Le conclusioni sono fuorvianti perché cercano di nascondere la realtà, accreditando una delle parole d'ordine del movimento gay: gli omosessuali non hanno una maggiore inclinazione alle molestie rispetto agli eterosessuali.
del 30 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
            «I casi di abuso dei minori da parte di preti hanno poco a che vedere con la pedofilia, molto di più con l’omosessualità». E’ quanto afferma lo psicoterapeuta olandese Gerard van den Aardweg, rileggendo criticamente i dati delle ricerche compiute per conto della Conferenza Episcopale statunitense dal John Jay College of Criminal Justice. Van den Aardweg è autore di numerosi studi sull’omosessualità, in italiano è stato pubblicato dalla editrice Ares un suo volume, “Omosessualità e speranza”.            Professor van den Aardweg, lo studio del John Jay College offre spunti interessanti per comprendere il problema degli abusi sui minori da parte dei preti. In particolare mostra come la maggior parte degli abusi non hanno niente a che vedere con la pedofilia.            Ci sono due rapporti distinti del John Jay College (JJR), Il primo rapporto (JJR 1), del 2004, presenta statistiche sulle accuse di molestie a minori attribuite a sacerdoti e diaconi tra il 1950 e il 2002. Il secondo rapporto (JJR 2), del 2011 era mirato ad analizzare la personalità dei presunti molestatori e le circostanze esterne che potrebbero averne favorito la condotta, prendendo in esame il periodo dagli anni ’60 fino al 1985, quando le accuse di abusi sono già in diminuzione.            Spesso però si dimentica che tutti i dati contenuti nei JJR sono relativi perché non è mai stato verificato quante di queste accuse si sono poi rivelate vere o false. Se anche un 10% delle accuse fossero state smentite, i risultati della ricerca sarebbero tutti da rivedere.            Le statistiche sulla pedofilia erano già presenti nel primo rapporto, ma gli estensori non spesero troppe parole per dire che il principale problema non era la pedofilia. Nel secondo rapporto questa conclusione viene detta in modo molto più chiaro. Allo stesso tempo però sarebbe esagerato anche dire, al contrario, che la pedofilia non c’entra nulla con le accuse di molestie. Pedofilia significa contatti sessuali di adulti con bambini prima della pubertà, che in generale si assume arrivi attorno agli 11 anni.  Quali sono i dati principali contenuti nel JJR 1 riguardo al comportamento pedofilo dei preti?            Il 12% di tutti i casi tra il 1950 e il 2002 coinvolgeva bambini minori di 11 anni, cosa che viene quindi classificata come pedofilia omosessuale; il 6, 6% dei casi riguardava invece le bambine sotto gli 11 anni, quindi pedofilia eterosessuale. Vale a dire che in meno del 20% dei casi totali si trattava di pedofilia. Certo, se consideriamo che ci sono una percentuale di ragazzi fra gli 11 e i 14 anni che non hanno ancora raggiunto la pubertà, possiamo ipotizzare che anche una parte di questi casi sia da classificare come pedofilia, in ogni caso non si supererebbe il 30% dei casi totali. Ma questo è un calcolo teorico, e comunque anche in questo caso il principale problema non è la pedofilia.            Inoltre parliamo di “casi” di pedofilia, non di percentuali di preti pedofili. Infatti nel JJR 1 troviamo che il 3% dei preti accusati erano responsabili del 26% di tutti i casi denunciati tra il 1950 e il 2002. Curiosamente il rapporto non dice l’età e il sesso dei minori molestati da questo 3%. Ma anche se una parte di questi preti fosse pedofila, la percentuale dei preti pedofili tra quelli accusati di molestie è certamente molto al di sotto del 26%.            Per questo il JJR 2 ha dovuto ribadire che è sbagliato definire pedofili tutti i preti accusati di abuso dei minori. Se poi siano il 5 o il 10% o cos’altro, nessuno può dirlo, i due rapporti non lo hanno chiarito. Ma se il problema principale non è la pedofilia, qual è allora il problema nella sessualità della maggioranza dei preti coinvolti?            L’82% di tutte le presunte molestie consumate tra il 1950 e il 2002 aveva come vittime dei maschi: il 12% sotto gli 11 anni, come abbiamo visto, il restante 70% tra gli 11 e i 17 anni. Il che vuol dire che la grande maggioranza dei casi ha a che fare con l’«ordinaria» omosessualità. In generale i pedofili non si rivolgono a bambini dello stesso sesso, e certamente neanche gli eterosessuali. Inoltre, è innegabile che una rilevante parte di uomini con orientamento omosessuale sia attratta dagli adolescenti e preadolescenti. Secondo una ricerca, circa il 20% dei maschi omosessuali attivi preferisce adolescenti e preadolescenti, un altro 20% preferisce ragazzi nella tarda adolescenza e giovani adulti. Quindi circa il 40% di maschi omosessuali ha un’attrazione per gli adolescenti, che viene chiamata efebofilia.            