QUESTIONI VOCAZIONALI. Vocazione e Discernimento da Giovani per i Giovani

Il termine vocazione esprime spesso la missione a cui uno è chiamato da Dio, ma il suo significato va oltre ciò che si è chiamati a fare: prima ancora della missione, esprime ciò che la persona è chiamata a essere. In ultima analisi la vocazione definisce la persona così come Dio vuole che sia. L'importante per ognuno è saper discernere la propria chiamata...

QUESTIONI VOCAZIONALI. Vocazione e Discernimento da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 30 aprile 2005

 IL PROBLEMA CENTRALE

Conoscere e rispondere alla vocazione é la questione centrale della vita di ogni persona, soprattutto degli anni giovanili. Il discernimento, e la conseguente decisione, non si improvvisa. Ha bisogno di alcune condizioni senza le quali si rischia di girare a vuoto.

Prendendo lo spunto dalla Bibbia, possiamo osservare che la nozione di chiamata è centrale per descrivere la persona umana nel suo rapporto con Dio. I patriarchi, i profeti, gli apostoli hanno iniziato la loro missione obbedendo a una chiamata di Dio. Spesso si è trattato di un evento non esente da timore per le implicazioni che comportava, poiché essi erano coscienti della loro debolezza; per questo erano restii ad accettare. Geremia diceva di essere troppo giovane, Isaia di essere un uomo dalle labbra impure, Pietro di essere un peccatore. Sapevano tuttavia di essere stati scelti e chiamati da Dio ed erano coscienti che il suo aiuto e la sua grazia sarebbero stati per loro sufficienti.

Il termine vocazione esprime spesso la missione a cui uno è chiamato da Dio, ma il suo significato va oltre ciò che si è chiamati a fare: prima ancora della missione, esprime ciò che la persona è chiamata a essere. In ultima analisi la vocazione definisce la persona così come Dio vuole che sia. L’importante per ognuno è saper discernere la propria chiamata. Tale processo richiede alcune “precondizioni”, ricordando che la vocazione non è solo missione, ma prima di tutto invito a entrare in una relazione d’amore con Dio. Charles J. Jackson, gesuita della California (cf. www.jesuitvocation.org), parla di alcune precondizioni indispensabili se si vuole realmente giungere a conoscere ciò che Dio desidera da ciascuno. È bene che questo percorso sia fatto con l’aiuto di una guida spirituale, una persona sapiente e di preghiera. Gli “autodidatti” sono piuttosto rari in questo campo…

 

PER IL DISCERNIMENTO

Prima precondizione: la capacità di riflettere sugli avvenimenti ordinari della propria vita. Il discernimento richiede infatti una particolare sensibilità verso il proprio mondo interiore e la capacità di riflettere su ciò che si sperimenta e si vive. L’azione di Dio può essere sottile e rimanere spesso anche irriconoscibile fintanto che non si presta ad essa un’attenzione nella calma. Purtroppo oggi viviamo in un mondo di rumore che non è solo quello delle strada, ma anche quello che ci creiamo con la televisione, la radio, i CD o i registratori; rumore che riempie ogni momento della giornata. Se uno vuole riflettere con calma sulla propria vita deve prendere le distanze da questo rumore.

Seconda precondizione: la capacità di descrivere ciò che si sperimenta. Bisogna quindi andare al di là di una sempre presa di coscienza degli avvenimenti per sviluppare la capacità di sentire le risposte da dare. Si tratta di trovare le parole adatte per descrivere ciò che si prova, ma le parole da sole non bastano; più importante è che si incominci a capire e valorizzare il modo con cui Dio è all’opera nella propria vita. Si prenderà allora coscienza che ci sono anche altre forze all’opera che cercano di distogliere da Dio e dal rispondere al suo amore. Come avvenne, per esempio in sant’Ignazio che, mentre era in ospedale, leggendo la vita di Cristo e dei santi, si sentiva fortemente attratto da questi racconti, ma poi avvertiva che i suoi pensieri vagavano lontano facendogli immaginare di essere un valoroso cavaliere e di compiere gesta eroiche, anche se, come egli confessa, queste lo lasciavano poi vuoto e triste. Secondo p.  Jackson, tenere un diario spirituale quotidiano e scrivere la propria autobiografia costituisce un mezzo eccellente per favorire questo processo.

