In vista del Bicentenario della nascita di don Bosco che festeggeremo nel 2015, un programma fitto di iniziative e qualche sorpresa. Con il Papa c'era un rapporto molto forte e privilegiato. L'attività principale di Don Bosco, si evince dalle lettere era la promozione dell'Opera salesiana...
Don Francesco Motto, l’infaticabile storico dell’Ateneo salesiano, ha portato a termine il quinto volume dell’epistolario di Don bosco, che raccoglie le lettere scritte dal santo piemontese nel biennio 1876-1877. Centinaia di messaggi (per l’esattezza 422) che dimostrano con una media di quattro a settimana l’attività veramente gigantesca compiuta quotidianamente. Non a casa Don Bosco scriveva a metà agosto 1876 all’amico Francesco Faà di Bruno: “Ella preghi anche per me che mi trovo in un mare di affari interminabili”.
E in effetti gli “affari” non mancavano; si dovevano rafforzare le opere salesiane esistenti, se ne aprivano altre, in Italia, in Francia, in America Latina; si fondava l’associazione dei Cooperatori salesiani, il Bollettino salesiano, si lanciavano missioni costose e difficili (Don Bosco scriverà anche al ministro degli esteri francese, per chiedere – senza ottenerlo- che ad alcuni missionari venga garantito un biglietto di favore sui piroscafi). E poi ci sono i contrasti con l’arcivescovo di Torino, Gastaldi, e la questione dei “Concettini”, un affare difficile e spinoso affrontato per amore di Pio IX.
Con il Papa c’era un rapporto molto forte. Infatti se il maggior numero di lettere è indirizzato al braccio destro di Don Bosco, don Michele Rua, subito dopo fra i destinatari delle missive c’è Pio IX. Un rapporto privilegiato, che permetteva al santo piemontese di “bypassare” talvolta le congregazioni romane. L’attività principale di Don Bosco, si evince dalle lettere era la promozione dell’Opera salesiana.
“Sono decine e decine le lettere che trattano di richieste di fondazioni, di vista ai luoghi indicati, di colloqui con le autorità civili e religiose, di incontri con benefattori, di ricerca di risorse economiche”. Italia, Francia, Argentina e Uruguay; fondazioni di opere in favore di indios della Pampa e della Patagonia, e poi progetti missionari mai realizzati, in India, Sri Lanka e Australia.
E’ interessante notare che in tutte queste lettere, che trattano di temi estremamente concreti, la presenza di termini religiosi è altissima. Il sostantivo “Dio” appare 437 volte il 422 lettere, l’aggettivo divino 31 volte, il termine cielo 29 e la benedizione, santa o apostolica 121. Pregare e preghiera complessivamente appaiono 371 volte; la formula di commiato “in Gesù Cristo” 174 volte, a cui va aggiunto il termine “Signore” (137 citazioni) e Gesù Cristo- Salvatore (28 volte). E Maria Ausiliatrice appare più di cento volte.
Siamo solo a qualche anno dalla breccia di Porta Pia, a dalla discussa legge delle Guarentigie. Ma dalle lettere il tema politico è quasi completamente assente; segno probabilmente del senso di realtà del santo piemontese. E l’unico riferimento politico in senso stretto riguarda l’ospitalità offerta nell’estate del 1876 da Don Bosco a Lanzo ad alcuni ministri del governo della “Sinistra storica” in occasione dell’inaugurazione di un tratto ferroviario.
La giornata di Don Bosco era impressionante. Visitava le case in Italia e in Francia, si informava dei problemi, indicava soluzioni visitava gli ammalati, confessava, riuniva i salesiani, si intratteneva con i giovani, raccontava, ammoniva, assisteva a eventuali rappresentazioni, curava la nascita di vocazioni. La stanchezza si faceva sentire: così scrisse due lettere alla stessa persona lo stesso giorno, oppure nello spazio di due giorni, senza ricordarsi di averlo già fatto, e talora trasmise la stessa notizia due volte nella stessa lettera. “Sono stanco a non plus ultra”, confesserà a don Rua da Marsiglia nel luglio del 1877.
Marco Tosatti
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