Non vi è qualcosa di vero in questo slogan?

«L'educazione d'un bimbo ha inizio vent'anni prima della sua nascita, con l'educazione della madre». Non vi è qualcosa di vero in questo slogan? Il periodo che precede la nascita è proprio il periodo in cui la madre prepara una parte delle future tendenze e della linea morale del suo bimbo.

Non vi è qualcosa di vero in questo slogan?

da Quaderni Cannibali

del 07 ottobre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/en_US/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

          L’educazione d’un bimbo ha inizio vent’anni prima della sua nascita, con l’educazione della madre. Non vi è qualcosa di vero in questo slogan? L’esperienza e gli studi scientifici sull’ereditarietà non dimostrano forse quanto una madre imprima profondamente se stessa nel suo bambino?           Il periodo che precede la nascita è proprio il periodo in cui la madre prepara una parte delle future tendenze e della linea morale del suo bimbo. Ella può dire a ragione: 'Io sono anche lui; egli è qualcosa di me'. Intimo è il legame organico che lega il bimbo alla madre, quasi altrettanto fisico che morale.  Proprio durante i nove mesi di pre-educazione la giovane mamma dica a se stessa: — Io posso aiutare il mio bimbo ad essere se stesso se io sarò me stessa; posso aiutarlo alla calma rimanendo calma, al sorriso gioendo anch’io, alla fortezza essendo coraggiosa, alla purezza allontanando ogni pensiero malsano, alla bontà con la benevolenza verso tutti.           Una giovane madre con quale rete di grazie non può avviluppare il suo piccolo, sul piano soprannaturale, per poco che viva alla presenza del Cristo mediante la Grazia e offra al raggio divino, in unione con Maria, il suo piccolo a lei unito col sangue! Misticismo, si dirà? No! semplice logica della nostra fede. Una gestante che durante la giornata, ad esempio nel pomeriggio, si concede un po’ di riposo non perde tempo. È un’occasione meravigliosa per un ritorno alla calma e al proprio intimo. II desiderare ardentemente il bimbo è la migliore condizione fisica e psicologica affinchè la creaturina si sviluppi ottimamente.           Alcuni fanciulli giungono perfino al punto di sentirsi colpevoli di essere nati. Il bambino non deve essere soltanto nutrito, ma anche amato. Alcuni figli sono desiderati dalla madre come compenso ai disagi coniugali: questo è un desiderio egoista (per amor di sé stessa, per ritrovarsi); li si investe quasi dell’ufficio di bimbi vendicatori. Non sono queste le migliori garanzie di un felice sviluppo. Quando il bimbo è desiderato non come figlio soltanto, ma come consacrazione dell’amore vicendevole, cioè quando la sposa desidera il fanciullo 'del suo sposo' (e questi a sua volta 'della sua sposa'), si mettono allora le condizioni più preziose per l’educazione del nascituro.DALLA NASCITA          Al nascere del bambino, la intercomunicazione tra madre e figlio non cessa. È essenziale che essa stessa educhi il suo bambino e non ceda ad altri questo ufficio, se non per forza maggiore. Non si apprezzeranno mai a sufficienza le prime settimane, in cui una lotta silenziosa s’ingaggia tra madre e figlio per il mutuo dominio. Se la madre cede, avrà sempre al suo fianco un piccolo tiranno domestico cui si dovrà piegare, e il quale, in seguito, non trovandola sempre docile al suo capriccio, dovrà crudelmente soffrire per il bisogno d’un dominio inappagato.           Convincetevi che l’educazione positiva del bambino comincia alla sua nascita. È questo un principio di cui pochi genitori sono convinti. Di solito, i genitori viziano il neonato e lo lusingano a cuor leggero non badando alle conseguenze, nella certezza che il momento dell’educazione giunge quando il bambino comincia a parlare. Sarà allora troppo tardi per riparare gli errori commessi antecedentemente!          