Passatempo o professione?

I più lungimiranti media si sono già dotati di un buon Community Manager, un professionista delle comunità virtuali, in grado di progettare e animare community di utenti su Facebook, Twitter e qualsiasi altro strumento aggregativo virtuale. Non stupisce allora la scelta di affidarsi al mondo del web e dei social network. Come?

Passatempo o professione?

da Quaderni Cannibali

del 15 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

          Cambiano i media e cambia la comunicazione. E' senza dubbio l'era del web e dei social network, lo conferma anche il rapporto 2011 del Censis quando riporta che sotto i trent'anni l'utilizzo della televisione è paragonabile a quello di Google e Facebook. Ma sbaglia chi dice che ormai canali televisivi, giornali e radio sono sulla via del tramonto. La loro sopravvivenza, e perché no il loro rilancio, sono strettamente legati alla loro capacità di innovarsi e di mescolarsi con i nuovi media. Ecco perché i più lungimiranti, e non sono molti tra i media italiani, si sono già dotati di un buon Community Manager, un professionista delle comunità virtuali, in grado di progettare e animare community di utenti su Facebook, Twitter e qualsiasi altro strumento aggregativo virtuale. E' il caso di Reteconomy, il canale televisivo tematico che da Torino trasmette sulle frequenze 816 di Sky e, come leggiamo su reteconomy.it, ha come obiettivo quello di favorire un processo di riappropriazione che avvicini i cittadini all'economia. Non stupisce allora la scelta di affidarsi al mondo del web e dei social network. Come? Ne parliamo con Diletta Benedetto, Community Manager di Reteconomy.

Prima di tutto toglici una curiosità, com'è la giornata tipo di una Community Manager?

          La giornata tipo di una Community Manager “atipica”, come quella che si occupa di una community su temi di aggiornamento e approfondimento economico, è sempre diversa dalla precedente. In effetti se in Italia è già di frontiera parlare di Community Management per quanto riguarda argomenti o prodotti trendy, lo è ancora di più se il termine di aggregazione della community è l'economia, argomento percepito dalla maggior parte di noi, che non abbiamo una formazione economica, come freddo e lontanissimo dal nostro quotidiano. E proprio questa è la sfida che Reteconomy raccoglie: far percepire alle persone comuni l’economia come tema vicino, trasversale, che coinvolge tutti, ogni giorno, che può essere perfino interessante, in alcuni casi addirittura divertente. Per far questo un Community Manager raccoglie continuamente dalla rete - concretamente da social network e blog - i feedback più interessanti per “costruire” il proprio linguaggio e orientare lo sviluppo dei propri contenuti, poi rilancia sulla rete stessa il prodotto della propria “digestione” (che passa ovviamente attraverso il lavoro accurato della Redazione) e di nuovo ne raccoglie i feedback. Un’organizzazione del tempo circolare, potremmo dire. Che, in pochi caratteri, o se preferisci in un tweet, potrebbe suonare così: la mia giornata tipo si apre e si chiude sui social!

Ma cos'ha da dire una televisione su Facebook o LinkedIn?

          Ha innanzitutto tantissimo da ascoltare, proprio perché sempre di più la scelta dei contenuti da approfondire è orientata dalle preferenze della rete, esattamente come succedeva con i dati di audience quando questi rappresentavano l’unico indicatore di gradimento del pubblico. Oggi il pubblico lo ritrovi in rete, puoi parlarci direttamente, lanciare argomenti test, sollecitare commenti, osservazioni, registrare criticità: frequentare i network del web come si faceva un tempo con le piazze, con i luoghi fisici di aggregazione. Reteconomy, in particolare, oltre ai contenuti testuali, lancia sulla rete le clip che nascono dalla suddivisione tematica delle puntate dei suoi format. Il video, in fondo, è il grafema, l’elemento minimo che compone il linguaggio televisivo. È naturale dunque che sia soprattutto attraverso i video che un canale televisivo rappresenta in rete i propri contenuti.

Come cambia il linguaggio tra i vari 'canali' di comunicazione che ti trovi a gestire?

          Alcuni social si prestano evidentemente più di altri a un livello di approfondimento maggiore. Su LinkedIn puoi rintracciare gli elementi fondamentali per costruire la puntata di un format televisivo (per il nostro Buongiorno Economia è successo diverse volte), in quanto il livello qualitativo delle conversazioni è elevato e le persone sono motivate da interessi professionali a mantenerlo tale. Su Facebook, viceversa, puoi lanciare un virale per creare interesse su una puntata speciale, contando sulla risposta di una rete più ampia e generalista. Su Twitter puoi organizzare il live tweet di un evento che va contemporaneamente in onda sul satellite e in live streaming sul sito web, dando la possibilità ai tuoi follower di twittare le loro domande, osservazioni, suggerimenti, rendendo davvero interattivi gli interventi degli ospiti in studio. Come avviene nella realtà, ogni ambiente sociale virtuale ha regole e linguaggi precisi, offrendo opportunità diverse alla community.

Ci sembra di capire che il segreto del tuo lavoro sia la capacità di ridiscutere e innovare i modelli stessi di comunicazione. Ci dai qualche anticipazione sulle prossime novità a Reteconomy?

          Sì, mi ritrovo nella tua definizione del “segreto del mio lavoro”: certamente l’impiego di risorse maggiore sta nel comprendere a fondo tutti gli strumenti di comunicazione disponibili e, immediatamente dopo, i modi più interessanti per adattarli ai propri contenuti, integrarli fra loro, ottimizzarli, innovando così i modelli di comunicazione che questi sottendono. Di anticipazioni interessanti ne abbiamo in serbo mille, essendo una rete in rapidissima crescita. Scelgo di raccontarti, in due parole, un esempio semplice e significativo della possibilità di integrare in un prodotto i plus comunicativi di canali diversi: lo Ubook (letto YouBook secondo la fonetica anglosassone). Una evoluzione interattiva e partecipata dell’e-book, costruito attraverso un processo che prevede il passaggio di contenuti tecnici in forma chiara e divulgativa sul canale televisivo, il loro lancio sul web per arricchirsi di casistiche, spunti, commenti, domande, e il loro approdo finale, ma ancora aperto ad ulteriori upgrade, sulla piattaforma a pagamento www.solmap.it che completa la filiera. Il manuale, insomma, che risponde alle tue domande, si arricchisce delle tue risposte, migliora sulla base dei tuoi suggerimenti. Un po’ come se lo scrivessi tu.  

Per concludere, hai qualche consiglio per chi volesse diventare Community Manager?

Un avvertimento, che mi sta particolarmente a cuore, perché mette in discussione uno stereotipo comune: la rete, almeno nella sua parte utile a un Community Manager, è una cosa seria, con regole precise, standard definiti. Pensare che sia sufficiente essere un po’ “smanettone”, passami il termine, per avere successo come Community Manager è un’illusione: il profilo ideale, viceversa, poggia su una efficace miscela di sociologia, antropologia, comunicazione, marketing e copywriting. Serve anche la conoscenza degli strumenti tecnici per affrontare la realtà da 2.0 in avanti, ma questo in fondo è un dato ormai quasi scontato.

Stefano Moro

http://www.dimensioni.org

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