Neonato abbandonato perché...

A Mantova un bambino è nato da tre mesi, e ancora è lì. È un bambino Down, con gravi problemi al cuore. I suoi genitori non l'hanno riconosciuto. Avevano chiesto dieci giorni di tempo per pensare... E se Dio passasse, come scriveva Mounier, proprio per quella apparente ferita?

Neonato abbandonato perché...

da Attualità

del 06 novembre 2005

Nei reparti di maternità, i bambini arrivano e se ne vanno. Come è giusto: il tempo di pochi esami, e poi a casa, in fretta. I neonati, almeno quasi tutti, non hanno alcun bisogno di ospedale, ce li ha portati il nostro tempo, e una cultura per cui la gravidanza somiglia a una malattia, e il nascere a una pericolosa incognita. I neonati, dunque, normalmente sono di passaggio nelle maternità. Via, dopo tre giorni, a casa, accompagnati dal sorriso dei medici, questi pazienti che non sono affatto malati.

Ma a Mantova, racconta il quotidiano locale, un bambino è nato da tre mesi, e ancora è lì. È un bambino Down, con gravi problemi al cuore. I suoi genitori non l'hanno riconosciuto. Avevano chiesto - subito dopo la diagnosi, nell'ora stordente di quel responso - dieci giorni di tempo per pensare, ma poi non sono più ritornati. Nemmeno per dire di no. Solo un parente, forse un nonno, l'ospedale non lo precisa, ha chiamato per sapere come fosse andato l'intervento al cuore che si sapeva necessario e urgente. La madre e il padre, no. D'altra parte, non riconoscere un figlio alla nascita è un diritto previsto dalla legge; e perfino non farlo nascere è un diritto contemplato, e quasi capillarmente praticato in presenza della sindrome di Down.

Dunque, a Mantova non c'è alcun reato, è tutto in regola; e si vede bene come, dentro la legalità, possa affermarsi quella che umanamente è un'ingiustizia intollerabile.

Perché, fra tanti diritti 'correttamente' affermati in questa storia - il diritto a non riconoscere i figli, quello alla 'privacy', e quello, pure illusorio, a 'un figlio sano' - è evidente l'immensità di ciò che è negato al bambino dimenticato in ospedale: che, come ogni uomo, era venuto al mondo per vivere e essere amato dai suoi. Tanti 'diritti' dei forti eclissano il diritto fondamentale di chi viene al mondo. E tutto è a posto, e una società che si sdilinquisce sui 'valori', e ha fatto delle 'mani pulite' un mito, da queste ingiustizie non pare colpit a.

Solo quei due, quell'uomo e soprattutto quella donna, quei poveracci che in ospedale hanno lasciato loro figlio, forse già ora cominciano a tormentarsi. Perché al momento della scelta sembrava chiaro, loro due non erano capaci di tenersi un figlio così, non se lo erano minimamente aspettato così quel figlio, ma sano e bello, come quello dei loro amici. Come 'tutti' i bambini che si vedono in giro, e in tv, felici, fortunati. Tanto da pensare che di bambini diversi non ne nascano più - e in effetti, ne nascono sempre meno, perché si pensa che non debbano nascere.

Colti di sorpresa, dunque, il padre e la madre di Mantova, da un male che non avevano messo in conto, imbrogliati e distratti da false parole e fasulli diritti, davanti a quel figlio sono scappati. Il bambino da tre mesi invano ad aspettare in una culla di ospedale - tutti gli altri che arrivano, e se ne vanno a casa. Lui no, lui che ha occhi a mandorla, e un battito cardiaco irregolare che fa aggrottare la fronte ai medici. Lui, un Down. È singolare però come la testimonianza di chi adotta questi bambini non voluti dagli altri parli di una gioia molto grande, che queste creature sono capaci di dare, nella loro semplicità. Come se figli così fossero un abbraccio più grande, di uno che procede per altre vie, e con altri pensieri. Come se, come scriveva Mounier, Dio passasse proprio per quella apparente ferita.

Marina Corradi

http://www.avvenire.it

Versione app: 3.26.4 (097816f)