Bisogna condannare la ridicola abitudine di prendere in braccio il bambino quando grida, di cullarlo e cantargli canzoni o di danzare con lui in lungo e in largo per la stanza. Più vizierete il bambino e più egli disturberà il vostro sonno e vi priverà del riposo essenziale. Le solite zie e consigliere che circondano sempre la giovane madre, alla minima smorfia del bambino danno l’allarme e vi fanno credere che ha fame, delle coliche o che so io. Non lasciatevi impressionare dagli strilli del piccolo: se non è bagnato, lasciatelo strillare.          Il fanciullo è un sensibile 'registratore' portato istintivamente alla tirannia. Accorgendosi che ad ogni minimo pianto o strillo tutta la casa accorre, capisce di aver un mezzo sicuro per chiamare a sé i genitori che presto saranno schiavi dei suoi capricci e delle sue fantasie. D’altra parte, il bebé s’adagerà nella convinzione che tutti sono al suo servizio e pronti ai suoi minimi richiami. Più tardi, quindi, proverà disagio a distaccarsi da questo suo egocentrismo infantile.          In principio è bene che la madre educhi il bambino col 'noi': 'Andiamo, Bebé, saremo buoni oggi... non piangeremo... succhieremo il nostro biberon...'. Questa prima educazione agirà sul bambino attraverso la vita interiore della madre, finché egli non prenda a poco a poco coscienza di sé. L’educazione — non lo ripeteremo mai abbastanza — è l’avvio alla libertà, ma ad una libertà progressiva. Si renderà un ottimo servizio al bambino facendogli provare le realtà che s’impongono: che vi sono cioè resistenze che non cedono né subiscono eccezioni, che un muro insormontabile non può essere sorpassato tutto ad un tratto, ecc. ecc.          II fanciullo non osserva nel senso che noi diamo a questo verbo. Egli associa confusamente o, piuttosto, non dissocia ancora le sue azioni dalle reazioni di quanti lo circondano. Dai primi giorni possono crearsi dei 'blocchi' come 'pianti — arrivo della mamma — passeggio', o 'pianti — venuta della nonna — poppatoio'. Sono riflessi causati maldestramente dall’adulto e tanto più difficili a sciogliersi quanto più sono precoci. Di qui tirannie di cui i genitori sono i veri autori prima d’esserne le vittime. Le poppate abbiano un orario: osservatelo rigorosamente, senza eccezioni. Troppe mamme sono schiave dei loro bimbi e in qualsiasi momento li accontentano senza badare alla quantità. Questi piccoli non hanno ancora ne' ragione, ne' volontà, ma agiscono istintivamente, abituandosi così malamente.           Se piange, verificate che non lo punga qualche spillo; ma non cullatelo, né prendetelo in braccio. Su questo punto bisogna essere rigorosi notte e giorno. Un bimbo trattato così ha tutte le probabilità di ricevere una buona educazione. II bambino si deve prendere in braccio soltanto per curarlo o per fargli succhiare il latte, ma dopo nessun altro lo tocchi: attenti alle nonne e alle zie! Non saranno esse a subire le esigenze che avranno suscitato nei piccoli!           Pianga o no, il piccolo sia messo a letto: a lungo andare lo farà spontaneamente, sapendo che le sue ire non sono ascoltate. Non pensate che sia necessario addormentare i bambini; bisogna addormentare gli abituati male, per gli altri ci pensa la natura. Non c’è inoltre bisogno di lumino da notte, né di porte aperte. Siate decisi sul principio. Lo so: il pianto dei bambini scuote penosamente il cuore delle mamme e i cervelli dei papà. Ma bisogna a volte calpestare la sensibilità del cuore per il vero bene del bimbo. E anche per il bene tuo, perché se cedi diventerai, adagio adagio, sua schiava, e il giorno in cui vorrai liberarti, rischierai di essere vinta o di svincolarti troppo bruscamente, determinando un turbamento affettivo nel bambino.           