“Mai voltarsi dall'altra parte e imparare a perdonare: la lezione della mia Eleo...

Intervista al padre di Eleonora, la donna uccisa a bordo strada mentre cercava di soccorrere un uomo in fin di vita dopo una rissa.

“Mai voltarsi dall’altra parte e imparare a perdonare: la lezione della mia Eleonora”

 

«Non ho né rabbia né odio, chi ha falciato Eleonora e l’altro disgraziato è un poverino che non aveva la testa a posto». È un uomo mite e profondo Silvano Cantamessa. È un padre svuotato delle lacrime ma che conserva intatta la sua saggezza, e una forza d’animo esemplare, granitica e morbida insieme. «Non è soltanto la fede che mi muove: è proprio la lezione che mi ha lasciato Eleonora. Un insegnamento enorme, cristiano e laico. Non girarsi mai dall’altra parte, allungare la mano, avere pietà e soccorrere chi ha bisogno. E perdonare».

 

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Belle parole, infrequenti per chi perde una figlia in un modo cosí atroce. Ma uno che di proposito spinge la macchina a folle velocità contro due persone stese a terra e le uccide, è una bestia. O no?

 

«È uno che non sta bene. Guardi, i carabinieri stanno indagando per capire con precisione la dinamica, la posizione esatta e tutto. Io voglio pensare che chi era al volante della Golf fosse sì, accecato dalla rabbia, ma che in realtà non avesse visto che c’erano due persone lì a terra. Chissà, magari era ubriaco, magari l’auto è andata fuori controllo. Dopodiché, certo, da quello che ci hanno raccontato il maresciallo e Luca (Luca Bartoli, l’amico di Eleonora che era alla guida e non voleva fermarsi, ferito e ancora ricoverato in ospedale), è stato un Far West. Anche gli indiani... incredibile».

 

Che cosa?

 

«La rissa, dico. Di una violenza devastante, hanno detto i testimoni. Gli indiani noi li vediamo come gente a posto, tranquilla, pacifica. In effetti raramente creano problemi in giro, o hanno questioni con altre etnie. Ma i carabinieri mi hanno spiegato che tra di loro, insomma all’interno della loro comunità, sono litigiosi, vendicativi, capaci di aggressioni tremende. Pensare a un uomo che uccide suo fratello, o che comunque venti minuti prima ha partecipato al suo pestaggio, mi spaventa».

 

Dopo la rissa Eleonora vede Kamur Baldev sul ciglio della strada, e si ferma. Quanti di noi, al di là delle buone intenzioni che a volte rimangono intenzioni, lo avrebbero fatto?

 

«Eleonora era così, non poteva non fermarsi. Stamattina ho tirato fuori dal Vangelo la parabola del Buon Samaritano. Se la leggi trovi delle somiglianze incredibili. È lei, è mia figlia. Passa uno... tocca agli altri... Passa un secondo, tocca sempre a un altro... Passa un terzo... Massì ci penserà qualcuno... Passa uno sconosciuto... E lei si ferma, si china, si prende cura di lui... Non sapeva nemmeno chi fosse quel ragazzo, ma per lei era come tutti gli altri, era uno da soccorrere».

 

Il giuramento di Ippocrate. Ma forse c’era qualcosa di più, per sua figlia? Una sensibilità che andava oltre la sua professione.

 

«Ha obbligato Luca a fermarsi. Lui non voleva, temeva che la situazione fosse pericolosa, come in effetti era. Lei gli ha detto: “Torna indietro, c’è un uomo che sta morendo”. Luca non fa in tempo a parcheggiare la macchina dietro quell’auto coi vetri distrutti (l’Audi delle vittime) che lei è già accanto al ragazzo ferito. Quando piomba la Golf Eleonora è di spalle, non ha né il tempo né il modo di accorgersi. Ho qui il suo telefonino, ha il vetro rotto ma funziona ancora. L’ultimo numero in memoria è il 112... Mentre cercava di rianimare il ragazzo, chiamava i soccorsi. Era fatta così, non si tirava mai indietro. La sua cifra era la generosità, la pietà per le persone. Col suo lavoro poteva esprimerla a pieno».

 

Com’era Eleonora con le pazienti? È vero che a Trescore aiutava molte immigrate in difficoltà?

 

«Altroché. Una frase ricorrente che si sentiva in studio era “non ho i soldi dottoressa...”, “non preoccuparti, me li darai, ma stai qui perché hai bisogno di essere visitata”, diceva. Mia moglie Mariella era la sua insostituibile segretaria. Nello studio arrivavano donne di ogni nazionalità, arabe, africane, russe, cinesi. Eleonora aveva una predisposizione naturale per le lingue, forse l’ha ereditata da me (Silvano Cantamessa ha insegnato lingue per 40 anni ed è stato a lungo amministratore a Trescore Balneario), ma ultimamente mi superava. Era curiosa, si annotava tutto, i numeri e le parole in arabo. In cinese. Diceva che così poteva essere più utile, entrare in sintonia con le sue pazienti».

 

L’ultimo ricordo di Eleonora, quello che vorrebbe la accompagnasse nel suo viaggio?

 

«Tutte le foto della vacanza che avevamo appena fatto insieme a Creta. Noi due. Aveva il pallino della fotografia, era solare, un’entusiasta della vita, dello sport, delle letture, del ballo, del suo lavoro».

 

Qual è il messaggio più prezioso che le ha lasciato?

 

«Che devi dare agli altri più di quello che ricevi. Quello che dai ritorna moltiplicato, in tempi che non puoi predeterminare. Devi lasciare fare al destino, alla provvidenza, per qualcuno al disegno di Dio».

 

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È quest’ultimo passaggio che gela il sangue.

 

 

Paolo Berizzi

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