Non canteremo la ninna nanna, non suoneremo la cornamusa. Di un Natale sdolcinato non sappiamo che farcene. Natale è una Festa squillante, ma seria; è una Festa dolce, ma impegnativa. Natale è una scuola, una cattedra che parla chiaro: lancia messaggi che possono ribaltare la nostra arte di educare.
del 06 dicembre 2012
Tutto inizia da bambino
Natale è la prova della preziosità del bambino. Primo messaggio.
Se Dio stesso ha voluto iniziare da bambino, diventa chiaro che essere bambino non è un difetto, non è un peccato, non è un bel gioco per i grandi!
Essere bambino è un’occasione unica che non si ripeterà mai più per la vita intera!
Ecco: se c’è oggi un punto fermo sul quale concordano tutti i pedagogisti e tutti gli psicologi è quello dell’importanza basilare dell’infanzia.
Due sole conferme tra mille: la prima è quella dello psicologo e psichiatra statunitense Arnold Gesell(1880-1961): “La maturità psicologica che viene raggiunta nei primi cinque anni di vita è prodigiosa”.
La seconda è quella del maestro scrittore Mario Lodi (1922): “Nei primissimi anni dell’infanzia il bambino impara l’80% di quanto gli servirà per tutta la vita”.
Le citazioni potrebbero comodamente occupare tutto lo spazio a disposizione.
Qui per essere concreti ci limitiamo a dire che, dunque, sporcare l’infanzia è sporcare la sorgente.
Ci limitiamo a richiamare un paio di belle osservazioni che hanno tutto il sapore natalizio.
La prima è dello psichiatra austriaco Bruno Bettelheim (1903-1990): “Non puntate ad avere il bambino che piacerebbe a voi. Abbiate rispetto per ciò che il bambino è”.
La seconda è del nostro più famoso pediatra del secolo scorso Marcello Bernardi (1922-2001): “Il bambino non è un animaletto da addomesticare: insegnargli a fare riverenze, salutini, è ridicolo ed inutile. Non manchiamogli di rispetto. Anche se piccolissimo, il bambino ha la sua dignità!”.
La scialuppa di salvataggio: la tenerezza
Non è una novità dire che in quella grotta manca tutto: non vi sono pannolini, non vi è il frullatore, il tritacarne, non vi sono le creme di reidratazione delle prime rughe, non vi sono i vetri fumé…
In quella grotta manca tutto, eccetto la tenerezza.
Persino gli animali, secondo la dolce tradizione, si danno da fare per coccolare il Bambino.
Ed eccoci al secondo messaggio pedagogico della cattedra di Betlemme: si può vivere senza cose, ma non senza dolcezza.
Il cervello non basta: ci vuole calore. La tecnica non è sufficiente: ci vuole pietà.
Ormai è scientificamente assodato: per il bambino la mancanza di tenerezza è più insidiosa della fame.
Dunque appuntiamolo ben in vista sul frigorifero della cucina: “L’indifferente non dà niente!”.
Sia chiaro: è vero che il bambino non può pretendere tutto, ma l’essenziale, sì!
La tenerezza gli è essenziale!
La psicologa Katlees Keating ha stilato questa legge: “Quattro abbracci al giorno per la sopravvivenza. Otto abbracci al giorno per il mantenimento. Dodici abbracci al giorno per la crescita”.
Una legge eccessiva? Può darsi. Ma una legge che ci ricorda che non si può escludere il verbo ‘coccolare’ dall’arte di educare.
Coccolare non è viziare: è usare il linguaggio praticato da Gesù quando parlava ai bambini che gli correvano incontro (Mc 10,16).
La storia comincia dagli ultimi
Anche qui nessuna novità: sulla scena di Natale non sommuovono personaggi da Guinnes, da libro dei primati.
A Betlemme tutto è dimesso, tutto è umile: la Madonna, san Giuseppe, i pastori… non danno spettacolo.
Ebbene, da tanta piccolezza inizia la più grande rivoluzione della storia umana!
La lezione è chiara: si può essere notevoli, senza essere notati! Siamo alla terza lezione pedagogica della cattedra di Betlemme.
Il Verbo di Dio è figlio di un carpentiere, il Trono della Sapienza è una madre di famiglia che allatta il figlio e lo fa crescere.
Proprio qui volevamo arrivare: Natale riqualifica il lavoro dei genitori che, senza testimoni e senza elogi, impediscono al mondo di andare in frantumi.
Messaggio prezioso ed urgente.
Lo notava già alcuni anni fa Piero Angela: “Immersa nei pannolini, nelle pappe e nei rigurgiti, la mamma si sente spesso frustrata; ma può ritrovare una diversa prospettiva se è consapevole che la sua intelligenza, il suo talento, la sua sensibilità sono praticamente le sole cose che permettono a quel batuffolo umano di emergere dalla notte animale e di diventare un essere pensante. Il figlio è in buona parte sua ‘composizione’”.
Il dovere di nascere
Non canteremo la ninna nanna, dicevamo iniziando.
Sì, perché Natale non è una Festa per cullarci, ma per scuoterci.
A conti fatti, Natale ci ricorda il dovere di nascere!
è per questo che siamo nati: per fiorire, per darci alla luce, per crescere fino all’ultima sera della vita. “Siamo tutti sottosviluppati”, diceva lo psicologo René Zazzo (1910-1995).
Esatto! Nessuno esaurisce mai il volume totale dell’Uomo!
La preziosità del Natale sta qui: nel ricordarci che c’è qualcosa che è peggio del morire: è smettere di nascere!
I genitori che smettono di nascere smettono di educare. Diventano inutili come una piscina senz’acqua.
Signore, che guaio nascere Piccoli!
Signore, che guaio nascere piccoli! Nessuno ci ascolta, nessuno ci dà importanza. Tutti hanno qualcosa da insegnarci, tutti vogliono comandarci!
Ci dicono: “Quando sarai grande… domani!”.“Quando sarai cresciuto… domani!”.
Domani, sempre domani!
Ma Tu puoi averci creati per aspettare che arrivi domani? E quelli che muoiono prima di diventare grandi? Noi siamo vivi da oggi!
Perché, allora, Signore, non ci lasciano essere bambini, vivere da bambini?
Anche Tu hai iniziato da bambino. Grazie, Signore, per averci inventati!
Per andare avanti il mondo ha soltanto noi: i bambini di oggi!
Caro Gesù Bambino
Non voglio farti perdere tempo, per questo vengo subito al motivo della presente.
Qui in terra le cose potrebbero andare meglio. Abbiamo un gran bisogno del tuo intervento!
Caro Gesù, donaci un cielo azzurro per un occhio e un prato verde per l’altro.
Mandaci la coperta che riscalda il mondo: la tenerezza.
Fa che le mamme tengano sempre la pazienza nella borsetta per non perderla troppe volte e fa che i papà facciano i papà non solo quando il campionato del calcio è finito.
Togli la vaselina e metti sangue nelle vene dei ragazzi.
Spruzza di umorismo l’intelligenza degli insegnanti.
Fa che d’ora in poi i sacerdoti non diano più l’impressione che diventare preti significhi diventare noiosi.
Caro Gesù Bambino, lo so che è tanto quello che ti chiedo!
Se è troppo, non darmi niente, dammi una faccia allegra solamente!
Pino Pellegrino
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