Quando si parla di amore, ci si riferisce normalmente a quello che dobbiamo avere verso Dio e verso il prossimo. Il Vangelo invece della prossima domenica fissa invece l'attenzione sull'amore che Dio ha per noi e lo propone come sorgente e modello di quello che noi pure dobbiamo a Lui e ai fratelli.
del 10 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Quando si parla di amore, ci si riferisce normalmente a quello che dobbiamo avere verso Dio e verso il prossimo. Oggi, il brano evangelico, che segue immediatamente alla parabola della vite e dei tralci, letta domenica scorsa, fissa invece l'attenzione sull'amore che Dio ha per noi e lo propone come sorgente e modello di quello che noi pure dobbiamo a Lui e ai fratelli.
          «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi» (Gv 15,9). Queste parole, scaturite dalle labbra e dal Cuore di Gesù, sono tra le più belle di tutto il Vangelo. Esse ci fanno comprendere tutta la grandezza dell'amore di Gesù per noi. Con lo stesso amore con cui è amato dal Padre, Gesù ama ciascuno di noi in particolare. Gesù stabilisce il confronto dell'amore suo verso di noi con quello che ha per Lui il Padre: è un amore veramente divino, senza limiti. Non sarebbe stato possibile dare una definizione più elevata di questa per farci comprendere di quale estensione e portata sia l'amore di Cristo per noi e per aiutarci a dissipare le eventuali obiezioni contro l'amore di Dio che sorgono talvolta dal nostro fondo di peccatori.
          E Gesù ci dice: «Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9). Rimanere nell'amore di Dio comporta una conseguenza pratica: l'osservanza dei Comandamenti. Chi deve rimanere nella corrente dell'amore divino è tutto l'uomo: non solo la mente, ma anche la volontà, decisa a conformarsi al Volere divino. Non può infatti esservi amore autentico e sincero se non c'è una piena adesione della volontà dell'uno a quella dell'altro: è solo dalla fusione delle due volontà che sorge l'amore. Perciò amare Dio e non osservare i suoi Comandamenti è una vera e propria contraddizione. Gesù lo dice molto chiaramente: «Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore» (Gv 15,10).
          Viene dunque da sé che chi cerca il Signore è sempre disposto ad osservare i suoi Comandamenti. Dio, che è amore, come ci ricorda san Giovanni nella seconda lettura, non può non desiderare quello che è bene per ciascuno di noi. I suoi precetti sono perciò la via migliore, anzi l'unica, perché noi raggiungiamo il vero nostro bene definitivo ed eterno. Anche su questo punto Gesù si richiama al paragone del suo amore verso il Padre. Anche Egli ha dimostrato il suo amore al Padre con l'osservanza dei Comandamenti del Padre suo e lo ha fatto con ubbidienza assidua e perfetta. Così Egli invita a fare anche noi, mostrandoci il suo esempio. L'imitazione di Cristo è infatti la grande strada che il cristiano è chiamato a percorrere ed è, nonostante le apparenze, la fonte della massima gioia. Lo conferma Gesù: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
          A questo punto Gesù estende la sua esortazione passando all'amore del prossimo. E se anche per questo occorre un modello, eccolo pronto: «Come io vi ho amati» (Gv 15,12). Il modello da imitare è sempre di natura divina: è Cristo stesso, colui che sa e può veramente amare nel senso più pieno della parola. Come io vi ho amati: e qui dobbiamo pensare alla nostra Creazione, alla Redenzione, al Sacrificio di Cristo per noi, a tutti i doni di cui ci rende partecipi.
          I caratteri di questo amore disinteressato e senza limiti devono costituire l'esempio da seguire da parte di noi tutti. Ed è così che l'amore verso il prossimo diventa la perfetta imitazione di quello di Cristo e la norma suprema della vita dei suoi discepoli.
          L'esortazione va così a colpire il punto centrale: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Questa misura straordinaria dell'amore costituisce il supremo vertice a cui dobbiamo tendere anche nelle circostanze ordinarie della vita. L'amore deve essere disinteressato al massimo per meritare di chiamarsi amore cristiano.
          Nella seconda lettura di oggi abbiamo la più bella definizione di Dio, se di definizione possiamo parlare. L'apostolo san Giovanni scrive che «Dio è amore» (1Gv 4,8). In questa piccola frase è racchiuso tutto il Mistero divino. E noi, creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo chiamati innanzitutto ad amare, siamo chiamati a riflettere l'amore del nostro Creatore nell'amore fraterno. Comunemente si dice che il simile conosce il simile, che solo l'amore può conoscere l'Amore. Pertanto si comprende molto bene che quanto più amiamo, tanto più riusciremo a conoscere Dio e a farlo conoscere a chi ci sta intorno. Per questo motivo, i Santi parlavano di Dio anche senza aprir bocca: tutta la loro vita era una predica vivente. San Giovanni scrive inoltre che «chi non ama non ha conosciuto Dio» (1Gv 4,8), proprio perché Dio è amore.
          La Vergine Immacolata, Madre del Risorto, ci ottenga dal Figlio suo il bene inestimabile del puro e santo amore!
Padre Mariano Pellegrini
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