...ci sono anche 'tristezze e angosce'. Il rischio che si intravede in un futuro non lontano, che molti temono già presente, e' che in una società violenta, del tutto e subito, non è consentito ai giovani sognare, coltivare illusioni, visioni, ideali....
del 12 settembre 2006
 
  «Sono rimasto colpito, riprendendo in mano il testo latino della Gaudium et spes, come in questi anni il documento sia stato citato riferendosi solamente alle gioie e alle speranze, mentre esso ricorda anche le “tristezze e le angosce degli uomini d’oggi”: Gaudium et spes, luctus et angor hominum huius temporis”. Citare le prime parole faceva parte forse dell’euforia del dopo Concilio, ma con il passare del tempo, le parole “luctus et angor” sembrano avere preso il sopravvento anche nei piccoli fatti della nostra vita quotidiana». Parte da tale premessa la riflessione di don Vittorio Chiari di questa settimana.
 
 
Riprendendo il filo delle nostre conversazioni settimanali, mi pare di cogliere tristezza e angoscia in tanti genitori ed educatori, che si occupano dei ragazzi e dei giovani, discorsi venati di pessimismo di fronte a ragazzi e ragazze che non sembrano mai contenti di niente, che stanno pi√π volentieri con i loro coetanei che con gli adulti.
 
Ci si sente disarmati di fronte a episodi di cronaca alimentati da una violenza irrazionale, sconcertati da mode che incidono così profondamente negli stili di vita dei nostri ragazzi da scatenare desideri che se non sono appagati subito, danno origine ad aggressività immotivate nel confronto dei genitori e degli adulti, che sentono il dovere di mettere dei paletti e dare norme.
 
Il rischio che si intravede in un futuro non lontano, che molti temono già presente, e' che in una società violenta, del tutto e subito, non è consentito ai giovani sognare, coltivare illusioni, visioni, ideali. Senza sogni, senza ideali si ritorna allo stato selvaggio, dove è troppo facile il rilassamento della morale, forme di indisciplina etica, che portano a giustificare anche il peccato: non solo si pecca, ma si afferma di non peccare; non solo si commettono ingiustizie, tradimenti, menzogne, ma si giustificano.
 
Quanto a Dio, i giovani, non lo rifiutano, ne accettano l’esistenza, ma sembrano dire: “Dio esiste, certo, ma non me ne importa più di tanto, non voglio che entri nella mia vita, che limiti la mia libertà, non ne ha il diritto!”. Gli stessi giovani che frequentano oratori o gruppi, hanno una camaleontica capacità di passare da un ambiente all’altro, da un interesse all’altro, dal rap più sconclusionato al canto in chiesa. Non è raro che chi si sente chiamato a fare qualcosa di grande per gli altri, se deve farlo con una certa continuità, dà precedenza ai propri interessi: gli amici, il diritto a divertirsi, a navigare internet, a... studiare!
 
Per stare con i giovani siamo chiamati a inventare cose inedite e non convenzionali, mettendoci accanto a loro, ascoltandoli, condividendo le loro ansie e aspirazioni, testimoniando la bellezza e la fatica dell’apertura a Dio, agli altri. A questo ci invita il programma pastorale che il Cardinale Tettamanzi indica alla Diocesi: in famiglia, ma anche in parrocchia, in oratorio, nei gruppi. Lavorando con grande speranza e fiducia, con pazienza, sulla nostra credibilità di adulti, dal cuore aperto, dove i giovani possono nascondersi quando vogliono e confidare tutto. I risultati non mancheranno.
 
E’ un cammino che desidero compiere con voi, dal mio osservatorio di educatore tra i giovani in difficoltà. Mi farò aiutare da loro - hanno sempre tante cose belle da insegnare - attingendo al Vangelo, alla vita e alle tradizioni dei nostri Santi educatori, non tanto per insegnare ma per consolare e sostenere la fatica d’amore, che i giovani richiedono in misura sempre maggiore. Se non li amiamo, non riusciremo ad accoglierli e sopportarli, a immaginare di stare volentieri con loro, cogliendo le cose belle che hanno dentro di sé e li fanno sentire necessari alle nostre comunità. 
don Vittorio Chiari
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