Dio è al di fuori del tempo, che anche la liturgia trascende
Gesù non verrà adagiato in una mangiatoia questo 25 dicembre. Nel cielo non appariranno gli angeli. I pastori non lasceranno le proprie greggi su loro invito. Tutto ciò che è accaduto duemila anni fa non si ripeterà.
Le chiese, però, annunceranno che “oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo”. I sacerdoti dichiareranno solennemente che la lunga attesa è finita, e finalmente è avvenuta la beata nascita.
Sembrerà che stiamo recitando, fingendo che Gesù non sia nato, per poi fingere che si sia finalmente unito a noi. Ma non è una finzione. È una cosa reale. Ecco tre motivi.
In primo luogo, perché Dio è al di fuori dal tempo, ogni giorno per Lui è “oggi”.
A Natale Dio entra nel nostro mondo, scegliendo un tempo e un luogo.
“C’è una differenza tra Cristo e gli altri uomini, perché se questi sono nati soggetti alle restrizioni del tempo, Cristo come Signore e Creatore del tempo ha scelto un’epoca in cui nascere, come ha scelto una madre e un luogo di nascita”, ha affermato San Tommaso d’Aquino.
Dio, però, non è mai confinato a un luogo e a un tempo. È onnipresente – ovunque e in tutte le epoche contemporaneamente. Dalla sua prospettiva nell’eternità, Betlemme nell’anno 0, il Messico nel 1596 a.C. e Roma nel 2023 sono uguali. È consapevole di ciascuno in ognuna di queste epoche come è consapevole di ciascuno di noi che leggiamo questo testo.
Il Natale, quindi, non è semplicemente un anniversario, il ricordo di qualcosa accaduto nel passato e finito. È la celebrazione dell’ingresso di Dio nella nostra storia al momento giusto ma che non lascia mai il suo ora eterno.
“Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge”, ha affermato San Paolo. Possiamo entrare nella pienezza dei tempi con Lui proprio ora.
Ma lo facciamo il 25 dicembre perché dobbiamo stabilire un giorno per il Natale.
In base alla logica per la quale Dio è al di fuori del tempo, possiamo festeggiare il Natale in qualsiasi momento, ma la Chiesa saggiamente ha stabilito un giorno particolare per la Natività del Signore perché ne abbiamo bisogno.
Siamo fatti per l’eternità, ma non siamo ancora lì. Per ora dobbiamo incontrare Dio nell’unico contesto di riferimento che abbiamo: tempo e spazio. Non possiamo scandagliare tutto ciò che Dio è. Non ancora. Dobbiamo accettare i suoi misteri uno alla volta.
Dobbiamo ascoltare le profezie, incontrare Giovanni Battista, processare la notizia inaspettata con San Giuseppe, accendere candele, sentire la sua assenza e aspettare.
È così che un Dio che è al di fuori del tempo adatta il suo messaggio alle necessità del suo popolo legato al tempo.
Il terzo motivo per cui il Natale non è una finzione è che nella Chiesa Gesù arriverà davvero il 25 dicembre.
La Chiesa è il luogo in cui l’eternità incontra il tempo e i due si fondono. A Messa, e in ogni sacramento, Gesù è davvero presente. Padre Robert Spitzer usa l’immagine utile del tempo che “collassa”: “Dio trascende il tempo, e può prendere qualsiasi evento del futuro e del passato e farlo collassare in un evento nel presente”.
Questo Natale sentiremo come i pastori vennero radunati ad adorare Gesù Cristo dagli angeli che cantavano “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Quando poi arriveranno i Magi sentiremo come si inginocchiarono davanti a Lui e lo adorarono.
A Messa, però, ascolteremo proprio quelle parole, e poi incontreremo esattamente lo stesso Gesù Cristo avendo esattamente la stessa reazione. “Poiché Cristo stesso è presente nel Sacramento dell’altare, bisogna onorarlo con un culto di adorazione”, dice il Catechismo. L’Eucaristia riceve l’adorazione di latria, ovvero l’adorazione riservata solo a Dio, ricorda il Compendio del Catechismo.
E allora celebriamo la venuta di Gesù Cristo nel mondo.
Mettiamo insieme tutte queste verità e capirete che quando cantiamo “Venite adoriamo” non intendiamo che lo adoriamo in un presepe o ricordiamo qualche suo stato precedente – stiamo adorando il vero Bambino Gesù, realmente presente a Betlemme, in cielo e nel sacramento.
Articolo di: Tom Hoopes
Tratto da: it.aleteia.org
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