Mistero divino dell'eros

Il 14 febbraio, ricorrenza di San Valentino, è celebrato in tutto il mondo come la festa degli innamorati. Ma al di là delle consuetudini, qual è il messaggio cristiano sull'amore tra uomo e donna?

Mistero divino dell’eros

da Attualità

del 13 febbraio 2009

L'amore tra l’uomo e la donna è un’esperienza umana universale i cui connotati fondamentali permangono immutati nel tempo. A mutare sono soltanto i tratti esteriori, soggetti – come avviene per ogni esperienza umana – all’influenza dei processi culturali, che li rendono conformi al costume delle diverse epoche storiche. Artisti e poeti hanno cantato da sempre la bellezza dell’amore sponsale, usando i linguaggi del proprio tempo e convergendo tuttavia, in maniera sorprendente, attorno a quel nucleo originario che ne definisce l’intima natura.

 

Esperienza antica e sempre nuova, l’amore ha la sua ragione ultima – come ci ricorda Genesi 2 – nel bisogno dell’uomo di uscire dalla solitudine: «Poi Dio, il Signore, disse: 'Non è bene che l’uomo sia solo. Gli farò un aiuto, adatto a lui'... Dio, il Signore, formò la donna e la condusse all’uomo. Allora egli esclamò: 'Questa sì! È osso delle mie ossa, carne della mia carne'. Si chiamerà: Donna perché è stata tratta dall’uomo. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola» (18-24). È qui condensato il senso della prima relazione umana che è il paradigma di ogni altra relazione; che fonda, anzi, la struttura originariamente relazionale dell’umano, ciò che fa essere l’uomo «immagine di Dio»: «A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò» (Gen 1, 27).

 

L’amore tra l’uomo e la donna non ha soltanto un importante significato umano; diviene, nella Bibbia, il simbolo privilegiato dell’alleanza che Dio stabilisce con l’uomo. Nulla meglio dell’unione sponsale è in grado di esprimere l’infinita passione che ha spinto Dio a donarsi radicalmente all’uomo. La ricca gamma di espressioni che fanno dell’amore di coppia un amore unico ed esclusivo, segnato dal coinvolgimento totale di sé, dalla sensualità e dalla tenerezza, dalla fedeltà e dall’apertura alla vita sono altrettanti connotati sotto i quali si manifesta progressivamente nella storia il modo con cui Dio ama il suo popolo.

 

Tra amore umano e amore di Dio ha così luogo un circolo virtuoso: da un lato, l’amore umano è la via di accesso alla comprensione dell’amore di Dio – solo attraverso il linguaggio umano è infatti possibile dire la realtà di Dio –; dall’altro, l’amore di Dio, i cui segni vengono gradualmente rendendosi trasparenti negli eventi storici, rivela l’amore umano a sé stesso, aiutandolo a penetrare nei recessi più nascosti e sollecitandolo a tendere verso mete sempre più alte. Non è forse questo il significato del libro di Osea? La vicenda del profeta, che non viene meno al patto nuziale neppure di fronte alla ripetuta infedeltà della sposa, è parabola dell’«impossibile» amore di Dio ma è, nello stesso tempo, rivelazione della fedeltà radicale cui l’amore umano è chiamato,

 

L’amore al quale la Bibbia ci rinvia non è tuttavia un amore platonico, astratto o sublimato; è un amore carnale che non rifiuta l’eros e il sesso, ma è profondamente radicato in essi. Il pensiero ebraico-cristiano rifugge da ogni tentazione manichea; guarda all’uomo nella sua unità di corpo e di spirito; vuole che l’amore umano sia vissuto in pienezza. Uomo e donna sono invitati a condividere tutto: sentimenti, passioni, corpi, ricercando una unità che non annulla le differenze ma si arricchisce del loro reciproco scambio. Lo testimonia il Cantico dei Cantici, poema d’amore entrato a far parte, fin dall’inizio, del canone ebraico (prima che se ne desse cioè un’interpretazione allegorica), che esalta senza falsi pudori l’erotismo e la bellezza del corpo con immagini di sorprendente realismo.