Terza precondizione: l’abitudine alla preghiera personale. Il discernimento della vocazione non consiste soltanto nel giungere a un prudente giudizio circa il proprio futuro e nemmeno in una semplice risposta alla chiamata di Dio. Si tratta piuttosto di entrare nel movimento dell’amore di Dio e di stabilire una relazione sempre più profonda con questo amore. Ora, ciò che nutre e favorisce questa relazione è proprio la preghiera.

Occorre tuttavia tenere presente che la preghiera non riguarda tanto, come troppo spesso avviene, ciò che noi vogliamo dire a Dio e tanto meno le parole da utilizzare nel nostro dialogo con lui. Essa comincia non col parlare, ma con l’ascolto. L’intenzione profonda non deve essere semplicemente quella di voler pregare, ma di sviluppare un atteggiamento di preghiera che pervada tutta la vita quotidiana. Un aiuto formidabile può essere in questo una guida spirituale, una persona sapiente e di preghiera, che, oltre a offrire saggi consigli, possa risolvere molti dubbi e indicare la via giusta da seguire.

Quarta precondizione: la conoscenza di sé. Bisogna cioè che ciascuno guardi dentro se stesso e riconosca la trama del disegno di Dio nella propria vita: il modo in cui persone significative, eventi e decisioni hanno cooperato a plasmarla. Inoltre, che egli sappia riconoscere le lotte e i conflitti, le forze e le debolezze, le speranze e le paure. Che cosa è importante? Che cosa rappresentano? In una parola, è necessario che la persona conosca chi è.

Un passo ulteriore consiste nel conoscere i propri desideri più profondi. La domanda che Gesù rivolse ai due discepoli del Battista “che cercate” (Gv 1,38) deve sentirsi rivolta a tutti coloro che vogliano discernere la propria vocazione. Cosa desiderano nel profondo del loro cuore? Che cosa occupa la loro mente? Sono attirati primariamente al sacerdozio, alla vita religiosa, o semplicemente a una delle tante forme di servizio nella Chiesa? Se è il sacerdozio, che cosa in questa vocazione li attira? Se invece è la vita religiosa, che cosa trovano in essa di attraente? C’è per loro una forma particolare che ha un risalto speciale? Se sì, quale e per quale ragione?

 Quinta precondizione: l’apertura a Dio e al suo orientamento. È importante che le persone conoscano i propri desideri più profondi e siano capaci di sognare circa il loro futuro. Ma è altrettanto importante che siano veramente aperti a Dio e abbiano la docilità interiore di accettare come e dove Dio li vorrà orientare. E si tratta di scoprirlo nella realtà di tutti i giorni.

  

NON C’È VOCAZIONE SENZA CRISTO

Dobbiamo ora affermare con forza che, se anche tutte le precondizioni fossero attuate, non vi è possibilità di discernimento vocazionale a prescindere dal rapporto con Cristo.

In questo periodo abbiamo assistito ad un corale grazie da ogni parte della terra a Giovanni Paolo II, colui che più di ogni altro ha invitato la comunità cristiana alla sua responsabilità di essere “grembo fecondo” di ogni vocazione. Molti cronisti si sono affannati a mettere in risalto i diversi aspetti della sua poliedrica personalità. In questa operazione il rischio è sempre quello di accostare diverse realtà tra di loro perdendo di vista l’elemento unificante. A chi guarda attentamente e in profondità la testimonianza lasciataci da Giovanni Paolo II non sfuggirà che tutta la sua vita ruotava attorno al Cristo: su di Lui si appoggiava, Lo annunciava in ogni sua parola, Lo testimoniava in ogni suo gesto, con lui ha camminato in ogni stagione della sua esistenza. Senza l’esplicito riferimento a Cristo, la vita e il ministero del papa polacco rischia di non essere compresa appieno, anche se ammirata e stimata.

