Di motivi per non restare più nella chiesa ce ne sono oggi molti e contraddittori ma è la chiesa che, nonostante tutte le debolezze umane in essa esistenti, ci dà Gesù Cristo; soltanto per mezzo suo io posso riceverlo come una realtà viva e potente, che mi arricchisce e insieme mi pone dei doveri. (di J. Ratzinger)
del 06 novembre 2006
 
Di motivi per non restare più nella chiesa ce ne sono oggi molti e contraddittori. Ai nostri giorni sono tentati di volgerle le spalle non soltanto coloro, ai quali la sua fede è diventata estranea ed incomprensibile, ai quali essa appare troppo retrograda e troppo medievale, troppo ostile al mondo e alla vita, ma anche coloro che amarono un tempo la forma storica della chiesa, la sua liturgia, la sua indipendenza dalle mode del momento, il riflesso dell’eterno visibile sul suo volto. Questi hanno l’impressione che essa stia per vendersi alla moda del tempo, per tradire la sua vera natura e quindi per perdere la propria anima: sono delusi come un amante tradito nel suo più grande amore e meditano perciò di allontanarsi da essa.
Viceversa ci sono molti motivi contraddittori anche per rimanere nella chiesa: in essa restano non soltanto quelli che credono fermamente alla sua missione o che non vogliono abbandonare una antica e cara consuetudine (anche se ne fanno poco uso), ma anche e specialmente coloro che rifiutano tutta la sua realtà storica e che respingono accanitamente il contenuto che i suoi ministri cercano di darle e conservarle. Pur volendo eliminare ciò che la chiesa fu ed è, costoro non intendono uscire da essa, perchè sperano di trasformarla in ciò che a loro avviso dovrebbe diventare.
Da ciò risulta per la chiesa una confusione davvero babelica, nella quale non soltanto le opinioni pro e contro si intrecciano nella maniera più singolare, ma sembra addirittura impossibile raggiungere ancora una intesa. La sfiducia aumenta soprattutto perchè la permanenza nella chiesa non ha più il carattere chiaro e inequivocabile di un tempo e nessuno più si sente di avere fiducia della sincerità dell’altro. Nel 1921 Romano Guardini faceva una constatazione piena di speranza: è incominciato un processo di grande portata: la chiesa si ridesta nelle anime. Oggi sembra vero il contrario: è in corso un processo di grande portata: la chiesa si spegne nelle anime e si disgrega nelle comunità. Resta così abbozzato nelle sue grandi linee lo sfondo nel quale va oggi inserita la domanda: perchè io rimango ancora nella chiesa.
Dietro a tutto ciò, si profila il problema centrale della questione: la crisi della fede. A motivo del suo aspetto sociologico, la chiesa si protende molto al di là della cerchia dei fedeli veri e propri; questa mancanza di verità, ormai istituzionalizzata, la aliena profondamente nella sua vera natura: la pubblicità derivata da concilio e la prospettiva di un possibile accostamento tra fede e non fede, che si volle vedere nei suoi documenti ha radicalizzato al massimo questa alienazione. Molte volte il concilio fu applaudito anche da coloro che non avevano nessuna intenzione di diventare credenti nel senso della tradizione cristiana, ma che salutarono questo ‘progresso’ della chiesa come una conferma delle proprie scelte e delle vie da essi percorse. Nello stesso tempo anche all’interno della chiesa la fede è entrata in una movimentata fase di fermento.
Prima era inconcepibile, oggi è una cosa normale che delle persone, le quali da tempo hanno abbandonato la fede della chiesa, si considerino ancora in coscienza cristiani veramente progressisti. Secondo costoro, l’unico criterio per giudicare la chiesa è la sua efficienza. Rimane naturalmente da stabilire quale sia la vera efficienza e per quali scopi la si debba usare. Per criticare la società, per aiutare i paesi in via di sviluppo, per fomentare la rivoluzione? Oppure per solennizzare le feste locali? In tutti i casi occorre ricominciare da capo, perchè inizialmente la chiesa non era stata concepita per questo ed effettivamente nella sua forma attuale non è adatta a questi scopi. E così aumenta il disagio sia nei credenti che nei non credenti. Il diritto di cittadinanza che l’incredulità ha acquistato nella chiesa rende la situazione sempre più insopportabile sia per gli uni che per gli altri. Specialmente tragico è il fatto che tutto ciò abbia posto il programma di riforma in una ambiguità veramente singolare e per molti irrimediabile.
Stando così le cose, sia ha l’impressione che la chiesa non sia più il segno che invita alla fede, ma addirittura ostacolo principale alla sua accettazione.
Sembra che la vera teologia possa consistere soltanto nel togliere alla chiesa i suoi predicati teologici, nel considerarla e trattarla in modo puramente politico. Non si guarda più a essa come a una realtà di fede, ma come ad una organizzazione di credenti, puramente casuale anche se forse necessaria e comunque da modificare il più presto possibile secondo i più moderni criteri della sociologia. “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, è questo lo slogan che dopo tante delusioni si preferisce adottare nei confronti delle realtà ecclesiastiche. Il principio sacramentale non sembra più sufficientemente chiaro; soltanto il controllo democratico appare degno di fede, in fondo anche lo Spirito Santo è un po’ troppo inafferrabile.
 
