Ai lettori salesiani.
del 06 dicembre 2006
Due sensi di sorpresa si desteranno nell'animo dei lettori alla vista di questo nuovo volume delle Memorie biografiche del Beato Don Bosco: non si sapranno spiegare come il volume undecimo compaia prima del decimo, nè come mai dopo tanto attendere esso sia al confronto dei fratelli maggiori così striminzito. Dirò subito che il volume decimo è in viaggio, nè tarderà troppo ad arrivare; d'altro canto l'undecimo la talmente parte per se stesso, che si può leggere benissimo indipendentemente dall'intermedio. Quanto alla mole, ecco. Se mi fossi spinto con la narrazione oltre l'anno 1875, la materia per necessità di cose sarebbe dovuta essere sì soverchiante, da richiedere un volumone senza precedenti. Allora mi sono detto: - Perchè alla voluminosità sacrificare la comodità? E poi, perchè, anzichè a fare un volume, non sarebbe meglio pensar a fare un libro? - Pazientino dunque i lettori, vadano fino in fondo, e là soltanto giudichino Pro o contro, non subito qui in limine.
Dopo questo doveroso preambolo è giusto che io renda conto dei criteri che mi hanno guidato nell'ardua fatica: ardua anche, perchè piena di responsabilità dinanzi ai presenti e dinanzi agli avvenire. Io sento ora il peso di tanta responsabilità molto più che non quando il veneratissimo Rettor Maggiore Don Filippo Rinaldi mi chiamò a sobbarcarmici e guardavo solo da lungi il compito che mi veniva affidato.
Anzitutto ho rinunziato a ogni velleità d'inquadrare la vita del Beato nella cornice dei tempi che furono suoi. Quei tempi non si può ancor dire che siano definitivamente chiusi, dal momento mento che è tuttora in corso lo svolgersi di fatti, in cui Egli ebbe parte. Per ponderare la sua opera e per valutare i suoi influssi nella loro totalità, per guardarne insomma la colossale figura nello sfondo suo adeguato, bisogna che il riguardante si faccia indietro indietro nel futuro, finchè l'angolo visuale sia raggiunto. Mi si consenta di citare un insigne scrittore di cose storiche, il quale dice su per giù al nostro proposito: “Les historiens, qui jugent une époque à distance, la représentent par son caractère le plus general; ils n'en font ressortir que les traits dominants, et, sacrifiant tout le reste, ils tracent des tableaux dont la précision et la simplicité séduisent l'esprit”.
In secondo luogo procederò cronologicamente alla maniera di Don Lemoyne, il quale non per nulla intitolò il suo lavoro Memorie biografiche, quasi a dirci che la sua narrazione raccoglie e presenta i fatti della vita di Don Bosco passo passo, non solo d'anno in anno, ma quasi giorno per giorno; egli non intese nè punto nè poco a formare compatte sintesi storiche. Da lui mi scosterò soltanto in una cosa: anzichè spezzettare i diversi ordini di fatti e quasi con l'orologio alla mano assegnarne le parti ai singoli momenti, accostando in un medesimo capo particolarità artificiosamente congegnate fra loro, darò al metodo una maggior latitudine, sicchè ogni capo abbia la sua unità e quindi porti un suo titolo preciso. In altri termini io mi proporrò volta a volta uno spazio ben determinato: sarà un anno, sarà più d'un anno, secondochè parrà meglio dalla natura degli avvenimenti, e lì dentro assegnerò a ogni ordine di fatti un giro di narrazione che lo abbracci per intero o ne rappresenti una fase, dirò così, parzialmente completa.
Questo non significa già che, essendomi io, per esempio, in questo volume, ristretto all'anno 1875, il 10 gennaio del 1876 debba stroncare il racconto delle cose che ebbero il loro epilogo definitivo o la chiusa di un Periodo oltre quella data. Tagli così brutali Non homines, non di, non concessere columnae.
Non mi sono dunque interdetta qualche puntarella pi√π innanzi, quando il buon senso la consigliasse.
In terzo luogo mi son fatta una legge di rispettare, tutte le parole vive di Don Bosco, riferendole in modo opportuno e nella forma in cui ci furono trasmesse. Il Rettor Maggiore ha creduto di fare un bel regalo alle Ispettorie Salesiane, donando a ciascuna, ben chiuso in fialette trasparenti, un tantino del cervello di Don Bosco. Orbene le parole da lui dette o scritte sono provvidi ricettacoli di pensieri e di immagini, che l'attività di quel cervello Produsse. Delle due specie di reliquie non si saprebbe definire quale la vinca in pregio.
Finalmente non perderò di vista a chi e a che debbano queste pagine servire. Esse vanno ai Salesiani, e si sa bene che in famiglia si dicono tante cose che agli estranei o non fanno nè caldo nè freddo o non è punto conveniente di dire. Esse vanno a lettori, la massima parte dei quali aspetta un'esposizione della vita di Don Bosco, la cui lettura non esiga particolari sforzi di mente nè tanto meno specifiche preparazioni di studi: generalmente si vuol sapere che cosa abbia detto o fatto il Beato Fondatore per assimilarsene lo spirito. Perciò è stata mia cura di dir le cose con decoro e con veracità, sì, ma senza preoccupazioni di forma e senza rigidezze di metodo, pago di essere inteso da tutti e non frainteso da nessuno.
Per non intralciare poi la lettura, ho relegato in appendice una serie di documenti che, sebbene non necessari, giovano però nella massima parte a una più particolareggiata illustrazione del testo. Ivi pure han trovato luogo conveniente quelle poche lettere del Servo di Dio, alle quali il racconto non offriva addentellato alcuno, ma che i nostri lettori amano certamente di conoscere. Questa parte soddisferà coloro che amassero andare più a fondo.
Mi parrebbe di accingermi men bene alla impostami fatica, se non sciogliessi prima un inno di riconoscenza alla memoria di Don Giovanni Battista Lemoyne e di Don Gioachino Berto, ai quali la Congregazione va debitrice di quasi tutto il materiale documentario salvato nei nostri archivi. Essi, infatti, appassionati ricercatori e gelosi conservatori delle memorie paterne, nulla tralasciarono per assicurarci il possesso di quanto fosse reperibile intorno alla persona e all'attività del Beato Don Bosco.
Questa prefazione è stata stesa proprio nel faustissimo giorno segnato qui sotto dalla data, perchè solo alla vigilia fu terminato il capo venticinquesimo. La circostanza impreveduta ha procurato anche a me il mio senso di sorpresa. Sia tale coincidenza di lieto augurio, come è certamente per me causa di intima gioia il poter contribuire così pro modulo meo a onorare il caro Beato nella prima sua lesta liturgica.
Torino, 26 Aprile 1930.
Sac. EUGENIO CERIA
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