I bambini devono imparare a restare soli e a trastullarsi da soli. Se la madre o altra sorvegliante si industria a riempire ogni loro minuto, si abituano ad essere divertiti, in seguito potrebbero diventare i più duri tiranni. Conosco bambini che annoiano la loro madre fin dai primi anni chiedendole ad ogni istante: 'Mamma, cosa debbo fare oggi?', oppure; 'Mamma, raccontami una storia! Mi annoio tanto!', Questi bambini soffriranno poi una continua agitazione, e il tempo libero da impegni precisi diverrà per essi un opprimente problema.          È inutile accarezzare il bimbo per calmarlo o per fargli piacere. Le carezze aumentano fortemente l’eccitabilità della pelle. Il bisogno di carezze e di moine potrebbe poi restare per tutta la vita. La madre comunica al bimbo il suo affetto più col materno e insostituibile sorriso, che accondiscendendo ai suoi capricci.          II ragionamento coi bimbi bisogna ridurlo al minimo necessario, poiché non sono ancora in possesso del pensiero logico. Il volerli abituare a ragionare assai presto è come volerli far camminare a sei mesi: si rischia di renderli deboli per tutta la vita.           Regolare gli automatismi del bambino è uno dei più grandi servizi che gli si possano rendere. Vuol dire prevenirlo da impacci, pensieri, incertezze, ambizioni; facilitargli lo sviluppo morale e fisico; aiutarlo a conquistare la vera libertà. A quest’età, l’ordine e la regolarità sono indispensabili quanto l’amore.           Ogni bambino è uno psicologo che giudica papa e mamma secondo il loro valore. Egli li esamina finché non abbia trovato i limiti del loro potere e della libertà che lui possiede: a questo scopo usa tutte le sue piccole armi, pianti e collere soprattutto. Se ci si impietosisce, se si ha paura delle sue convulsioni, se, dopo averlo molto sgridato, minacciato e picchiato, si cede per amor di pace, il piccolo nota queste debolezze e, con ammirevole conoscenza del cuore umano, baserà su di esse tutta la sua condotta.È chiaro dunque che quando il bambino vuol oltrepassare i limiti del ragionevole, deve urtare contro un muro, un muro spietato per la sua piccola fronte caparbia, Cozzerà una volta, due volte: al terzo bernoccolo deciderà di restare nel suo recinto. Quando sarà grande, gli spiegherete perché certe cose si possono fare ed altre no. Se grazie alla vostra saggezza, forza e preveggenza, fin dall’infanzia ha preso l’abitudine di fare solo ciò che è permesso, un giorno non soffrirà affatto ad essere spontaneamente buono... .          Dipende da voi, o mamme, che a sei anni il vostro piccolo sappia leggere; il suo libro, dove imparerà a distinguere ciò che bisogna e ciò che non bisogna fare, è il vostro viso con le sue diverse espressioni. Voi sapete quel che volete da lui, e ogni volta che il suo modo d’agire corrisponde alla vostra volontà, il vostro sguardo e il vostro sorriso gli dicano: 'Bene!'. Quando questa espressione d’amore e questo sorriso spariranno, e un’espressione seria li sostituirà, avrà l’impressione d’un: 'Male!'. Per lui, anche il vostro linguaggio, sebbene non comprenda le parole, ha un senso che egli afferra. Il tono della sgridata e il tono della carezza non sono affatto uguali per lui, le inflessioni della vostra voce rinforzano notevolmente la portata del vostro sorriso o della vostra serietà.           Non trattate mai il bambino come un balocco o come una bambola... Dopo qualche mese egli partecipa talmente ai giochi con cui lo si diverte che si è tentati di farlo giocare per divertire se stessi. A questo punto c’è pericolo che l’adulto oltrepassi la misura. Non dimentichiamo che il sistema nervoso del bambino è fragile e che c’è pericolo di stancarlo presto. D’altra parte si usano le risorse dei giochi di fisionomia, che sono il primo linguaggio col quale il bambino comprende l’adulto. E da sciocchi costringere un bambino a ripetere spesso 'buon giorno' alla stessa persona, con lo scopo specioso di abituarlo bene o di divertire la compagnia. I piccoli non chiedono altro che comportarsi come i grandi, ma sentono ripugnanza ad atteggiarsi a cani sapienti. Se non sentissero ripugnanza sarebbe ancor più pericoloso, perché ciò significherebbe che hanno un’anima di istrione.           