Quali sono le caratteristiche dell'esperienza oratoriana? Si può parlare di compatibilità e complementarietà tra la prospettiva dell'iniziazione cristiana e la prassi oratoriana?
Il titolo pone una domanda. Apre una questione. Sollecita a una riflessione sull’identità dell’Oratorio, specialmente se messo di fronte alle esigenze sottese alla funzione di evangelizzazione e catechesi espressa nella categoria di iniziazione cristiana: quali sono le caratteristiche dell’esperienza oratoriana? Si può parlare di compatibilità e complementarietà tra la prospettiva dell’iniziazione cristiana e la prassi oratoriana? Quali novità e intuizioni possiamo desumere dalle indicazioni per una prassi di iniziazione cristiana a beneficio delle proposte dell’Oratorio e viceversa?
Inizialmente il titolo di questo articolo si presentava in forma meno provocatoria, «Oratorio e iniziazione cristiana»: una disanima degli eventuali punti di contatto tra un’istituzione ecclesiale che vanta diversi secoli di vita, e un modo di essere e di agire della Chiesa che è da sempre (il generare alla fede è nella sua stessa identità), ma che negli ultimi decenni è venuto alla ribalta con tutta la sua forza simbolica e innovativa.
Il titolo pone una questione che a volte trova nelle prassi odierne una soluzione di netta distinzione, quando non di sottile estraneità. Infatti alcune esperienze e un certo diffuso sentire, al contrario di come dovrebbe essere, mostrano una lontananza effettiva di questi due mondi, tanto che sovente «all’Oratorio» viene lasciata più la parte ludica e ricreativa (le feste, le esperienze estive, lo sport, i teatri…), quasi il miele per attirare e intrattenere; e alla catechesi – spesso ridotta a catechismo – viene affidato il compito di iniziare alla vita cristiana, compito ritenuto tipico della «Parrocchia».
Il titolo/domanda spinge a uscire da certi schemi rigidi ed escludenti, e sollecita a riconoscere ciò che di comune tra questi due «mondi» esiste, molto più vicini e in sintonia di quanto a volte appaia dalle prassi in atto.
Si procederà solamente con alcuni rapidi accenni, lasciando a ciascuna realtà il compito di scoprire e valorizzare le ulteriori interconnessioni possibili e auspicabili tra Oratorio e iniziazione cristiana.
All’origine di alcune tradizioni oratoriane
Nel corso dei secoli l’Oratorio si è mosso secondo quel movimento pendolare della storia che porta a volte a toccare punti, se non molto distanti, sicuramente profondamente diversi dalla spinta iniziale da cui ha preso le mosse.
Nel XVI secolo con San Carlo Borromeo nascono le Scuole della Dottrina Cristiana, che si possono considerare come la prima esperienza del futuro Oratorio ambrosiano: il nome chiaramente già identifica lo scopo e le modalità operative di questa innovativa realtà ecclesiale.
Nello stesso periodo a Roma San Filippo Neri avvia una caratteristica forma di esperienza oratoriana, in cui ogni incontro ha come nucleo la trattazione della Parola di Dio «in un clima semplice, familiare, ove nessuno si sentiva straniero... creando un clima propizio all’accoglimento» del messaggio evangelico.
Si trattava di due esperienze fortemente connotate dall’afflato ecclesiale e catechetico.
Simile e diversa allo stesso tempo è l’esperienza oratoriana di San Giovanni Bosco, che arriva tre secoli dopo quelle di San Carlo Borromeo e di San Filippo Neri e che si trova di fronte a nuove e specifiche esigenze, suscitate dall’inurbamento e dalla pre-industrializzazione, dall’anticlericalismo liberale e dal confronto/ scontro con il proselitismo protestante. E tuttavia si pone in continuità con la tradizione precedente degli oratori. In un cenno storico per la richiesta di approvazione della nascente Società Salesiana, nel 1868 in età ormai matura, così egli scrive: «Questa società nel suo principio era un semplice catechismo». Questo accenno agli inizi non ha solamente una funzione cronologica, punto temporale da cui poi l’esperienza oratoriana si è progressivamente allontanata. Esso dice il riferimento a ciò che ne costituisce la radice, il punto di contatto con la realtà sorgiva e identificante, e quindi fondamentale, da cui hanno preso avvio l’oratorio festivo propriamente detto, le scuole serali e domenicali, l’ospizio per i ragazzi orfani e abbandonati, il collegio per gli studenti, i differenti laboratori per gli artigiani.
