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Piccole grandi storie

Chi è Rodrigo Possebon? Il nome, che un po' somiglia a quelli dei vecchi romanzi di cappa e spada, in effetti non trae in inganno. Rodrigo Possebon si presenta con i tratti eleganti del “giovin signore” d'altri tempi. Il vago stupore aumenta guardando alla carriera già compiuta dall'atleta...


Piccole grandi storie

 

          Chi è Rodrigo Possebon? Il nome, che un po’ somiglia a quelli dei vecchi romanzi di cappa e spada, in effetti non trae in inganno. Rodrigo Possebon si presenta con i tratti eleganti del “giovin signore” d’altri tempi: longilineo, elegante, misurato, attento alle parole che pronuncia nel suo delizioso portoghese. Tutta questa descrizione ne avvicina l’immagine più a un avvocato o a un manager rampante che a un atleta e, se proprio di sport dobbiamo parlare, più a un tennista fresco reduce da un torneo del Grande Slam, o a un pilota di Formula Uno, che a un calciatore.

          Ma per fortuna la vita è varia, e sempre ricca di sorprese, perché l’identikit professionale completo del giovanotto recita “Rodrigo Pereira Possebon, 23 anni, brasiliano di Sapucaia do Sul, professione calciatore, ruolo centrocampista di regia, attualmente in forza al Vicenza Calcio, serie B italiana”. Il vago stupore aumenta guardando alla carriera già compiuta dall’atleta, che accetta di scendere in campo contro Nocerina e Juve Stabia dopo avere giocato nel Manchester United diciannove volte campione d’Inghilterra e tre d’Europa, e nel Santos, noto non solo in Brasile per essere stata la squadra di un certo Pelè. Uno può anche malignare su un brutale infortunio al ginocchio occorsogli tre anni fa in una partita di coppa inglese contro il Middlesbrough, o su un’infelice parentesi portoghese con la maglia del Braga, squadra con cui non è mai sceso in campo a causa dei pessimi rapporti con l’allenatore. E può anche aggiungere che c’è di mezzo il desiderio (realizzato) di essere naturalizzato italiano, ma deve poi convenire che non è da tutti accettare un declassamento del genere, spiegato con queste parole: “Ci tenevo a giocare in Italia, ma in particolare nella terra dei miei avi, che è il Veneto”.

Quelle piazze trevigiane dove giocava il bisnonno

          Possebon deriva infatti da Pozzobon, cognome frequente dalle parti del Nordest, compreso un piccolo paese che si chiama Giavera del Montello, in provincia di Treviso, da cui il bisnonno di Rodrigo partì ai primi del ‘900 in cerca di fortuna, imbarcato su una delle navi i cui viaggi dall’Italia all’America hanno fatto la storia della grande emigrazione italiana. Prematuro dire se il brasiliano Possebon, il cui portamento da regista di centrocampo ricorda un grande connazionale come Falcao, farà la fortuna del Vicenza Calcio a un punto tale da riportare su di lui attenzioni importanti, magari dello stesso Manchester United, dove l’allenatore Alex Ferguson pare conservi ottimi ricordi di lui. Ma quanto successo con la sua comparsa nel nostro campionato di serie B già basta a farne il protagonista di una storia fuori dai normali canoni dei giocatori sempre con il telefonino in mano, capaci solo di corteggiare veline, e spendere fortune in automobili. Nulla a che vedere con l’immagine di un giovane “tornato” dal Brasile per giocare dalle parti di quei paesini veneti dove magari il suo bisnonno rincorreva un pallone assieme agli amici nella piazza del paese, o sul campetto dell’oratorio, fantasticando di campioni appartenenti all’epoca dei Combi, dei Biavati, dei Meazza, degli Orsi e di altri miti di un’Italia perduta. Ecco, se vogliamo andare a fondo del “caso”, il giovane Rodrigo suscita riconoscenza per il semplice motivo di riannodare fili di memoria sempre più preziosi, in un presente fagocitato da una perenne e spesso incomprensibile “attualità”.

Chiamato dal ct Prandelli grazie alla sua onestà

          Sarà allora bello vedere Possebon incrociare sul campo il difensore trentenne Simone Farina, il giorno di un Gubbio-Vicenza prevista nel calendario di ritorno della serie B. Si tratta di quel calciatore la cui notorietà era così bassa, fino a pochi mesi fa, da non superare per milioni di italiani il limite di una “figurina” buona come tante a completare un album. A nient’altro faceva pensare un curriculum che, dopo una lunga trafila nelle giovanili della Roma, mette in fila squadre come Catania, Cittadella, Gualdo, Celano, e per l’appunto Gubbio, dove Simone gioca dal 2007. In tutto fanno poco più di duecento presenze, segnate da appena cinque gol. Eppure proprio questo simpatico ragazzo dalla bionda criniera, il cui stipendio mensile rivaleggia con quanto colleghi come Ibrahimovic o Sneijder guadagnano in un giorno, ad avere dato al sistema perverso di Calciopoli una delle scosse più potenti degli ultimi anni.

          Sono le origini calcistiche trascorse nella Roma a far sì che un bel giorno, dopo anni in cui non si sono più sentiti, gli telefoni Alessandro Zamperini, suo compagno in giallorosso di allora. Oggetto della chiamata i duecentomila euro offerti da Zamperini, finito a giocare addirittura in Lettonia, per convincere Simone a truccare la partita di Coppa Italia Cesena-Gubbio. Una cifra che impressiona se si pensa all’insignificanza del match, e di conseguenza alle quantità di soldi puntati, a Milano come a Singapore, su qualsiasi evento sportivo si svolga in un mondo globalizzatosi anche per quanto riguarda scommesse e gioco d’azzardo. Ma il colpo di scena è in agguato: il difensore del Gubbio non solo rifiuta un’offerta così esorbitante, ma va a denunciare l’accaduto, dando un contributo decisivo all’inchiesta Last Bet, avviata dalla procura di Cremona indagando su decine di partite sospette il cui risultato è concordato fra giocatori e faccendieri del più vario calibro. Ne consegue che Farina viene invitato dal ct Cesare Prandelli a un raduno della Nazionale azzurra, e diventa ospite d’onore alla cerimonia del Pallone d’Oro Fifa, dove gli viene consegnato un apposito gagliardetto da parte del presidente Joseph Blatter.

Ricordiamoci anche di un certo Pisacane

          La storia di Farina ha aiutato a far conoscere quella di un suo collega ancora meno noto, Fabio Pisacane, 26 anni, da Napoli, difensore della Ternana in Lega Pro (ex serie C), presentatosi alla magistratura per denunciare un tentativo di corruzione fatto nei suoi confronti all’epoca in cui militava nel Lumezzane, allo scopo di alterare la partita di campionato fra la sua squadra di allora e il Ravenna.

          È bello pensare che il giocatore è omonimo del famoso Carlo Pisacane, patriota italiano ucciso dai borboni nel 1857, alla fine di un fallito tentativo di ribellione dell’Italia meridionale immortalato dalla poesia “La spigolatrice di Sapri”. Anche Fabio, come il suo collega Possebon da Sapucaia do Sul, porta nel nome un pezzo di una nostra Storia i cui fili e capitoli possiamo leggere e riscoprire ovunque: nei libri di scuola come nei campi da calcio.

 

 

Stefano Ferrio

 

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