Don Vittorio è un 'oratoriano doc', affetto da sempre dal 'mal d'oratorio'. Questa volta fa appello agli anziani perchè si rimbocchino le maniche e scendano nei cortili delle parrocchie accanto ai giovani
del 02 ottobre 2006
Dopo un incontro con le famiglie a Osnago, una mamma mi ha riportato i complimenti di sua figlia adolescente, alla quale avevo parlato prima di cena: «Va’ a sentirlo, mamma, è un vecchio vispo!». Un vecchio vispo, perché ho avuto la fortuna di vivere sempre tra i giovani afflitto dal nostalgico “mal d’oratorio”, dove ho passato anni indimenticabili, il cui ricordo rallegra la mia terza età.
La nostalgia mi ha preso, leggendo il Messaggio del Cardinale e gli interventi pubblicati in “Incrocinews”, il settimanale on-line della Diocesi in occasione dell’apertura dell’anno oratoriano. Mi sono chiesto subito quale posto possono avere quelli della mia età in oratorio, se è solo affare dei giovani curati e degli animatori, delle famiglie invitate dal Cardinale a essere parte viva dell’Oratorio.
Penso che non siamo da buttare, possiamo dire ancora qualcosa sul rilancio dell’educare e dell’educare in oratorio, una formula che ha le inevitabili rughe del tempo ma conserva la solidità di una ricca esperienza, che ha donato alla Chiesa e alla società famiglie robuste, preti e laici, religiosi e religiose, insegnanti, educatori e politici che sono stati anima cristiana della comunità civile, con testimonianze a volte scomode ed inquietanti perché radicate nel Vangelo di Cristo.
Potremmo narrare le nostre storie di oratorio, ricercando nella memoria i segreti, che abbiamo custodito per rivelarli a chi ha preso il nostro posto, segreti forse ovvii per chi è convinto che lo stare con le persone è la misura vera dell’amore. Il prete che sta in oratorio, pronto ad accogliere, ad accostare, a fare il primo passo, a seminare la gioia e la fatica dell’essere cristiano, lo rende luogo formativo, evitando la sua trasformazione in parco dei divertimenti o semplice aggregazione, importante dal punto di vista umano, ma insufficiente a rispondere al bisogno di Dio e di spiritualità, presente in qualche modo nei giovani.
L’altro segreto appartiene alla secolare tradizione degli oratori milanesi: è il coinvolgimento dei laici, con la loro originale passione educativa. Esistono? Certo! Tra i tanti, ricordo la figura del servo di Dio Attilio Giordani, il papà oratoriano che con la sua famiglia è stato un infaticabile educatore cristiano.
Il buon Attilio, come i suoi preti d’oratorio, non riteneva perdita di tempo la vita del cortile: ieri polveroso, oggi asfaltato o cubettato, ma sempre torrido d’estate e gelido d’inverno. Era lo spazio per incontrare i ragazzi nel gioco, nell’allegria, nella varie forme d’animazione, che facilitavano l’incontro di catechesi, la preghiera, la partecipazione alla Messa. Così mi è caro ricordare tra i tanti preti d’oratorio, l’ultrasettantenne don Luigi, che, ammalato, sedeva ai margini del cortile, “assistendo” i suoi oratoriani: «I ragazzi – diceva - hanno bisogno di vedere che noi stiamo con loro».
Il Cardinale ora vuole coinvolgere, ancor più d’un tempo, le famiglie: non solo le giovani coppie, ma anche i nonni e le nonne. Negli oratori di don Bosco non sono mai mancate mamme, pronte a collaborare insieme ai papà, sbrigando anche le mansioni più nascoste pur di lasciar libero don Bosco di fare il prete. E’ una bella sfida per la comunità ecclesiale, una scommessa che si può e si deve assolutamente vincere!
don Vittorio Chiari
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