Tutto ha inizio quando sorge in noi la riflessione: "Ho bisogno di mettermi a posto!" Avvertiamo che c'è un qualche disordine che ci turba, ma spesso non sappiamo nemmeno cosa. Però sappiamo che dobbiamo mettere ordine prima che sia troppo tardi. Da dove cominciare? Ogni persona è composta da due elementi essenziali: l'anima e il corpo...
del 03 ottobre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/en_US/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
         Tutto ha inizio quando sorge in noi la riflessione: 'Ho bisogno di mettermi a posto!' Avvertiamo che c’è un qualche disordine che ci turba, ma spesso non sappiamo nemmeno cosa. Però sappiamo che dobbiamo mettere ordine prima che sia troppo tardi.          Da dove cominciare? Dall’intelligenza, dalla mente, dal cervello, ecc. Sappiamo pure che non possiamo volere una cosa se prima non la conosciamo. E come possiamo agire se non abbiamo un fine da raggiungere?          Sappiamo anche che ogni persona è composta da due elementi essenziali: l’anima e il corpo. Il corpo lega l’uomo alle leggi biologiche, mentre l’anima lo porta a trascendere il mondo materiale per vivere una vita superiore che può giungere sino a Dio.Altre considerazioni introduttive sul disordine che ha sette radici, sono:
1. La SUPERBIA. Opinione esagerata di sé che porta al disprezzo, al distacco, all’isolamento degli altri.
2. L’AVARIZIA. Un attaccamento snodato ai beni materiali che porta a scelte egoistiche.
3. La LUSSURIA. Uso disordinato del sesso che conduce alla disgregazione delle persone, della famiglia e della società.
4. L’IRA. Esplosione improvvisa e violenta dell’animo che reca offesa e danni agli altri.
5. La GOLA. Uso disordinato degli alimenti che danneggia la salute fisica e psichica.
6. L’INVIDIA. Astio verso persone ritenute più fortunate che rompe i rapporti interpersonali.
7. L’ACCIDIA. Apatia verso qualsiasi impegno che fa cadere nell’ozio e nell’inattività.
L’unica possibilità di equilibrio è a livello soprannaturale, poiché Dio ha detto che se vogliamo:
Esistere. Crescere. Realizzarci. Guarire. Essere felici.Non esistono altre regole se non i 'Dieci Comandamenti'. Dieci regole che si riassumono in una sola regola che è: l’Amore.          Ebbene, abbiamo visto cos’è il disordine, ora dobbiamo comprendere cos’è il peccato. Il peccato è per così dire, il rifiuto di seguire il proprio bene, è una condotta riprovevole e illecita che contrasta con i principi morali. Principi che sono impressi nella coscienza morale di ogni persona che però va rettamente formata e resa veritiera.          Il concetto di peccato oggigiorno, sotto la pressione del relativismo morale e di un’etica laicista, si è praticamente dissolto. L’etica religiosa, poggiante sulla parola di Dio e sulle beatitudini, la si considera come un impedimento a raggiungere il piacere fisico, il successo, l’avere per possedere. Così l’unica e importante realtà della vita, il principio e il fine dell’esistenza, è l’Io. Di conseguenza si sono radicati e sparsi in ogni dove; egoismo, cattiveria, soprusi, ingiustizia, male e infelicità. Mali che hanno soppiantato i sentimenti dell’anima che erano: amore, bene, comprensione, carità; fonte di felicità e sviluppo interiore.          Il peccato, nella Bibbia, è strettamente legato alla legge di Dio, ed è quindi un atteggiamento di disubbidienza se non di trasgressione che nasce dal cuore dell’uomo. Non solo è una trasgressione di ordine morale, ma l’interruzione del rapporto personale con Dio, perché c’è il tradimento della fiducia che Lui ha risposto in noi.          Nel 1822, Dio ha concesso al Santo Curato d’Ars di avere una chiara visione delle sue miserie. Ne fu talmente spaventato che pregò l’Onnipotente di diffondere una luce meno viva sulla sua anima, per paura di avere pensieri di disperazione. Un giorno dirà al barone Belvey: «Non chiedete a Dio la conoscenza completa della vostra miseria, io l’ho chiesta una volta e l’ho ottenuta, se Dio non mi avesse sostenuto, in quel momento stesso sarei precipitato nella disperazione».          Ecco perché recuperare la percezione del peccato non è un lusso da concedere all’intelletto per una speculazione del pensiero, ma un’esigenza essenziale per recuperare la via del vero bene e correre pentiti, come il figliol prodigo, incontro al Padre. Questo splendido itinerario si può percorre dopo un umile atto di coscienza, un sincero pentimento e conseguente riconciliazione, necessari per acquisire quella veste monda che dona gioia perfetta.
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