College di Wellesley, 1953. Katherine Watson, giovane insegnate proveniente da una famiglia proletaria della California, ottiene la cattedra di storia dell'arte nel più esclusivo e conservativo college femminile d'America.
del 05 maggio 2004
 
Il film non convince e a non convincere è proprio la figura della stessa protagonista: perché questa donna creativa e intelligente, anticonformista e incapace di accettare restrizioni ha sempre sognato di insegnare in un college improntato in modo completamente opposto al suo modo di essere? Lei stessa ammette di essere venuta “Per fare la differenza”. Cosa in effetti voglia dire non è chiaro. Vuole spiegare la vita attraverso la pittura moderna, dando una spallata al conservatorismo? Quello che riesce a trasmettere è, invece, solo l’idea di una persona troppo pretenziosa e fredda tanto che alla fine risultano veritiere le parole del professore e della studentessa Joan che le fanno notare che è lei a non lasciare libertà di scelta: per lei una vita dedicata alla famiglia, infatti, è necessariamente sprecata e non una scelta consapevole e da rispettare, anche se non la si condivide. Non è, quindi, una persona che alla fine faccia molta “la differenza”: si limita ad essere lei stessa prevenuta e razzista verso gli altri solo che lo fa al contrario.
 
 
 
 
 
Potrebbe essere usato per dibattiti legati alla condizione femminile e al conservatorismo: dà, infatti, molti imput, ma nessuna soluzione o chiarimento.
 
 
 
Il periodo storico in cui il film è ambientato risulta essere solo accennato. Non vengono sviscerati temi come il maccartismo e il razzismo e sembra quasi che il regista non sappia decidere che taglio dare alla pellicola. Presenta poi personaggi banali e stilizzati che non riescono a convincere appieno. La studentessa più aperta è anche la magia-uomini del gruppo, la figlia della più bigotta è bigotta lei stessa, la più attenta e interessata farà una vita da massaia, la bruttina e grassottella, però dolce e sensibile, nessuno la vuole, l’insegnante di buone maniere è una repressa che dopo essere stata piantata dal fidanzato va a dire a tutti che è morto per non ammettere di non essere riuscita a farsi una vita, l’insegnate lesbica viene licenziata e l’unico professore maschio è bugiardo e sciupafemmine ed ha, ovviamente, tresche con le studentesse. Insomma, sono tutti prevedibili. L’unica che veramente può emozione è Betty, frustrata e conformista moglie di un uomo che l’ha sposata per convenienza e oppressa da una madre ricca, onnipresente e razzista. Questo malgrado il cast d’attori notevole, formato, oltre che dalla più nota Julia Roberts, anche dal premio Oscar Marcia Gay Harden e dalle giovani promesse Julia Stiles (Joan), Meggie Gyllenhaal (Giselle) e Kristen Dunst (Betty).
Non è un film che appassiona, ma delude per il modo in cui sono trattati superficialmente temi interessanti.
Francesca Pascuttini
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