Il postulatore della causa di Luigi, inoltre, è Nicola Gori, lo stesso del giovane beato lombardo.

 

Tratto da: Aleteia.org

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