'Non si vede bene che col cuore'.

A volte mi chiedo chi è Dio per me, i miei coetanei invece se esiste davvero. La risposta alla mia domanda è molto soggettiva: per me Dio esiste, mi aiuta a sopravvivere nelle situazioni difficili. Quando i miei coetanei (io ho 18 anni) bestemmiano o dicono che Dio non esiste, mi sento un dolore al cuore. Come si può negare l'evidenza, Dio è in tutto ciò che ci circonda. A volte mi trovo in difficoltà con ragazzi che non credono, perché non mi riescono a capire, sebbene siano persone con le quali mi trovo bene...

'Non si vede bene che col cuore'.

da Quaderni Cannibali

del 04 ottobre 2006

Queste sono le parole che Sara ha lasciato nel forum di un sito cattolico, aperto sul tema “Giovani e fede”. La vita quotidiana, però, non è un collegamento in rete e i problemi di Sara e di tanti come lei sono reali e bisogna confrontarsi con essi.

I giovani sono spesso al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica: dal un lato come il futuro della società, dall’altro come coloro che trasgrediscono, che sono senza ideali e senza fede, e spesso quest’ultima opinione è quella che prevale. E i segnali sembrano chiari al riguardo visto che nei rapporti d’amicizia o di coppia, nel tempo libero, nella sessualità, nel divertirsi essi ricercano la trasgressione e la fuga dalla vita di tutti i giorni, quasi per compensare la normalità che appare come un vestito fuori moda.

I sentimenti e le emozioni forti ed immediate fanno da guida nei rapporti di coppia più che il condividere un progetto, un ideale e, perché no, una fede comune.

I cosiddetti valori non sono assenti nelle nuove generazioni, ma spesso sono vissuti in modo soggettivo, sbandierando la libertà di scegliere il modo in cui trasformarli in qualcosa di concreto. Si, tutto sembra dipendere dalle situazioni, dalle occasioni, dal gruppo, dal “se me la sento di farlo” altalenando tra una scelta e l’altra, tra il giorno e la notte, tra il bene e il male.

Chi  sarebbe pronto a scommettere su di loro senza riserve?

Sondaggi e ricerche sui giovani e il loro rapporto con Dio e con la Chiesa ve ne sono parecchi e anche recenti, ma si rischia sempre di perdersi tra le cifre e percentuali, che davvero poco dicono di ciò che provano e vivono i rappresentanti della “generazione X”.

Il problema non è costituito tanto dal rifiuto della religione, quanto dal modo in cui la fede dichiarata diviene o non diviene fede vissuta.

La fede è un dono e riusciamo a comprenderne qualcosa solo se rileggiamo la nostra vita sotto questa luce e non attraverso i numeri. Si tratta di riscoprire lo stupore in una società che dà tutto per ovvio e scontato, dove ogni cosa è messa a nudo eccetto il cuore dell’uomo.

Proviamo allora a chiudere gli occhi e ripensiamo alla nostra vita, ai momenti in cui qualcosa più grande di noi ci ha toccato il cuore, ci ha preso per i capelli, ci ha fatto innamorare; proviamo anche noi a “sognare” come solo chi è giovane sa fare.

Persone, avvenimenti, gioie e dolori, letture, incontri, ogni cosa può farci stupire se la guardiamo con occhi diversi.

All’improvviso un rumore, una difficoltà, lo studio, il lavoro, il gruppo che non va, la lite a casa, la fidanzata che ti lascia, il futuro, i genitori o gli insegnanti che non capiscono…il sogno svanisce. Si, i giovani sono anche questo: scanzonati, dubbiosi, incerti, spaventati, offesi, arrabbiati, incompresi, testardi.

Li vediamo dovunque immersi nel mare di Internet, esprimersi con ritmi sempre nuovi attraverso la musica, il corpo, i graffiti; tutti linguaggi nuovi e da interpretare che nascondono il forte desiderio di relazioni, la tensione versi i grandi ideali e il voler realizzare i propri sogni.

A volte i modi in cui chiedono aiuto sono incomprensibili ai “grandi” e forse anche a qualche giovane-vecchio: domande mute che vengono dalla solitudine, quella sorta di indifferenza che è piuttosto diffidenza verso una società e un mondo adulto che non si fa responsabile del futuro. Sono, però, capaci di risollevarsi, scommettendo ancora una volta in ciò che dà un vero senso alla vita.

Non una strada facile, perché i modelli che la società e i mass media propongono sono all’opposto: vendono la felicità effimera, l’apparire travestito dall’essere, il “mordi e fuggi” dei sentimenti e un ateismo a buon mercato. Quanto dura tutto ciò? Quanto ci si sente realizzati?

È difficile per loro avere dei punti fermi e sicuri nella società di oggi sotto l’aspetto della sfera affettiva e sessuale, dell’uso (che spesso è un consumo) dei beni e della stessa giovinezza, mentre cattivi e subdoli maestri ben travestiti trovano in loro un bacino a cui attingere per i propri esperimenti o giochi economici e politici.

Non basta parlarne o scriverne, fare convegni e dibattiti. L’uomo del ventunesimo secolo chiede una testimonianza autentica che riempia la vita, che proponga la fede  come un’esperienza centrale e determinante, perché carica di una forza singolare di verità che illumina tutta la vita.

Queste possono sembrare soltanto belle parole. Crescere nella fede non è soltanto credere, ma anche voglia di puntare in alto e non accontentarsi delle “mezze misure”. La fede, inoltre, non è un dono da tenere per sé. Questa è una responsabilità di tutti, non solo degli adulti. I giovani sono chiamati in prima persona a compiere un’operazione originale, che consiste nel immergersi nel quotidiano facendo combaciare fede e vita per non perdere nulla e cogliere l’essenziale delle cose, anche se questo spesso è invisibile agli occhi. Diceva bene la volpe al Piccolo Principe: “Non si vede bene che col cuore”.  

Marco Pappalardo

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