Quando penso alle svastiche, agli insulti razzisti, alla raccolta firme, il mio pensiero va a quelle due ‚Äòpiccole sorelle', al loro pulpito silenzioso... Ma anche al loro palpito. Abbiamo bisogno anche noi di riscoprire prima di tutto un “Vivo moto dell'animo dovuto a un forte sentimento”. Se no, vince la morte.
Ma cosa sta succedendo? Vivo in un piccolo paese e sulla scheda elettorale, per le prossime elezioni comunali, ci sarà anche una lista di nazionalsocialisti di estrema destra, (e mi dicono che su Facebook inneggiano a Hitler). Poco lontano dal mio paese sono già state raccolte oltre 1000 firme contro una piccolissima comunità Rom. Un’iniziativa disgustosa, promossa da Lega, Pdl e Fratelli d’Italia. ‘No al campo Rom’ (da notare che i Rom in questione saranno una decina circa!). Non si contestano reati. Si fa leva sulla rabbia. Si parla alla pancia della gente. Forse per questo si dice ‘odio viscerale’. Si vuole creare un nemico. E in questi tempi di crisi, di fatica, un nemico serve per scaricare tutte le rabbie e addossargli tutte le colpe. Certo, dicono, non siamo razzisti. Figurarsi! Un po’ più lontano, a Brescia, un caro amico, don Fabio Corazzina, si è ritrovato l’auto imbrattata di svastiche naziste. Sempre in Lombardia – lo scrive Elisa Chiari sul sito www.famigliacristiana.it - il Presidente Maroni, commentando la scelta di Umberto Ambrosoli di uscire dall’aula al momento del ricordo di Andreotti, afferma: “Non è stato un gesto elegante nei confronti di un politico che ha segnato la storia d’Italia”. E aggiunge la giornalista: “Caro Maroni, da che pulpito!” Basti ricordare il dito medio usato in ogni occasione, il linguaggio non proprio elegante di molti esponenti della Lega, la destinazione del Tricolore… secondo Bossi; il rammarico per non poter sparare ai gommoni degli immigrati. Per non dire degli insulti volgari e razzisti contro Cécile Kyenge, ministra all'Integrazione. Si potrebbe continuare, ma può bastare per rendersi conto del clima che viviamo, della cultura che rischia di crescere intorno a noi, un po’ nell’indifferenza, o nella convinzione che siano solo casi isolati. Sarà scontato, ma credo sia il caso di preoccuparsi, e molto! Recuperare ogni spazio per riaffermare alcuni principi. Evitare di far finta di non vedere o non sentire, di dire che tanto non mi riguarda e non ci posso fare niente. Di tacere quando invece è necessario parlare. Per non essere conniventi.
Sì, in alcuni è importante salire sul pulpito (religioso, scolastico, politico, sociale, dell’informazione, ecc.) e non tacere di fronte ai soprusi, alle violenze e al razzismo. Le leggi razziali, le guerre etniche, non nascono dall’oggi al domani, hanno bisogno di un humus, di un clima di consenso, di un modo di pensare che cresce piano piano. Mi sembra questo rischio ci sia, anche oggi.
E sarà un caso, ma la data di oggi ci può aiutare a vigilare: il 10 maggio 1933, cinque mesi dopo l'ascesa di Hitler, Berlino fu illuminata dal rogo di più di 20.000 libri. Una campagna contro i libri ‘non tedeschi’ e contro la cosiddetta ‘arte degenerata’. Prima si bruciano i libri, poi le persone. In questo clima così pesante la speranza e la forza mi viene pensando alla testimonianza di due donne, Piccole Sorelle di Gesù, di Charles de Foucauld: Emma e Rania. Le ho incontrate in un campo Rom di quasi 400 persone, a Cosenza. Il loro, più che un pulpito mi è sembrato un palpito (“Vivo moto dell'animo dovuto a un forte sentimento”, si legge sul dizionario italiano). Si, perché loro parlano con la vita, con la condivisione. Hanno dentro un qualcosa di grande che parla anche con il silenzio. Vivono anche loro in una piccola ‘baracchina’, come gli altri Rom. Sono lì, il loro pulpito è quello. Quando penso alle svastiche, agli insulti razzisti, alla raccolta firme, il mio pensiero va a quelle due ‘piccole sorelle’, al loro pulpito silenzioso… Ma anche al loro palpito. Abbiamo bisogno anche noi di riscoprire prima di tutto un “Vivo moto dell'animo dovuto a un forte sentimento”. Se no, vince la morte.
Da www.mosaicodipace.it del 10 maggio 2013
Renato Sacco
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