Contro il rischio di un affievolimento della consapevolezza della vocazione laicale cristiana, i cattolici possono tornare protagonisti. I cattolici che si richiamano alla dottrina sociale della Chiesa non debbono sentirsi figli di un dio minore.
del 22 settembre 2011
 
 
          «I cattolici che si richiamano alla dottrina sociale della Chiesa non debbono sentirsi figli di un dio minore, né tantomeno nutrire alcun complesso di inferiorità nella società di oggi. Anzi, ho maturato la convinzione che, tra le molte filosofie politiche e sociali, la dottrina sociale resti all’avanguardia e rappresenti forse la dottrina pubblica più adeguata alla modernità, perché non è un’ideologia, ma un insegnamento fondato sulla realtà delle cose».
          Vittorio Possenti, docente di Filosofia politica presso l’università di Venezia, ha dedicato molti dei suoi numerosi studi al pensiero politico dei cattolici e ai suoi maggiori protagonisti. E, oggi, di fronte alla crisi generale del nostro Paese, punta il dito non certo sulla dottrina sociale che, spiega, «viene da lontano e può ancora portaci lontano»; ma piuttosto sulla mancanza di «co­raggiosi e decisi attuatori» all’interno del laicato cattolico, dove si è preferito, per lunghi anni, dedicarsi alle attività assistenziali e «parrocchiali»: attività meritevoli, ma che hanno comportato «una sorta di disimpegno dalle specifiche responsabilità nel mondo profes­sionale, sociale, economico, culturale e politico, con rischi di separazione tra fede e vita».
          Sull’attualità della dottrina so­ciale della Chiesa, aggiunge il professor Possenti che terrà la re­lazione introduttiva al Festival di Verona, ci si potrebbe dilungare moltissimo. I fondamenti della dottrina sociale, «la persona, il bene comune, la destinazione universale dei beni, la sussidiarietà, la partecipazione, la solidarietà », sono infatti quanto mai attuali in un mondo dominato, a tutti i livelli, «dall’ideologia dell’utilitarismo e del 'finanziarismo', che sta trasformando le relazioni sociali in relazioni utilitarie dominate dal denaro».          La dottrina sociale della Chiesa, incalza Possenti, «non è un corpus che possa essere rinchiuso in qualche scaffale accademico: è un’ispirazione per l’agire concreto. Essa si indi­rizza in modo privilegiato ai laici perché la meditino, la pratichino e offrano elementi per un suo aggiornamento. Senza l’ascolto del Vangelo e la pratica della dottrina sociale si impoverisce la comunità ecclesiale che rischia di ripiegarsi e non com­prendere il mondo di oggi».          Siamo di fronte, insomma, a «un vero e proprio affievolimento della consapevolezza della vocazione laicale cristiana: gruppi e associazioni rischiano di diventare autoreferen­ziali e di assolutizzare la propria esperienza». Le radici di questo fenomeno affondano nella storia degli ultimi decenni. Secondo Possenti «la cultura della diaspora, diffusa tra i politici e l’elettorato cattolici ha con­dotto a una mentalità minoritaria dei cattolici e alla riduzione della loro ca­pacità propositiva e riformatrice. La stessa cultura ha finito per avallare l’idea che l’unità fosse un disvalore e un’anomalia da superare». E aggiunge: «Questa situazione, insieme a leggi elettorali che penalizzano pesantemente il baricentro del sistema politico, ha condotto alla scarsa rilevanza politica dei cattolici, nonostante il cattolicesimo italiano rappresenti la più importante e duratura rete sociale del Paese».           Non sarà dunque facile per i cattolici tornare a essere protagonisti. Occorrerà tempo, dedizione, impegno, studio, intelligenza e «spirito di unità», superando i troppi particolarismi che caratterizzano oggi la comunità laicale. Ma Possenti invita a non essere pessimisti: «Il futuro è un ventaglio di possibilità aperte, e dunque che tanto nella po­litica come nella vita nulla è mai definitivo e le salite sono fatte per essere superate. E’ anche nostro compito rimettere in movimento un Paese sfiduciato, ridando spinta a tanti tentati dalle passioni tri­sti del disincanto, dell’indifferenza, della delusione, del 'proprio particulare' ».Giovanni Grasso
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