Ciò sta a dire che la scelta vocazionale scaturisce dalla scelta di Cristo e che nella scelta della propria vocazione la scelta di Cristo trova il suo habitat in cui maturare sempre più. Ha scritto il Giovanni Paolo II nel messaggio per la 42a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni: «Chi apre il cuore a Cristo non soltanto comprende il mistero della propria esistenza, ma anche quello della propria vocazione, e matura splendidi frutti di grazia […]. Carissimi ragazzi e ragazze! Fidatevi di Lui, mettetevi in ascolto dei suoi insegnamenti, fissate lo sguardo sul suo volto, perseverate nell’ascolto della sua Parola. Lasciate che sia Lui a orientare ogni vostra ricerca e aspirazione, ogni vostro ideale e desiderio del cuore».

Senza questo incontro personale con il Cristo difficilmente potranno nascere e svilupparsi le vocazioni, soprattutto quelle di speciale consacrazione. Ce lo ricordava Paolo VI, in uno dei suoi ultimi messaggi per la Giornata Mondiale per le Vocazioni: «Nessuno segue un estraneo, nessuno dà la vita per una persona che non conosce. Se c’è crisi di vocazione, non è perché c’è innanzitutto crisi di fede?». Scaturisce di qui il primo e urgente impegno: condurre i giovani ad incontrarsi con Cristo!

 

DECIDERSI

Viste le precondizioni e chiarita la centralità della imprescindibile relazione con Cristo, rimane ora un passo fondamentale: decidersi. Tale tappa, apparentemente più facile nella scelta della vita di coppia, diviene talora insormontabile nella risposta ad una chiamata alla vita consacrata o sacerdotale. La paura prevale sull’abbandono, l’ansia di sbagliare sulla tempestività della scelta, la “scusa” (molte volte consiste nel fatto che “non tutto è chiaro” o “potrei sbagliarmi”) sull’evidenza di alcuni segni.

Occorre tenere presente che il discernimento implica una decisione che riguarda ciò che si deve fare adesso. Dio non chiede di scegliere ciò che saremo o di deciderci per la persona che uno spera di diventare. E nemmeno invita a considerare tutte le possibili conseguenze che il futuro potrà riservarle. Dio ci pone la scelta “qui e ora”. L’invito consiste nel mettersi in cammino, scelta dopo scelta, e lasciare che Dio continui a orientare e a guidare. Ciò richiede generosità e coraggio. Dio chiama ciascuno di noi a seguirlo sulle stesse orme di Abramo il quale “partì senza sapere dove andava” (Eb 11,8). Altrimenti… che “fidarsi” sarebbe se conoscessimo già la destinazione e le conseguenze del nostro camminare?

Così don Pascual Chavéz ha scritto indirizzando un messaggio ai giovani nel giorno di don Bosco: «Non abbiate paura! Lasciatevi “afferrare” da Cristo. Egli guarda ciascuno di voi negli occhi e, fissandovi, vi ama. É uno sguardo di predilezione, che sceglie e chiama. Uno sguardo che scruta e giunge fino al cuore del vostro cuore, dove dice: “Ti ho amato di un amore eterno. Vieni e seguimi!”. Ascoltate questa voce e assumete le vostre responsabilità nella Chiesa per la dilatazione del Regno di Dio nel mondo. Così Don Bosco voleva i suoi giovani: illuminati sulla realtà presente; generosi nelle decisioni; dinamici nelle iniziative; aperti ai bisogni della città, della Chiesa, della missione, del mondo».

 

«Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura – se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. Solo in quest'amicizia si spalancano le porte della vita». (Benedetto XVI)

 

don Igino Biffi

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