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Parte Terza

L'amore discende da Dio nel Cuore [...] Avvicinati.


Parte Terza

da L'autore

del 01 gennaio 2002 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 L’amore discende da Dio nel Cuore.

L'amore per la madre.

Era ed è rimasta fino ad ora, anche se è nell'eternità. Madre spirituale, io percepisco oggi la sua esistenza, il suo aiuto e la sua influenza su di me più di quanto la sentissi prima che partisse.

Questo sentimento scomparirà e non indebolirà i rapporti esistenti tra le mie madri e le mie sorelle spirituali.

E in realtà non esiste differenza tra mia madre e le mie madri e le mie sorelle, se non il fatto che delle mie congiunte ho un ricordo debole e lontano mentre delle altre ne ho uno forte e vicino.

Miriana I.

«Ella mi appare alla luce del giorno, in momento e non è come le altre. I miei pensieri mi conducono verso le altre, mentre ella viene senza preavviso e spunta all'improvviso al mio cospetto come una colonna di luce eterna. Ella è l'amore che l'Eccelso ha voluto creare. Mia madre è il simbolo della fortuna, dell'amore veritiero e della fede.»

Al suo ritorno in America dopo la scomparsa prematura dell'amata sorella Sultana, la sorella minore disse a Gibran: «È strana la tua reazione, Gibran. Non hai chiesto neppure come è morta tua sorella. Non hai neppure domandato come sta ora tua madre».

Gibran voltò il capo verso di lei, mentre le lacrime scorrevano sulle sue guance come un diluvio in piena. Si era arreso alla volontà celeste, mentre nella stanza vegliavano ancora i fantasmi dell'Aldilà:

«Perché devo domandare? Cosa guadagnerò con le mie domande?

So che mia madre ama Sultana come una rosa ama i suoi petali. Sicuramente ella è cupa e sta soffrendo dinanzi alla volta celeste.

So che Boutros l'ama e tu anche. Anch'io l'amo molto.

È necessario che i miei lamenti escano come i vostri dal profondo del cuore alla luce del Sole per dimostrarvi il mio dolore e aumentare così le sofferenze di mia madre Kamelé?

Io vedo il volto di mia sorella in ogni luogo».

 

A Miriana II.

Gibran: «Miriana, sorella mia, spegnerai la luce dei tuoi occhi mentre cuci con questo filo e questo ago sotto la fievole illuminazione del lume a gas».

Miriana: «Che cosa possiamo fare? Quest'ago e questo filo ci permettono di pagare l'affitto di casa e il gas e di vestirci. Dobbiamo chiedere l'elemosina per nutrirci o vestirci?».

Gibran: «Miriana, Miriana, il tuo ago spegne i miei occhi e il tuo filo stringe il mio collo».

Miriana: «Che cos'hai Gibran? Appena pronuncio una parola, le lacrime scorrono dai tuoi occhi. Ti ho ferito, o cuore di tua sorella, con ciò che ho detto?»

Gibran: «Non temere per i miei occhi, sorella mia, poiché quando l'amore raggiunge le profondità del cuore, fa sgorgare copiose lacrime. Il tuo ago e il tuo filo esprimono un amore puro. Nonostante ciò, mi costa caro vederti seppellire i tuoi giorni e le tue notti nella cruna di un ago per mantenermi. Piuttosto dovrei mantenerti io. E spendi la luce dei tuoi occhi per lasciare una luce incandescente nei miei occhi».

Miriana: «Pensa piuttosto ai tuoi occhi. Tu disegni tutto il giorno e scrivi fino a tarda notte e se io protesto perché temo per la tua salute, ti rattristi.

 

Anima, non andare dalla mia innamorata.

Pietà, o anima, pietà. Fino a quando, anima mia, ti lamenterai e conoscerai la mia debolezza? Pietà, o anima. Mi hai fatto vedere la felicità da molto lontano.

