Già annunciata come la risposta alla «Passione» di Mel Gibson, la pellicola esce nelle sale di tutto il mondo il 1° dicembre e sarà proiettata il 26 novembre in Vaticano. Una ricostruzione fedele ai testi evangelici dell'Annunciazione, della nascita di Gesù fino alla fuga in Egitto... [foto: set di Nativity.Nello stesso luogo, Mel Gibson ha girato uno degli episodi della Via Crucis].
del 18 novembre 2006
Il primo dicembre, con buon anticipo rispetto al Natale, esce nei cinema in contemporanea mondiale The Nativity Story, la storia della nascita di Gesù, una pellicola che si preannuncia come un'«azione di contrasto rispetto ai soliti film natalizi», secondo la regista Catherine Hardwicke. A rendere l'opera speciale è certamente il tema - la storia di Maria e Giuseppe, dall'annunciazione, alla nascita del Salvatore, alla fuga in Egitto - e le circostanze che ne hanno permesso la realizzazione, ovvero un nuovo caso di apertura da parte di Hollywood ad un soggetto cristiano.
Il filone evangelico era stato già testato due anni fa da Mel Gibson con La passione di Cristo, un successo strepitoso a livello internazionale, che aveva però suscitato anche polemiche per la violenza di alcune scene. In questo caso, ha spiegato lo sceneggiatore Mike Rich, «ci siamo invece accertati che la storia, pur presentata in modo molto realistico, rimanesse accessibile a un pubblico di famiglie».
A spingere Rich a comporre la sceneggiatura del film sarebbe stato il desiderio di raccontare la Natività dal punto di vista dei suoi protagonisti e quello di offrire un piccolo antidoto al progressivo declino del senso religioso del Natale, negli Stati Uniti e non solo. A permettergli di trasformare il copione in pellicola è stato invece l'interesse per il progetto da parte di due nomi di Hollywood, Marty Bowen della United Talent e il produttore Wyck Godfrey, entrambi convinti cristiani - il primo cattolico, il secondo pentecostale - in cerca di qualche soggetto cinematografico di maggior spessore rispetto all'abituale offerta natalizia. A queste circostanze si è poi aggiunta la disponibilità della casa cinematografica New Line, che tra l'altro intende presentare la Natività in anteprima assoluta in Vaticano. Dopo una speciale proiezione che si è tenuta per esponenti delle università pontificie ed esperti della comunicazione del mondo cattolico, i commenti sono stati infatti più che favorevol i, sia per la qualità poetica del racconto che per la sua fedeltà testo scritturale. Le autorità vaticane hanno così dato l'assenso a una proiezione del film nell'Aula Paolo VI, alla quale parteciperà anche buona parte del cast del film. Il tutto avrà luogo domenica 26 novembre, introdotto da una preghiera natalizia scritta da monsignor Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana, letta da Gigi Proietti.
La regista Catherine Hardwicke - già scenografa di film come Vanilla Sky e poi autrice di un piccolo successo come Thirteen (2003) - era certa di non voler trattare un tema religioso, dopo aver trovato il film di Gibson «violento e difficile da guardare». Tuttavia, una volta realizzato che avrebbe potuto «trasformare icone in persone reali», il progetto non solo ha preso forma, ma è stato completato nel tempo record di meno di un anno. Girato a Matera - proprio come la Passione di Cristo - il film ha come interpreti la sedicenne Keisha Castle-Hughes - la più giovane candidata all'Oscar come attrice protagonista, nel 2004, per La ragazza delle balene - nei panni di Maria, e Oscar Isaac in quelli di Giuseppe.
Uno dei messaggi che Nativity intende trasmettere è la profonda umanità dei due protagonisti e la loro straordinaria prova d'amore: «mi auspico che il pubblico possa sentirsi in sintonia con la visione e magari trovarvi ispirazione per superare le proprie sfide e le proprie difficoltà» ha detto la regista. «Spero che la gente possa uscirne con una considerazione nuova del sacrificio che Maria e Giuseppe furono disposti a fare. Abbiamo dimenticato cosa dev'essere stato il viaggio a Betlemme, con i dialoghi, le paure... spero che gli spettatori possano percepirlo», le ha fatto eco lo sceneggiatore Rich.
«Verso la fine, la pellicola sembra trasportarti in un luogo spirituale, un luogo sacro», ha confidato sempre la Hardwicke, sostenendo che il film le ha insegnato molto sulle proprie radici spirituali, spingendola a rinsaldare il legame con la propria religione, quella ebraica.
Loretta Bricchi Lee
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