Evitate di parlare col vostro bambino in modo sdolcinato, per quanto commovente vi possa sembrare. Gli si fa un brutto servizio imitando il suo modo di esprimersi. Un servizio da rendergli più tardi sarà quello d’insegnargli a pronunziare correttamente la lingua materna e a correggerne le forme o le inflessioni difettose.           Collezionate pure le parole graziose e incantevoli dei vostri bambini, ma non ripetetele mai dinanzi a loro: è il modo più efficace per togliere al bambino il suo candore e indurlo a considerarsi un fenomeno interessante. Nei primi anni del bambino, il compito del padre è più nascosto. Senza dubbio egli può manifestare la sua tenerezza incipiente: ma l’uomo, in generale, è poco portato a esternare lungamente tali sentimenti. È giusto che si occupi di loro qualche volta, perché si  abituino al suo contatto e viceversa; ma non tenti di usurpare prematuramente il compito della madre creandosi una facile popolarità: non costituisce egli forse 1’elemento nuovo che i bambini vedono meno frequentemente della madre e che perciò, proprio per questo, potrebbe esercitare su loro un fascino particolare? Sappia sempre togliersi dallo sguardo dei suoi bambini, onde lasciare alla madre il compito principale.          È certamente desiderabile che la forte autorità, che gli conferisce eventualmente la forza fisica e la potenza della voce, possa a volte sostenere l’autorità della madre, quando, stanca, è momentaneamente incapace di assolvere da sola il compito educativo. Ma è conveniente che tale intervento avvenga il più raramente possibile, soprattutto riguardo ai bimbi più piccoli. La sproporzione delle forze crea nel bambino la paura. La paura è l’inconscio che si rivela ed è anche l’inibizione delle migliori facoltà. La paura (nel suo pieno significato) non educa. Ci sembra infinitamente preferibile che l’autorità paterna si eserciti indirettamente sotto la forma di una piena approvazione delle decisioni materne, perché il bambino è maestro nell’arte di trovare i lati deboli dell’autorità, di creare delle discordanze, se non addirittura delle contraddizioni. Ciò non deve accadere.           Se l’uomo non approva sua moglie in taluni atti riguardo ai bimbi, lo dica a lei sola spiegandole le ragioni. Ciò può essere utilissimo. L’uomo che contempla le cose più dal di fuori, e che in genere ha quindi vedute più larghe e lungimiranti, può utilmente dare un consiglio a sua moglie circa l’educazione; un consiglio, diciamo, non l’amara critica che scoraggia o la sterile canzonatura. Si astenga da interventi fragorosi in cui molti padri trovano un’apparente soddisfazione del loro compito educativo. Egli non deve affatto trasformarsi in una macchina di severe punizioni, delle cosiddette punizioni esemplari: tutto codesto apparato drammatico è nefasto all’educazione. La sua calma ferma e la chiarezza d’un rimprovero, a volte, varranno meglio d’un atteggiamento chiassoso e corrucciato. Cerchi di non incutere mai paura ai bambini. La violenza dei gesti, il tono sguaiato della voce, gli sguardi sfolgoranti, spesso sono per il padre manifestazioni di un nervosismo passeggero e senza importanza, ma sui piccoli hanno ripercussioni inattese e disastrose.          Spetta a te, mamma, interessare il tuo sposo della vita del piccolo. Lungi dal tener gelosamente in te stessa le scoperte e le intuizioni che vai facendo nel tuo figlio, comunicale a tuo marito, fagli spiare il risveglio delle sue facoltà e tutti i segni del suo sviluppo. La vostra reciproca confidenza ne avrà vantaggio. Non vi è nulla che faccia crescere la confidenza di un marito verso la moglie, quanto il sentirsi aiutato da essa a penetrare le segrete intimità di quel piccolo essere enigmatico, a cui essi hanno dato la vita.

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