Tu e la felicità siete seduti sulla vetta di un'alta montagna e io e la tristezza siamo seduti nelle profondità della mesta valle. Si può per caso far incontrare l'elevatezza con la bassezza? O anima, nella quiete della notte ti dirigi verso la mia amata e godi di un suo bacio e di un suo abbraccio.

E questo corpo innamorato viene ucciso dalla nostalgia e dalla separazione. Pietà, o anima, pietà.

 

I due innamorati.

I due innamorati si sono abbracciati teneramente e hanno sorseggiato dal vino dei baci finché si sono ubriacati e ognuno di loro si è addormentato avvolto dalle braccia dell'altro. Quando l'ombra è stata spazzata via dalla scopa della luce, il Sole li ha svegliati dal dolce letargo accarezzandoli con i suoi raggi. Il loro amore è così tornato a librarsi come un usignolo libero con le ali stese nell'immenso cielo.

 

L'amore discende da Dio nel cuore.

Avvicinati.

Avvicinati a me, o amata del mio cuore, il fuoco si sta trasformando in cenere.

Abbracciami, stringimi forte al tuo morbido petto poiché la lanterna è spenta.

Abbracciami dolcemente prima che il sonno mi abbracci.

Baciami, dal momento che la neve ha trionfato su tutte le cose, tranne che sul tuo bacio. Abbracciami e baciami come se fossi un neonato che riposa nella culla dei sentimenti.

 

Le cose che il bambino ama.

Le cose che di solito il bambino ama, rimangono impresse nella profondità del suo cuore fino alla vecchiaia.

E l'aspetto più bello della vita è che i nostri spiriti rimarranno a volteggiare sopra i luoghi dove avevamo goduto qualche delizia. E io sono tra coloro che si ricordano sia delle cose lontane sia di quelle vicine, e non lasciano smarrire nella nebbia neppure una delle loro ombre.

 

L'amore e l'anima

Sono venuto per vivere nella gloria dell'amore e sotto la luce della bellezza. Ed eccomi vivo e le persone non possono allontanarmi dalla mia vita. Anche se i miei occhi saranno ubriachi, godrà nell'ascoltare le canzoni dell'amore e le melodie della bellezza.

E se anche le mie orecchie saranno tappate, sarò felice di sfiorare l'etere inondato dai sospiri degli innamorati e dal fragrante profumo della bellezza.

E se anche mi isolassero dall'aria, vivrei con la mia anima, poiché l'anima è figlia dell'amore e della bellezza.

 

Lo schiavo dell'amore.

Tu sei libero dinanzi al volto del Sole. E sei libero al cospetto della Luna e dei pianeti. E sei libero dove non c'è Sole, né Luna, né pianeti. Sei libero quando chiudi gli occhi dinanzi a tutto il creato. Però sei schiavo di chi ami perché lo ami. E sei schiavo di chi ti ama perché ti ama.

 

L'incontro.

Quando la notte ha ultimato di ornare l'abito del cielo con i gioielli delle stelle, dalla valle del Nilo si è alzata una fata alata con due ali invisibili e si è seduta su un trono di nuvole al di sopra del mare di Roma rischiarato dai raggi lunari.

Tutto ad un tratto è passato al suo cospetto uno stormo di spiriti che navigava nello sconfinato spazio urlando: «Santa, santa, santa figlia d'Egitto, la sua gloria ha riempito l'immensa terra».

E dalla vetta della montagna Fam al Mizab, circondata dal bosco dei cedri, si è alzato un giovane che si è seduto sul trono accanto alla fata. E gli spiriti sono tornati in schiera a passare dinanzi ai due esclamando: «Santo, santo, santo il giovane del Libano. La sua gloria ha colmato tutti i tempi».

E quando l'innamorato ha preso la mano del l'amata e ha guardato i suoi occhi, all'istante i venti e le onde hanno portato in ogni parte queste invocazioni d'amore: «Quanto è perfetta la tua beltà, o figlia di Iside, e quanto è grande il mio amore per te.