 

L’ingresso del regno nella storia nella persona di Gesù conferma questa visione. La partecipazione dell’eros al mistero dell’agape, dunque la sua assunzione nel cuore dell’evento cristiano, apre prospettive inedite (ed esaltanti) all’esperienza delle relazioni umane. L’eros riceve la sua definitiva consacrazione ed è insieme fatto oggetto di un processo di purificazione che lo sottrae al rischio della chiusura narcisistica e lo apre alla logica del dono, inserendolo nel «mistero grande» di amore che unisce Cristo alla Chiesa (Ef. 5, 21-31) e che ha la sua ultima radice nella comunione trinitaria.

 

Come annunciare questo messaggio oggi, in una situazione nella quale, accanto a nuove possibilità di espressione per l’amore di coppia dovute a una maggiore libertà di scelta, si manifestano segnali preoccupanti di crisi? La risposta non è facile. A provocare lo stato di disagio sono i rapidi cambiamenti nella società. La tendenza a procrastinare le scelte di vita e il moltiplicarsi delle separazioni e dei divorzi sono frutto di una situazione complessa, che rende più laboriose le decisioni e più fragile la possibilità di preservarle.

 

La pluralità delle appartenenze e il dilatarsi dell’area dell’interscambio sociale alimentano l’instabilità indebolendo anche i rapporti più profondi; l’ideologia mercantile rende le relazioni funzionali alla logica del consumo; l’individualismo esasperato favorisce lo sviluppo di tendenze autoreferenziali che mortificano le possibilità di crescita comune. A questo va aggiunta la banalizzazione della sessualità, spesso rescissa dall’amore e ridotta a mera genitalità, nonché la contrapposizione tra sesso e genere che, riducendo il sesso a semplice dato biologico e assegnando al genere il primato, finisce per omologare le relazioni minacciando di cancellare l’essenziale differenza tra uomo e donna che è costitutiva dell’umano.

 

La radicalità della crisi impone la ricerca di risposte altrettanto radicali. La proposta evangelica, che affonda le proprie radici nei valori umani e fornisce, nel contempo, ad essi una nuova prospettiva di senso, risponde perfettamente a questa esigenza. La condivisione come espressione di una reciprocità che si arricchisce della diversità; la fedeltà non ripetitiva ma creativa che si rinnova ogni giorno sollecitata dal mutare delle situazioni; l’oblatività quale capacità di donarsi incondizionatamente all’altro; la fecondità come tensione ad aprirsi agli altri e al dono della vita sono altrettanti valori cui ispirare il proprio comportamento ai quali il Vangelo conferisce una ulteriore densità di significati.

 

Ma l’annuncio esige, per diventare efficace, l’abbandono di ogni preoccupazione moralistica; esige che la riscoperta dei valori, assimilandoli e traducendoli nella varietà dei contesti nei quali si svolge l’esistenza quotidiana, avvenga mediante la concretezza della testimonianza; esige soprattutto che ad essi si acceda con la consapevolezza che si tratta di prospettive aperte, che vanno costantemente mediate adattandole alle diverse situazioni.

 

L’amore nuziale assume così, nel quadro dell’esperienza cristiana, il carattere di un itinerario le cui tappe devono essere rispettate e accompagnate con pazienza e discrezione. La rigida fissazione di divieti non serve; provoca diserzioni e non aiuta a crescere. Spesso, anche nell’ambito della Chiesa, la presentazione dell’ideale in termini astratti e assolutistici diviene funzionale a condannare radicalmente tutto ciò che ad esso non è conforme, provocando l’insorgere di sensi di colpa paralizzanti.

 

La vita di coppia non va mitizzata; è fatta di luci e di ombre, di momenti di crescita e di pause di arresto, talvolta anche di cadute e di arretramenti. Ciò che conta è mantenere viva la tensione verso la meta, senza indulgere all’acquiescenza o a meschini ripiegamenti, ma anche senza lasciarsi suggestionare da pretese di perfezionismo. Non è questo, d’altra parte, il senso vero dell’esperienza cristiana? L’ideale che il Vangelo ci propone non può mai essere totalmente raggiunto; sta sempre 'davanti' e 'oltre'. E proprio per questo trasforma la vita del credente in un permanente cammino di conversione. Una sfida ad abbandonare le sicurezze effimere del momento per impegnarsi nella ricerca del «regno di Dio» e della sua «giustizia», con la certezza che solo a queste condizioni è possibile attingere la vita vera, che è vita di comunione con il Padre e tra gli uomini.

 

Giannino Piana

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