L’orientamento dei Vescovi
Nel recente documento sugli Orientamenti pastorali per il decennio i nostri Vescovi ci hanno offerto un’interessante descrizione/definizione di Oratorio. Partiamo da essa per tentare di delineare quel sano e fecondo connubio con i cammini dell’iniziazione cristiana che arreca beneficio alla comunità cristiana e a quanti essa avvicina.
Così si legge al numero 42:
«L’oratorio accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio».
L’Oratorio non può ridursi ad essere un «ricreatorio», dove intrattenere i ragazzi in attesa del «catechismo» o grazie a cui non far allontanare i giovani dalla Parrocchia. Tale limitata visione spesso è accentuata dal fatto che in alcune situazioni ecclesiali i percorsi di catechesi dei giovani, e in particolare dei ragazzi, sono demandati alla Parrocchia, in una separazione alquanto discutibile e dagli effetti imprevedibili. Purtroppo questa errata impostazione a volte è ulteriormente avvalorata da quelle situazioni in cui, a livello diocesano, non avviene un proficuo e costante dialogo tra gli uffici della pastorale dei ragazzi, della pastorale giovanile e della catechesi ed evangelizzazione.
Nel citato numero del documento ancora si dice che l’Oratorio «accompagna nella crescita umana e spirituale», ha stile e finalità educativi, si propone di essere aiuto nella crescita e nella maturazione delle giovani generazioni, vivendo e valorizzando, in parte e sempre in modo finalizzato, gli strumenti e i linguaggi che sono propri «dell’esperienza quotidiana dei più giovani».
Poiché «l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità», non si può pensare una dicotomia all’interno di essa, distinguendo o, peggio ancora, creando distanze sempre maggiori tra parrocchia e oratorio, quasi non avessero lo stesso sguardo pastorale e la medesima missione. Una tale settorializzazione non può avvenire senza incappare nel pericolo di deturpare e impoverire il volto di quella porzione di Chiesa particolare che abita un territorio: il compito di generare alla fede è proprio della comunità cristiana, nella sua interezza, e nella fedeltà ad esso la Chiesa realizza se stessa come madre.
Nel farsi compagno di viaggio delle giovani generazioni, l’Oratorio ha un traguardo ambizioso, per nulla facile da raggiungere, ma altrettanto fondamentale per la sua identità di istituzione ecclesiale a servizio dell’educazione integrale della gioventù: «condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita». Laddove oggi con troppa superficialità e con grave danno alle persone e alle comunità si contrappongono vita e fede, e si alzano muri e barriere tra i doni stessi di Dio (sentimenti e liturgia, intelligenza e umiltà, corporeità e spiritualità, allegria e trascendenza, senso del limite e senso del peccato, «il buon cristiano e l’onesto cittadino», direbbe Don Bosco), l’Oratorio si cimenta nel ricomporre l’armonia e la sintesi della vita buona del Vangelo.
Il tema dell’iniziazione cristiana
Quanto emerso fino ad ora ha evidenziato alcune delle affinità tra l’istituzione dell’Oratorio e il compito ecclesiale dell’iniziazione cristiana. Ovviamente ne emergono anche le notevoli e precipue differenze, che ancor di più ci aiutano a cogliere quanto queste due realtà possano essere proficuamente e quasi necessariamente complementari.