Una buona notizia è che dagli anni ’80 il numero di casi denunciati di molestie ha iniziato a diminuire, il che sembra coincidere con le misure preventive prese nel 1981 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, allora guidata dal cardinale Ratzinger.            Sì, questo documento vaticano può avere aiutato, soprattutto se lo vediamo come parte di sforzi congiunti durante il pontificato di Giovanni Paolo II per mettere mano alla confusione morale e dottrinale causata dal dissenso nella Chiesa del post-Concilio, che senza dubbio è stato uno dei fattori più importanti nell’abbassare la resistenza di molti preti ai propri impulsi sessuali, omo o eterosessuali che fossero. Ma sicuramente ci sono stati altri fattori a giocare un ruolo in questa diminuzione di casi. Ad esempio, in alcuni paesi a causa dell’abbandono di tanti preti e religiosi, molte scuole e istituzioni educative hanno dovuto chiudere. La frequenza in chiesa dei ragazzi è diminuita drasticamente: in altre parole sono venuti meno quei luoghi dove alcuni preti con problemi potevano avvicinare i ragazzi.            Non dobbiamo però credere che sia calato allo stesso modo il comportamento omosessuale dei preti. Una visione più liberal riguardo al comportamento omosessuale era già penetrata in profondità nella Chiesa. E contemporaneamente molti giovani con orientamento omosessuale erano entrati nei seminari e diventati sacerdoti. Inoltre l'età dei partner sessuali di seminaristi e preti omosessuali si sposta in avanti man mano che il comportamento omosessuale viene sempre più apertamente tollerato e normalizzato.            Eppure il JJR 2 non tira le conclusioni. Anzi, sposta l’attenzione su una rigida educazione moralistica ricevuta in famiglia come causa di comportamenti scorretti, e comunque non rileva alcuna differenza sostanziale tra i preti accusati di abusi e gli altri sacerdoti. Come mai queste conclusioni, peraltro non suffragate da nessun dato oggettivo?            Sicuramente questa è una parte molto debole del rapporto, io credo per due motivi essenzialmente: il primo è che i ricercatori del John Jay College sono incompetenti quanto a investigazioni “psicologiche”. Secondo motivo, sicuramente più importante, è il tentativo di coprire l’evidente “impronta” omosessuale in tutta la faccenda: questo è un tabù che deve essere protetto. Per questo si è evitato di cercare e presentare i dati come una seria ricerca, non viziata da pregiudizi, dovrebbe fare: dividendo tutti i casi in categorie molto ben individuate: quelli che hanno abusato di maschi minori di 11 anni, quelli che hanno abusato di femmine sotto gli 11 anni, quelli che hanno abusato di maschi tra gli 11 e i 13 anni, le femmine della stessa età, e così via. In questo modo la verità emergerebbe con chiarezza.  Quindi le conclusioni del JJR 2 sono fuorvianti…            Lo sono perché cercano di nascondere la realtà, accreditando una delle parole d’ordine del movimento gay: gli omosessuali non hanno una maggiore inclinazione alle molestie rispetto agli eterosessuali. Così si arriva a fare contorsioni linguistiche per non dire ciò che appare evidente. Ad esempio il JJR 2 rifiuta con sdegno “la diffusa speculazione… che l’identità omosessuale è legata agli abusi… soprattutto a causa dell’alto numero di vittime di sesso maschile”. Speculazione? Quasi l’85% delle vittime sono adolescenti maschi e loro pensano di poter liquidare tranquillamente il fattore omosessuale? Questa è cecità voluta. Nessuno che abbia familiarità con il problema delle molestie subite da parte di insegnanti, in istituti, nelle famiglie adottive e così via, può dubitare delle motivazioni omosessuali che sono all’origine della maggioranza dei casi. Piuttosto è la conclusione del JJR 2 secondo cui i preti che abusano di minori non sono distinguibili dagli altri preti a essere pura fantasia. Questo vorrebbe dire che ci sarebbe stato qualche migliaio di normali preti eterosessuali che hanno cercato gratificazione sessuale con ragazzi invece che con ragazze. E’ una cosa priva di senso, chi può darvi credito?
Roberto Marchesini
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