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Premessa.

Ecco, dissi fra me, ecco un lato di Don Bosco, che, non messo forse finora abbastanza in luce, meriterebbe di venire illustrato con qualche cura nell'anno della sua probabilissima beatificazione.


Premessa.

da Don Bosco

del 14 dicembre 2011

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L'idea di questo lavoro mi venne a Frascati nel 1929, anno della beatificazione di Don Bosco. Mi nacque leggendo l'annuale relazione, che il reverendissimo Don Filippo Rinaldi, terzo successore di Don Bosco, aveva inviata in gennaio ai Cooperatori e alle Cooperatrici dei Salesiani. Chiudeva egli la sua lettera ricordando come, cent'anni innanzi, il nostro buon Padre, non ancora quattordicenne, facendo da umile e laborioso garzone di campagna presso una famiglia di agiati agricoltori, non trascurasse, benché così giovane, l'apostolato fra i coetanei, ma soprattutto attendesse alla preghiera, e che così lavorando e pregando trascorse quasi un biennio.

Mi rammentai allora in buon punto che il benedettino Don Chautard nel suo notissimo libro L'âme de tout apostolat annovera Don Bosco fra quei sacerdoti e religiosi moderni, i quali, dediti a vita intensamente attiva, promossero assai il bene delle anime sol perché furono insieme uomini di profonda vita interiore. Ricordava pure come monsignor Virili, postulatore nella causa del beato Cafasso, testimoniando in quella di Don Bosco, avesse dichiarato di reputare Don Bosco un santo, non solo per le opere fatte, ma anche per il suo spirito di preghiera e di raccoglimento nel Signore.

Ecco, dissi fra me, ecco un lato di Don Bosco, che, non messo forse finora abbastanza in luce, meriterebbe di venire illustrato con qualche cura nell'anno della sua probabilissima beatificazione.

Rapiti dalla vista dei prodigi della sua multiforme attività, i contemporanei ne ammirarono i trionfi senza quasi por mente che era omnis gloria eius ab intus. Anche la generazione venuta su dopo la sua morte ha guardato di preferenza alle opere di Don Bosco, studiandone le forme e gli sviluppi senza darsi guari pensiero di scrutarne a fondo il principio animatore, quello che ha costituito sempre il gran segreto dei Santi: lo spirito di preghiera e di unione con Dio.

No, non s'illuda di comprendere Don Bosco chiunque non sappia quanto egli fosse uomo di orazione; frutto ben scarso ritrarrebbe dalla sua mirabile vita, chi corresse troppo dietro ai fatti biografici, senza penetrarne a dovere i movimenti intimi e abituali.

Sollevare un lembo di questo velo mi parve allora cosa di somma edificazione e fors'anche il miglior contributo alla glorificazione del novello Beato; il velo intendo di una vita, che in apparenza si svolgeva come altre consimili, ma che in realtà nascondeva tesori di grazie e di doni soprannaturali. Si può ripetere di Don Bosco il già detto di altri, ch'egli somigliava all'Ostia santa: fuori apparenza di pane, e dentro, Gesù Cristo.

Nota: Il Papa Pio XI nel discorso per il decreto sull'eroicità delle virtù di Don Bosco diceva d'aver ammirato personalmente in lui «l'immensa umiltà», notando com'egli «il suscitatore di tutto» si aggirasse per casa «come l'ultimo venuto, come l'ultimo degli ospiti». Fine nota.

A tali riflessi, mi sarei ben potuto schermire dietro al comodo, per quanto non mendicato pretesto della mia insufficienza; ma volli tentar la prova, tanto più che sapevo di ottemperare, così facendo, al Rettor Maggiore Don Filippo Rinaldi. Nei ritagli dunque di tempo lasciatimi liberi dalle occupazioni mi diedi attorno a riandare con affetto di figlio esempi e insegnamenti del Padre, fissandomi su ogni particolarità che mi sembrasse degna di menzione circa la sua vita di unione con Dio.

Per tal guisa mi si adunò adagio adagio un materiale sufficiente e sicuro per la compilazione di quest'operetta, che con umiltà e gioia deposi ai piedi del nostro caro Beato, non senza far voti che altri con maggior freschezza d'anima, con miglior competenza e perizia della mia, si rifacesse sull'argomento e ci regalasse un capolavoro. Il tema lo merita certamente.

Il libro incontrò qualche favore, giacché se ne fecero due ristampe e alcune traduzioni. Ora per obbedire ad un altro successore di S. Giovanni Bosco l'ho ripreso in mano, introducendovi qua e là aggiunte e modificazioni, in modo però da non alterare la forma primitiva.

Le fonti, a cui ho attinto, sono generalmente le Memorie biografiche largamente note; la Vita scritta da Don Lemoyne in due volumi; gli atti dei processi canonici, e documenti d'archivio. Tanto mi premeva di avvertire, perché i lettori fossero rassicurati intorno all'attendibilità delle cose esposte, senza bisogno di tante citazioni. Ogni volta che mi è avvenuto di ricorrere ad altre fonti, l'ho dichiarato in nota.

Riguardo al titolo, è parso conveniente conservare quello di prima; il che in nulla detrae alla grandezza di Colui, il quale sotto il semplice appellativo di Don Bosco operò tante meraviglie e quelle meraviglie tuttora richiama nell'età prossima alla sua. La pensava pure così Pio XI, che nell'udienza accordata in S. Pietro il 3 aprile a tutti i pellegrinaggi organizzati dai Salesiani per la canonizzazione, dopo aver accennato alle categorie svariatissime di cui si compone la grande famiglia di Don Bosco, si corresse dicendo «di San Giovanni Bosco», ma per soggiungere tosto che il mondo avrebbe continuato a chiamarlo Don Bosco.

«E sarà bene, continuò, perché è come ripetere il suo nome di guerra, di quella guerra benefica, una di quelle guerre che si direbbe la divina Provvidenza voglia concedere di tanto in tanto alla povera umanità, quasi a compenso delle altre guerre non affatto benefiche, ma così dolorose e seminatrici di dolori».

Questa edizione esce con cinque nuovi capi e con ritocchi vari e qualche aggiunta qua e là. È stata anche soppressa la triplice divisione precedente.

Un mattino di agosto del 1887 nel collegio di Lanzo Torinese, lo scrivente, salendo lo scalone, giunto sul pianerottolo del primo piano, si trovò come per incanto a un passo da Don Bosco, fermo là in atto di attendere qualcuno. Lietissimo dell'incontro, gli baciò con affettuoso trasporto la mano. Don Bosco gli chiese il nome. Uditolo, fece un - Oh! di grata sorpresa; indi proseguì: - Sono contento - Ambe le orecchie stavano tese in ansiosa aspettazione; ma non finì la frase, perché sopravvenne il qualcuno e lo rapì. Al termine di questa umile fatica, quanto sarebbe giocondo riudire dal labbro del Padre amato quelle due parolette, ma con senso compiuto! In ogni modo, Egli sa il motivo e il movente del lavoro; Egli sa il buon volere. Benedica Egli allo sforzo e lo renda non del tutto infruttuoso.

 

Sac. Eugenio Ceria.

Torino, 31 gennaio festa di S. Giov. Bosco, 1946.

 

Eugenio Ceria

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