Non c'è dubbio che la nascita del nuovo ateismo ha creato un interesse culturale su Dio. Nelle mie conversazioni e dibattiti con questi nuovi atei li ho speso ringraziati per aver suscitato una nuova curiosità sulle tematiche della religione, di Dio e del senso della vita.
Ormai, il fenomeno-nuovi atei è arrivato al capolinea: troppo "semplicistiche" le posizioni dei nipotini di Voltaire, araldi di un tardo Illuminismo incapace di "rispondere alle domande di senso". Anzi, nella patria di Richard Dawkins e Christopher Hitchens, quel mondo anglosassone dove il New Atheism è stato spalleggiato dal mainstream mediatico, vi sono persone che si convertono al cristianesimo dopo aver indagato, atee, le proposte di questi pensatori fieramente antireligiosi.
È quanto racconta Alister McGrath, pure lui convertito: oggi è un filosofo e teologo - anglicano - tra i più apprezzati al mondo. Fra i suoi titoli Teologia cristiana (Claudiana), Dio e l’evoluzione (Rubbettino) e Il Dio sconosciuto (San Paolo). Docente al King’s College di Londra e presidente dell’Oxford Centre for Christian Apologetics, ha pubblicato di recente Oltremanica due volumi: Mere Apologetics. How to Help Seekers and Skeptics Find Faith ("Solo apologetici. Come aiutare chi è in ricerca e gli scettici a trovare la fede"), edito da Baker Books e Surprised by Meaning. Science, Faith, and How We Make Sense of Things ("Sorpresi dal senso. La scienza, la fede e come dare significato alle cose"), edito da Westminster John Knox Press.
Professor McGrath, in «Apologetics» lei suggerisce ai cristiani di "interagire con le idee della cultura attuale piuttosto che allontanarsi da essa". Quali i tratti della postmodernità che rappresentano una chance per il cristianesimo?
«Principalmente due. Esiste una nuova consapevolezza dell’importanza delle narrazioni come modalità per esplorare il senso piuttosto che il ricorso agli argomenti. Vi è un crescente consenso sul fatto che il modo migliore per rispondere alle domande è spesso raccontare una storia invece di offrire argomenti intellettuali. Lo scrittore Clive S. Lewis è stato un maestro in ciò. Uno dei motivi per i quali le sue Cronache di Narnia hanno avuto un tale successo è proprio perché egli racconta storie profondamente radicate nella comprensione cristiana del mondo: tale visione risuona nell’esperienza della realtà che molte persone fanno».
E l’altro aspetto della postmodernità "amico" della fede?
«Oggi viene data nuova importanza alle immagini, cosa ben visibile - ad esempio - nelle pubblicità in televisione. La Bibbia e la tradizione cristiana sono ricche di immagini, le quali possono essere usate come una sorta di portale di ingresso per alcuni dei temi centrali della fede cristiana. Per esempio, invece di parlare dell’astratta nozione della "cura" di Dio per l’uomo, possiamo esplorare l’immagine di Dio come pastore, un’immagine che può raccogliere in sé diversi elementi della visione cristiana di Dio: il concetto che Dio ci accompagna nel nostro cammino della vita, che è sempre con noi, non ci abbandona ed è presente anche quando camminiamo nella valle dell’ombra della morte».
Lei si è molto occupato del "nuovo ateismo". Pensa che tale posizione sia stata sfruttata in maniera positiva dai cristiani per spiegare in modo più convincente la propria fede?
«Non c’è dubbio che la nascita del nuovo ateismo ha creato un interesse culturale su Dio. Nelle mie conversazioni e dibattiti con questi nuovi atei li ho speso ringraziati per aver suscitato una nuova curiosità sulle tematiche della religione, di Dio e del senso della vita. D’altra parte attualmente il nuovo ateismo sta perdendo il suo carattere di novità. Si tratta di semplici slogan che oggi vengono visti come semplicisti, e non come asserzioni accurate di sintesi intellettuale. Inoltre, sto scoprendo che molti di quelli che una volta pensavamo che il nuovo ateismo offrisse delle buone risposte alle grandi domande della vita oggi stanno capendo che esso offre semplici frasi fatte che non soddisfano gli interrogativi profondi».
Addirittura?
«Sì! Di recente ho parlato con un collega che mi ha raccontato di un progetto molto interessante di cui si sta occupando: sta studiando il caso di quelle persone che si sono convertite al cristianesimo come risultato della loro lettura dei libri del neoateo Richard Dawkins! Questo collega ha scoperto come ci sia gente che ha letto Dawkins con l’aspettativa di trovarvi sofisticate risposte alle grandi questioni della vita. Invece hanno riscontrato qualcosa di inadeguato e superficiale. Ma hanno mantenuto aperta questa loro sete di domanda e hanno trovato la risposta nel cristianesimo».
"Il senso profondo dell’Illuminismo, dal quale il nuovo ateismo dipende, ci appare oggi reale tanto quanto lo fu l’affermazione originaria del marxismo riguardo l’inevitabilità storica del socialismo". Insomma, se dall’albero si riconoscono i frutti, per lei il neo ateismo fa mettere in dubbio l’Illuminismo stesso…
«Molti filosofi hanno espresso severe critiche all’Illuminismo. Il filosofo John Gray ha scritto molto sulle sue contraddizioni. Per esempio, l’Illuminismo sosteneva che quando si dà ragione alla religione, si mette in campo una delle maggiori cause di violenza. Le guerre di religione nell’Europa del ’600, sostenevano i razionalisti, erano dirette conseguenze delle fedi religiose. Se si mette la fede ai margini, sostenevano, anche le guerre saranno cosa del passato. Ma diversi storici autorevoli hanno sottolineato come la prima e la seconda guerra mondiale - i conflitti più distruttivi che il mondo abbia mai conosciuto - non avevano niente a che fare con la religione. Riguardavano il nazionalismo e l’economia, e nel caso della seconda guerra mondiale, il totalitarismo, non importa se di destra o sinistra».
Lorenzo Fazzini
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