Quanto sei bello tra i giovani, figlio di Ashtarout, e quanto è intenso il mio affetto verso di te.

Se il mio amore fosse al posto delle tue Piramidi, non sarebbe distrutto dai secoli, mia amata.

Il mio amore parla al tuo cedro e non sarà sconfitto dalle avversità degli elementi, mio amato.

I saggi dei regni vengono dall'Oriente e dall'Occidente per chiedere a te benevoli consigli e per interpretare i tuoi simboli, mia amata. I grandi della Terra provengono dai loro regni per ubriacarsi con la fragranza del profumo della tua beltà e la magia delle tue parole.

O mio amato, le tue mani sono un campo nel quale spunta la fortuna per riempire i caravanserragli.

O mia amata, le tue braccia sono la fonte dell'acqua dolce e limpida e i tuoi respiri sono brezza che rinfresca. I castelli del Nilo e i suoi templi diffondono la tua gloria e la Sfinge racconta la tua grandezza, mia amata.

Il cedro sul tuo petto è uno stemma d'onore, e le torri che ti circondano raccontano la tua audacia e potenza, mio amato. Ah, quanto è bello il tuo amore e quanto è sublime la tua brama, mio amato.

Ah, quanto sei generoso e fedele come amico e quanto sono stupefacenti i tuoi doni.

Ho mandato a te i semi e li hai tramutati in fiori, e le piante sono diventate alberi. Tu sei un campo fertile che fa germogliare le rose e i gigli e fa innalzare le querce e i cedri.

Vedo nei tuoi occhi una mestizia, mio amato, eppure tu sei nelle mie vicinanze.

Ho figli che sono partiti al di là dei mari e mi hanno lasciato l'angoscia, le lacrime e la nostalgia.

Magari ciò che provo fosse simile alla tua mestizia e mi abbandonassero le paure, mio amato.

Hai paura, figlia del Nilo, tu che sei la pi√π cara di tutte le nazioni?

Temo che un despota mi si avvicini con la dolcezza delle sue parole e possieda il mio cuore con la forza delle sue braccia.

La vita delle nazioni, mia diletta, è simile alla vita dei singoli individui ed è accompagnata dalle brame, fusa nella paura, sfiorata dai desideri e scrutata dalla disperazione».

E i due innamorati si sono abbracciati e hanno sorseggiato dalle coppe dei baci un nettare dal profumo fragrante. E gli stormi degli spiriti alati sono passati nuovamente cantando: «Santo, santo, santo, la gloria dell'amore ha colmato il Cielo e la Terra».

 

Quando nacque il mio Dolore.

Quando nacque il mio Dolore, lo nutrii con il latte compassionevole dell'amore e vegliai su di esso con amorosa tenerezza.

Il mio Dolore crebbe, come tutte le creature viventi, forte, bello, traboccante di gioia, luminoso.

Ci amavamo l'un l'altro e amavamo il mondo intero che ci circondava, poiché il Dolore aveva il cuore tenero, ed era amico del mio cuore, che lo aveva reso benevolo ed affettuoso.

Quando il mio Dolore e io conversavamo, i nostri giorni divenivano alati e le notti tempestate di sogni, poiché il mio dolore aveva una lingua eloquente e sciolta e ha reso la mia lingua più eloquente e sciolta.

Quando io e il mio Dolore cantavamo insieme, i nostri vicini si sedevano alle finestre ad ascoltare poiché i nostri canti erano profondi come gli abissi marini e le nostre melodie erano cariche di strani ricordi.

E quando camminavamo, io e il mio Dolore, le persone ci guardavano con occhi traboccanti d'amore e mormoravano parole di estrema dolcezza. Ma tra loro c'era chi ci gettava occhiate piene d'invidia perché il Dolore era così orgoglioso e nobile che io ero orgoglioso di essere in sua compagnia.