PERCHE’ SONO ANCORA NELLA CHIESA
Dopo la traduzione della liturgia della messa, avvenuta in seguito all’ultima riforma, recitando il testo prescritto incontravo ogni volta una difficoltà, che mi sembra chiarire ulteriormente l’argomento di cui ci stiamo occupando. Nella traduzione del Suscipiat si dice: “Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio…per il bene nostro e di tutta la sua santa chiesa”. Io ero sempre tentato di dire “e di tutta la nostra santa chiesa”. Ricompare qui tutto il nostro problema e il cambiamento operatori in questo ultimo periodo. Al posto della sua chiesa è subentrata la nostra, e con essa le molte chiese; ognuno ha la sua. Le chiese sono diventate imprese nostre, di cui ci vantiamo oppure ci vergognamo, piccole e innumerevoli proprietà private disposte una accanto all’altra, chiese soltanto nostre, nostra opera e proprietà, che noi conserviamo o trasformiamo a piacimento. Dietro alla “nostra chiesa” o anche alla “vostra chiesa” è scomparsa la “sua chiesa”. Ma è proprio e soltanto questa che interessa; se essa non esiste più, anche la ‘nostra’ deve abdicare. Se fosse soltanto la nostra, la chiesa sarebbe un superfluo gioco da bambini.
Nelle considerazioni precedenti è già implicita la risposta all’interrogativo che ci siamo posto all’inizio: io sono nella chiesa perchè credo che, oggi come prima e indipendentemente da noi, dietro alla ‘nostra chiesa’ vive la ‘sua chiesa’ e che io non posso stare vicino a lui se non rimanendo nella sua chiesa. Io sono ancora nella chiesa perchè, nonostante tutto, credo che essa non è assolutamente nostra, ma ‘sua’.
In termini molto concreti: è la chiesa che, nonostante tutte le debolezze umane in essa esistenti, ci dà Gesù Cristo; soltanto per mezzo suo io posso riceverlo come una realtà viva e potente, che mi arricchisce e insieme mi pone dei doveri. Coloro che accettano ancora Gesù pur rifiutando la chiesa, non sanno che in ultima analisi è da questa che essi ricevono Cristo? Gesù è per noi una persona viva; eppure senza la continuità visibile della sua chiesa, sotto quale cumulo di sabbia non sarebbero stati sepolti non soltanto il suo nome e il suo ricordo, ma anche la sua influenza vitale, l’efficacia del vangelo e della fede nella sua persona divina? Senza la chiesa Cristo dovrebbe darsi alla fuga, disgregarsi, scomparire. E che cosa sarebbe l’umanità se le si togliesse Cristo?
A fondamento di qualsiasi altra considerazione dobbiamo porre questa verità molto elementare: qualunque sia o sia stato il grado di infedeltà della chiesa, per quanto sia vero che essa abbia continuamente bisogno di misurarsi e confrontarsi con Cristo, fra Gesù e la chiesa non c’è alcun contrasto decisivo. E’ per mezzo della chiesa che egli, superando le distanze della storia, ci parla oggi direttamente e rimane in mezzo a noi come nostro maestro e Signore, come fratello che ci rende fratelli. Donando a noi Cristo, rendendolo vivo e presente in mezzo a noi, rigenerandolo continuamente nella fede e nella preghiera degli uomini, la chiesa dà all’umanità la luce, un sostegno e un conforto tali, che senza di essi il mondo non sarebbe più concepibile. Chi desidera la presenza di Cristo in mezzo all’umanità, la può trovare soltanto nella chiesa, mai contro di essa.
(da J. Ratzinger, Perchè sono ancora nella chiesa)
 
card. Joseph Ratzinger
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