«Nella pietra ho trovato il volto di Cristo»

La Sagrada Familia è testimonianza che la bellezza colpisce il cuore di ciascuno che sia nella tensione di guardare, perché è un linguaggio universale. La storia dello scultore Sotoo ci rammenta che il cuore di ciascun uomo è fatto per la verità. Mantenere viva la domanda di verità è il presupposto...

«Nella pietra ho trovato il volto di Cristo»

da Quaderni Cannibali

del 19 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

           Quando lo scrittore Luca Doninelli gli ha chiesto che cosa significa aver incontrato Cristo nella pietra, lo scultore giapponese Etsuro Sotoo ha risposto: «La pietra è un materiale, mi ha portato in Europa. Sono giunto in Spagna alla ricerca della pietra, sono arrivato alla Sagrada Familia senza sapere cosa fosse. La pietra non si muove, per questo mi sono mosso io.

          Come diventa madre una donna? Sono i bambini che fanno diventare madre le donne. I bambini non sanno parlare, ma le mamme cercano di capirli. Le pietre mi hanno fatto scultore. Per scolpire le pietre bisogna amare gli strumenti, poi la pietra. La pietra non parla, ma ha il potere, come i bambini, di cambiare il mondo, come ha cambiato me. Questa è la base della fede. Se tu cerchi la verità, qualsiasi materiale può portarti dove devi andare. La pietra mi ha aiutato ad arrivare in Europa, ma quello che cercavo io era la verità».           Con queste bellissime parole, Etsuro Sotoo ha ricevuto venerdì scorso, 14 ottobre, il Premio internazionale della Cultura Cattolica della città di Bassano del Grappa. Nato nel 1953, dal 1978 lavora a Barcellona alla Sagrada Familia. Nel 2000 ha completato la facciata della Natività realizzando quindici angeli. Da anni è divenuto il direttore dei lavori. Ha raccontato la sua esperienza in un libro intitolato Dalla pietra al maestro edito in Italia da Cantagalli. Pochi anni fa si è convertito ed è stato battezzato con il nome di Luca Michelangelo, proprio perché san Luca è il patrono degli artisti. Sotoo deve tanto alla pietra, che gli ha permesso di andare oltre la pietra per vedere cosa vi si trovasse, ma anche ad un maestro, Gaudì, il grande scultore della Sagrada Familia. Nel tempo lo scultore giapponese ha capito che non doveva guardare Gaudì, ma guardare là dove guardava Gaudì. «Gaudì» dice Sotoo «è il migliore maestro, perché ha adattato le sue opere al cliente, ha cercato di rendere felice il cliente. Per questo le sue opere sono così diverse, perché i suoi committenti sono molto differenti tra loro.           Il cliente della Sagrada Familia è Dio stesso e Dio è per tutti. Per questo Gaudì pensava di dover dare di più per accontentare Dio. Non doveva pensare che il tempo passa e che lo spazio è limitato. Tutto ciò che c’è ce l’ha regalato Dio. Non è il tempo che passa, siamo noi che passiamo. Questo è cogliere il massimo di quello che Dio ci ha regalato. Noi dobbiamo approfittare del tempo e dello spazio per far ritornare a Dio la bellezza che Lui ci ha regalato, questo è quello che ha voluto fare Gaudì». Per questo Gaudì è il migliore maestro, perché un maestro indica non se stesso, ma la verità e la bellezza. Lo spettatore e l’allievo devono imparare a guardare per riconoscere ciò a cui il maestro indirizza.           Lo scultore giapponese è stato così insignito di un riconoscimento che annovera illustri predecessori. Tra questi, coloro che hanno conseguito il Premio internazionale della Cultura Cattolica della città di Bassano del Grappa ci sono i filosofi Augusto del Noce e Cornelio Fabbro, il pontefice Joseph Ratzinger (allora Cardinale), i cardinali Giacomo Biffi, Carlo Caffarra, Camillo Ruini, Angelo Scola, il fondatore di Comunione e Liberazione don Luigi Giussani, i giornalisti e scrittori Vittorio Messori e Cesare Cavalleri, il teologo René Laurentin, il romanziere Eugenio Corti, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede Mary Ann Glendon. Ecco le motivazioni con cui la scuola di Cultura Cattolica di Bassano ha conferito il premio a Etsuro Sotoo: «Uno scultore, la cui opera testimonia in modo esemplare, non soltanto la capacità di trasfigurare persino la pietra in ciò che c´è di più bello nell´uomo e nella sua libertà, ma anche la forza vivificante che in quest´opera di trasfigurazione può venire della fede in Gesù Cristo». In un’epoca di grandi cambiamenti nelle comunicazioni lo scultore ci ricorda che «la comunicazione è amore di chi vuole comunicare e di chi vuole ascoltare. Se hai nel cuore l’amore, non hai problema a comunicare anche tra persona appartenenti a popoli diversi o a epoche diverse».           La Sagrada Familia è testimonianza che la bellezza colpisce il cuore di ciascuno che sia nella tensione di guardare, perché è un linguaggio universale. La storia dello scultore Sotoo ci rammenta che il cuore di ciascun uomo è fatto per la verità. Mantenere viva la domanda di verità è il presupposto che permette anche alle pietre di parlarci e di condurci là dove bramiamo.

          Lo scriveva già Dante settecento anni fa: «Le cose tutte quante/ hanno ordine tra loro, e questo è forma/ che l'universo a Dio fa simigliante» (Paradiso, canto I). La bellezza, quindi, conduce a Dio. Nel contempo, però, l’uomo è l’unica creatura che sa cogliere la bellezza come segno, via verso la verità: «Qui veggion l'alte creature l'orma/de l'etterno valore, il qual è fine/ al quale è fatta la toccata norma». Per questo la vera cultura e la vera arte sono «cattoliche», cioè universali, valide per tutti. Per questo esse non possono che essere pienamente religiose, cioè scaturire dalla domanda di verità, di bellezza e di amore che alberga nel cuore dell’uomo. Per questo una ragione spalancata conduce alla fede. Come è accaduto ad Etsuro Sotoo.

Giovanni Fighera

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