Ma quando morì il mio Dolore, come tutti gli esseri viventi, io rimasi solitario a riflettere e a meditare.

Ora, quando parlo, le mie parole colpiscono pesantemente le mie orecchie.

E quando canto, nessuno dei miei vicini ascolta le mie canzoni.

E quando girovago nelle contrade, nessuno pi√π mi degna di uno sguardo.

Mi consolano solo nel sonno alcune Voci misericordiose che mi dicono: «Guardate, guardate, qui giace l'uomo il cui Dolore è scomparso».

 

Quando nacque la mia Felicità.

E quando nacque la mia Felicità, la strinsi strettamente tra le braccia e salii con lei sul tetto della mia dimora da dove gridai:

«Venite a guardare la mia Felicità che splende traboccante di gioia dinanzi al volto del Sole».

Quale fu il mio stupore quando mi resi conto che non veniva nessuno dei miei vicini a scrutare la mia Felicità.

Per sette lunghi mesi ogni mattina e ogni sera annunciai la mia gioia, dal tetto, ma nessuno si degnava di ascoltare la mia voce.

Io e la mia Felicità ci sentimmo indesiderati ed abbandonati. Nessuno si interessò a noi. Quando trascorse un anno, la mia Felicità divenne pallida e debole perché nessun cuore, tranne il mio, era sedotto dalla sua beltà, e nessun'altra bocca baciava la sua bocca, tranne la mia.

E la mia Felicità esalò l'ultimo respiro di solitudine. E ora ricordo la mia Felicità quando richiamo alla memoria il mio Dolore, poiché il ricordo è una foglia autunnale che trema per un istante nel vento, poi la sabbia la seppellisce per sempre.

 

La Ginn.

Nota: La Ginn è uno spiritello scaltro e malizioso che possiede poteri magici La Ginn è in realtà la ricca libanese Mary Quahwaji che per un breve periodo ha reso Gibran succube del suo amore Quando scrive, Gibran è ormai riuscito a liberarsi dalla schiavitù della donna per volteggiare liberamente tra i ruscelli e sopra le alte vette dove sorge e tramonta il Sole degli innamorati. Fine nota.

 

Fin dove mi condurrai, Ginn?

Fino a quando ti seguirò su questa arida e tortuosa strada che procede tra le rocce, è tempestata di spine, conduce in alto i nostri passi e fa scendere le nostre anime fino alle profondità dei mari?

Ho afferrato con le mie mani il tuo strascico e ho camminato dietro di te come un bimbo che segue la madre, dimenticando i sogni che avevo, scrutando in te la beltà, fingendo di non vedere i cortei dei fantasmi che volteggiavano intorno alla mia testa, trascinato dalla forza invisibile che alberga nel tuo corpo.

Fermati dinanzi a me per un istante perché possa vedere il tuo viso. Guardami per un minuto. Forse vedrò nei tuoi occhi celesti gli arcani del tuo cuore e percepirò attraverso i tuoi lineamenti i segreti della tua anima.

Fermati un po', strega? Sono stufo di camminare e il mio spirito trema per i pericoli che avvolgono la strada. Fermati poiché siamo arrivati al crocevia dove la morte abbraccia la vita. E non avanzerò di un altro passo finché il mio spirito non svelerà le intenzioni del tuo spirito e il mio cuore non chiarirà i tesori celati nei forzieri del tuo cuore.

Ascoltami, Ginn incantatrice. Ieri ero un volatile libero, volteggiavo sopra i ruscelli e nuotavo nello spazio sconfinato e al calare della sera mi sedevo sulle estremità dei rami a contemplare i castelli e i templi nella città delle nuvole colorate che il Sole a mezzodì costruisce e che distrugge prima del tramonto.

Ma ero come il pensiero: camminavo solitario ai confini della Terra, dove sorge il Sole e dove tramonta.