Quando si parla di iniziazione cristiana, ci si riferisce ad un’espressione usata con molteplici significati: o con essa si intende una modalità con cui la Chiesa realizza il suo mandato di evangelizzare, in quanto Madre che genera la fede, rispondendo così alla sua finalità essenziale; o allo stesso tempo essa rimanda a un preciso percorso in un tempo definito, rivolto a quelle persone che chiedono di diventare discepoli del Signore, siano essi fanciulli o adulti, realtà che si compie attraverso i Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Confermazione ed Eucaristia); o inoltre sempre più questa espressione assurge a paradigma di uno stile e di una sensibilità che può e deve accompagnare la più parte dell’azione pastorale della Chiesa, a partire dalla consapevolezza che cristiani non si nasce, ma si diventa, traguardo mai del tutto raggiunto, specialmente in quest’epoca di rapidi e improvvisi cambiamenti; o in particolare l’intuizione e la sfida sottese alla proposta di una pastorale educativa in chiave di iniziazione cristiana rimandano all’esigenza di integrare e valorizzare in modo armonico i tre elementi che qualificano e danno profondità alla vita cristiana: la liturgia, la parola e la vita; o infine con sempre maggior insistenza il tema dell’iniziazione cristiana si coniuga con due esigenze di notevole importanza evocativa e pastorale: quello del primo annuncio della fede, perché c’è bisogno di un tempo/atteggiamento di evangelizzazione iniziale, che possa fare da base solida per l’avvio del successivo cammino a diventare cristiani; e quello dell’ispirazione catecumenale, che evidenzia la necessità di un cammino progressivo e personalizzato nella proposta di esperienze di vita cristiana, oltre che una maggiore attenzione a tutta la vita dell’iniziando.
Il dono degli Oratori
Sorgono alcune domande: cosa ha a che fare l’Oratorio con tutto questo? Cosa ci mette di proprio? Ha qualcosa di specifico da offrire al rinnovamento che la Chiesa italiana sta chiedendo nell’ambito dell’iniziazione cristiana?
Evidentemente ciò non è possibile se l’Oratorio viene considerato alla stregua di un ricreatorio o di un centro sociale. Esso è chiamato ad essere il luogo in cui le giovani generazioni crescono e maturano come cristiani e come cittadini, secondo la prospettiva con cui i Vescovi hanno scritto il n 42 degli Orientamenti.
L’Oratorio, ma forse – per evitare di fare riferimento a un ideale irreale perché idealizzato – è meglio dire gli oratori, sono un dono essi stessi, già per il fatto di esserci. Sono una risorsa, un’opportunità, una chance che non ha eguali in quel delicato compito di accompagnare le giovani generazioni.
Tutto ciò che in genere manca ai cammini di iniziazione cristiana (spesso ancora ridotti all’incontro di catechismo), in fatto di vicinanza alla vita dei ragazzi (i loro interessi), di continuità di rapporto nel tempo (supera l’anno scolastico e si distende per più momenti durante la settimana), di ricchezza di esperienze vissute insieme in diversi tempi e luoghi (esperienze estive e invernali, feste e giochi, amicizia e servizio), tutto questo lo si trova con più facilità nell’esperienza oratoriana.
Le stesse relazioni intergenerazionali, che sono fondamentali per i processi di crescita e di formazione dell’io e della sua socialità, sono molto più ricche nel contesto oratoriano che in quello della catechesi, dove sovente si risolvono in un rapporto fugace tra pari (l’incontro settimanale) e nel riferimento alla sola catechista, spesso con un’età molto lontana da quella dei ragazzi: infatti nelle esperienze oratoriane l’iniziando incontra il giovane animatore e il genitore, l’educatore con più esperienza e l’allenatore, il sacerdote e i tanti volontari che dedicano il loro tempo a servizio dei più piccoli.
Allo stesso tempo l’iniziando e la sua famiglia sperimentano che tutte queste persone vivono insieme un’esperienza di comunità educante, cioè attenta e dedita alla cura dei più giovani. Inoltre dall’andamento dell’anno parrocchiale oratoriano tali famiglie colgono il cammino vitale e spirituale della comunità, ritmato dall’anno liturgico e dalle ricorrenze locali, attento alle esigenze del territorio e segnato da un comune cammino. Questa esperienza di comunità, viva e creativa, è la meta a cui guarda chi sta camminando per diventare cristiano, perché coglie che in essa troverà la linfa di vita per custodire e sviluppare la Grazia ricevuta una volta terminato il cammino di iniziazione cristiana, ma avviato a vivere la vita la vita cristiana nella sua ordinarietà.
