Una bellezza senza perfezione. Una bellezza che c'entra con tutto, perché tutto ha attraversato. Una bellezza fecondata da limiti e sproporzioni, per partorire ciò che non passa. Io questa bellezza cerco. Questa bellezza nasce per me. In una stalla.
del 25 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
La bellezza è sempre stato affare da Greci. Un canone perfetto in cui la proporzione e l’armonia delle parti, il peso e il contrappeso sono perfettamente bilanciati, l’occhio riposa perché trova l’ordine per cui è stato fatto. Ecco, questa bellezza non c’entra con un bambino. Lui è come tutti gli altri bambini: armonia e proporzione chissà, forse verranno. Per ora è solo piccolo, ha pochi capelli, fa la cacca, rigurgita e piange.
 
La bellezza non è affare da gente nata nei paesini della Palestina. La bellezza è affare di scultori capaci di trasformare persino il vento in pietra, di pittori che sanno i colori di ciò che non si vede. La bellezza è artificio e perfezione. Non ha odore. Non è certo affare da falegnami e casalinghe, la bellezza. Non ha niente a che vedere con la vita quotidiana, la bellezza. Con i pannolini, le pappe, i pianti, le veglie e qualche sorriso non si sa ancora bene lanciato a chi.
La bellezza è affare degli dei: loro sì che mangiano nettare e ambrosia, non si feriscono mai, fanno quello che vogliono. Sono bellissimi e fortissimi. Hanno braccia bianche, le dee, e riccioli belli. Scuotono i cieli, gli dei, e li attraversano in un soffio. Altro che carne pesante. Non è certo affare di bambini la bellezza. Gli dei non sono mai stati bambini deboli e tanto normali da sembrare bambini qualsiasi di una coppia di poveracci, con lei incinta non si sa bene di chi. La bellezza è affare da eroi, da kaloikaiagathoi , tanto belli quanto perfetti: gente invincibile, non fosse per il tallone, capace di ogni fatica, dal piè veloce e dalle mente poliedrica. Sono nati maturi questi, non sono mai stati bambini, quasi se ne vergognano. E se sono stati bambini erano dei prodigi che appena nati già stritolavano serpenti.
 
La bellezza non riguarda i bambini ignoti di una periferia riottosa e cavillosa dell’Impero. Non riguarda bambini che devono imparare a gattonare, camminare, leggere e usare le buone maniere. Forse li sfiora la bellezza, perché ogni bambino è a suo modo bello, soprattutto quando sorride o stringe la mano attorno a un dito, ma quella non è una bellezza imperitura. Quella è la vita quotidiana e non c’entra molto con la bellezza. La bellezza è affare straordinario, non c’entra niente con la noia quotidiana di una famiglia qualsiasi, dopo una settimana dalla nascita del pupo. Finiti i festeggiamenti cominciano le occhiaie. No, non c’è bellezza nella vita quotidiana, lì tutto è uguale, monotono. Ogni tanto, sì, balugina uno squarcio di bellezza ma, come sempre è stato e sarà, è strappata al caso, passeggera e per questo impregnata della malinconia di ciò che non è stabile, che non è mai tutto qui, adesso, per me. Nella vita quotidiana tutto invece finisce col rovinarsi, col rompersi, col non durare in­somma. Per questo ci vuole quella bellezza da Greci, sinonimo di un per sempre perfetto e luminoso.
 
Solo l’amore è un po’ così. Se non ci fosse quello non mi alzerei la mattina. L’amore per un libro, un paesaggio, un amico, una donna, una madre. È l’unica cosa quotidiana che non finisca con l’annoiarmi. Ma anche quello spesso si rompe e 'che fatica rimetterlo a posto!'. Quando la trovo, quella bellezza, mi ci aggrappo come la cozza allo scoglio e la piovra alla sua preda, perché non scappi troppo presto, per lasciare solo un ricordo dolce-amaro. Ma quel Bambino? È l’amore in persona? L’amore fatto persona? L’amore fatto limite e quotidianità? Non può essere. Se fosse vero, un’altra bellezza sarebbe entrata nel mondo, nel silenzio, quasi senz’arte. Tutto diverrebbe im­provvisamente bello: i pannolini, le pappe, le veglie, i sorrisi e le lacrime. Tutto diverrebbe improvvisamente divino, perché non c’è niente di umano che quel bambino non debba fare: è un uomo e non c’è niente di umano che gli sia estraneo.
 
Questa è la notizia. Se è così, c’è per me una bellezza che non si rovina, che non si rompe, che non c’entra con il nettare e l’ambrosia, con la proporzione e l’armonia, ma c’entra con la vita quotidiana, con il sudore, i capelli, la pelle, le mani screpolate, la fatica, lo scoraggiamento, la tristezza, la paura, il fallimento, il sangue, il freddo e il sonno. Una bellezza senza perfezione. Una bellezza che c’entra con tutto, perché tutto ha attraversato. Una bellezza fecondata da limiti e sproporzioni, per partorire ciò che non passa. Io questa bellezza cerco. Questa bellezza nasce per me. In una stalla.
 
Alessandro D'Avenia
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