Felice per le bellezze della vita e per le sue delizie, indagavo sui segreti dell'esistenza. Ma ero come il sogno sotto le ali della notte: entravo dalle fessure delle finestre nei nidi delle vergini addormentate e giocavo con i loro sentimenti. Poi mi fermavo dinanzi ai cuori dei giovani, svegliando i loro desideri. Infine mi sedevo accanto ai giacigli dei venerandi per carpire i loro pensieri. E oggi che ti ho trovata, o incantatrice, e mi sonoavvelenato baciando le tue mani, sono diventato come un prigioniero che trascina le pesanti catene verso l'ignoto. Sono diventato come un ubriaco insaziabile dell'inebriante vino che rapisce le forze.

E bacio la mano che ha schiaffeggiato il mio volto. Fermati però un poco, strega. Ecco, ho riacquistato le mie forze e ho spezzato le catene che hanno imprigionato i miei piedi e ho frantumato la coppa dalla quale avevo bevuto il delizioso veleno.

Cosa desideri che facciamo e quale strada vuoi che percorriamo?

Ho riacquistato la mia libertà, accettami come un compagno libero che scruta il volto del Sole ed afferra con occhi immobili il fuoco con dita ferme.

Ho spiegato le mie ali un'altra volta.

Forse diventerai compagna di un giovane che spende i giorni vagando come l'aquila tra le montagne innevate e trascorre le notti come un leone in uno sconfinato deserto?

Ti soddisfa l'affetto di un uomo che considera l'amore come estasi e lo ripudia come padrone? Ti accontenti della passione ardente di un cuore innamorato che non si arrende, brucia ma non si scioglie?

Forse sei più felice dinanzi ai desideri di un'anima che trema dinanzi alla tempesta ma non si spezza, che si ribella contro gli uragani ma non viene spostata dal suo luogo? Forse mi accetti come un compagno che non sottomette e non viene sottomesso?

Allora, ecco, questa è la mia mano; accarezzala con la tua bella mano. E questo è il mio corpo, stringilo tra le tue braccia. E questa è la mia bocca, baciala con un bacio lungo, profondo e muto.

 

L'amore non dà né fiori né frutti.

L’amore assume numerose forme.

Spesso è come l'erba e non dà né fiori né frutti.

L'amore è come l'inebriante vino,

Una piccola quantità soddisfa.

Ma una eccessiva ubriaca ed uccide.

Se i corpi conducono il corteo dell'amore

Verso il giaciglio dei piaceri carnali, lo spingono a

suicidarsi.

Esso è allora come un re catturato e rinchiuso in una

cella buia.

Che rifiuta la vita poiché è stato tradito dalla sua corte.

Nel bosco non c'è un libertino.

Che proclami di essere nobile nell'amore.

Quando i tori stramazzano sulla sabbia,

Non dicono che è colpa dell'amore.

L'amore per gli uomini è una malattia tra carne e ossa.

Che guarisce solo quando la giovent√π sparisce.

Porgimi il flauto e canta.

Poiché il canto è un vero amore

E la melodia del flauto rimane

Pi√π di qualsiasi cosa buona e bella.

Dicono che lo sciacallo beva allo stesso ruscello dove il leone viene a bere.

E dicono che l'aquila e l'avvoltoio infilino il becco nella stessa carogna, e stanno in pace l'uno con l'altro.

Amore, hai imbrigliato i miei desideri con la tua mano regale. E hai trasformato la mia fame e la mia sete in dignità ed orgoglio.

Non permettere che la parte forte e volenterosa che è in me mangi il pane e beva l'inebriante vino che tentano il mio io debole.

Lasciami piuttosto perire di fame, lascia che il mio cuore arda per la sete. E lasciami morire e avvizzirmi prima che allunghi la mano verso una coppa che tu non hai riempito oppure verso una ciotola che tu non hai benedetto.

Khalil GIBRAN.

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