L’Oratorio si presenta quindi come una preziosa, e forse insostituibile, risorsa a vantaggio del percorso di iniziazione cristiana. Esso offre il clima e il contesto che in modo pervasivo ed efficace accompagnano il cammino dell’iniziando, quasi avvolgendolo.
Prima che inizi il percorso di iniziazione cristiana favorisce il contatto, suscita simpatia e sintonia, crea familiarità con l’ambiente e con le persone: sono come un primo annuncio di vita buona del Vangelo che passa attraverso i gesti, la presenza e l’affetto.
Qualità che rimangono anche durante il percorso e che si arricchiscono di quelle esperienze che coinvolgono la vita del ragazzo e della sua famiglia: feste, raduni, giochi, esperienze estive e invernali. Si fa dell’Oratorio la propria seconda casa, perché ci sono relazioni significative e forti, e si intuisce che c’è un modo speciale di accogliere e vivere il dono della vita, in compagnia del Signore Gesù e dei suoi discepoli.
E una volta compiuto il cammino di iniziazione cristiana, l’Oratorio si presenta come parte di quella comunità in cui si continua a crescere e a far maturare il seme di Grazia ricevuto mediante i Sacramenti dell’iniziazione, fino al riconoscimento della propria vocazione e della missione che il Signore affida a beneficio della Chiesa e dell’umanità.
Il dono agli Oratori
A ben vedere anche gli Oratori ricevono un grande dono da questo felice connubio con le indicazioni e le intuizioni dell’iniziazione cristiana.
Innanzi tutto la comunità educante oratoriana è sollecitata a pensare se stessa e ogni iniziativa messa in atto come un invito a un di più di vita, alla qualità alta di vita, alla vita buona del Vangelo, pur nel rispetto dei diversissimi punti di partenza di ogni ragazzo, giovane o adulto. Nell’attuale situazione socio-culturale, segnata dagli eccessi del divertimento e della banalità, risulta dequalificante per gli oratori presentarsi alla pari dei tanti luoghi in cui il ragazzo o il giovane può intrattenersi e svagarsi, se questo non è chiaramente e contemporaneamente occasione creata e desiderata per far incontrare la comunità cristiana, cioè persone e proposte, che gli offrono ragioni e fondamenti di vita.
Infatti l’Oratorio, che si affianca e diventa compagno di viaggio dei più piccoli e di quanti con esso camminano, porta in sé i caratteri di un’istituzione chiamata a fare iniziazione sempre e con chiunque, a introdurre al buon vivere, sia dal punto di vista personale che sociale: esso incarna la spirito materno della comunità cristiana a favore dei più piccoli e lo svolge con creatività e fantasia, attivando le più svariate iniziative e proposte.
Proprio l’esigenza di vita buona e di vita in abbondanza fanno comprendere quanto sia arricchente per l’Oratorio l’interazione con il cammino di iniziazione cristiana: un desiderio di qualità di vita tanto alta non può che venire «dall’alto». Questa è la Grazia che ricevono gli iniziandi mediante i Sacramenti per l’iniziazione cristiana e che continua come dono quotidiano e settimanale per ogni cristiano nell’Eucaristia, che fa da spartiacque tra il cammino iniziato con il Battesimo ma ancora non pienamente compiuto, e il cammino da portare a compimento in attesa che «venga il nostro Salvatore Gesù Cristo».
La lecita distinzione delle attività e delle responsabilità all’interno della medesima comunità cristiana purtroppo a volte è diventata separazione progettuale, e ciò ha inaridito gli oratori e impoverito le parrocchie: ai primi ha sottratto l’attenzione alla dimensione iniziatica del proprio agire e la valorizzazione del dono di Grazia offerto nei Sacramenti della vita cristiana (Eucaristia e Confessione); alle parrocchie ha sottratto la vicinanza affettiva e l’esperienza vitale con le giovani generazioni, con il pericolo della sterilità generazionale.
Da questi rapidi accenni si può evincere che l’interazione tra l’esperienza oratoriana e i cammini di iniziazione cristiana risulta alquanto convincente e proficua, tanto a livello di riflessione e studio quanto, e soprattutto, di prassi pastorale. E viene da pensare che in questo caso non si tratti solo di una «feconda alleanza», ma soprattutto di un felice ritorno.
don Claudio Belfiore
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