Vista dai circoli intellettuali a stelle e strisce, l'Europa è la terra che ha abdicato alla sua tradizione. Un continente 'teoclastico', dice George Weigel, dove il dogma della tolleranza è diventato discriminazione anticattolica. Una popolazione che si sta esaurendo. Gli europei vivono immersi in un razionalismo post-cristiano, una specie di disumanesimo in cui la cultura della tensione verso il presente conduce alla propria estinzione...
del 28 marzo 2007
Mark Steyn non è esattamente un consolatore. Il celebre columnist conservatore, mattatore letterario di una decina di quotidiani anglosassoni, da molti anni getta fiele e disincanto su «questa Europa», come la chiama enfaticamente. «Se non sarà un insuccesso - dice a Tempi a proposito del processo di integrazione di Bruxelles - sarà quanto meno l'ennesima dimostrazione della morte culturale e morale del vecchio continente. Dal 1945 le grandi voci tedesche, francesi e italiane si sono rivolte a una forma socialista di sanità e a un welfare dispendioso che richiede una popolazione giovane per rimanere in piedi. Una popolazione che si sta esaurendo. Gli europei vivono immersi in un razionalismo post-cristiano, una specie di disumanesimo in cui la cultura della tensione verso il presente conduce alla propria estinzione». Quanto al perché questa Europa non lo convinca, Mark Steyn risponde: «L'Unione Europea è una soluzione degli anni Settanta a un problema degli anni Quaranta».
 
A parlare esplicitamente di morte spirituale, fino a scommettere sull'inquieta vitalità dell'Europa orientale, è lo scrittore cattolico George Weigel, biografo di Giovanni Paolo II. Weigel ricorda il caso di Rocco Buttiglione, costretto nel 2004 a rinunciare al suo incarico di eurocommissario per aver usato la parola 'peccato' durante un briefing sull'omosessualità. «Per anni i secolaristi europei e i governi europei, guidati da Francia e Belgio, si sono opposti a ogni accenno nella nuova costituzione ai contributi del cristianesimo alla civiltà europea. Buttiglione aveva ricordato ai suoi inquisitori la distinzione kantiana fra morale e legge e aveva reso manifesto che la propria convinzione su molte cose che giudica immorali non comportava la loro criminalizzazione. Che genere di politica europea è questa che non vuole un uomo come Buttiglione? Una politica in cui troppe persone pensano che il Dio della Bibbia sia un nemico della libertà umana. Una politica in cui 'antidiscriminazione' è diventata una scusa per una discriminazione attiva contro i cattolici. I demografi ci dicono che l'Europa sta morendo. Cercano di cancellare l'eredità giudaico-cristiana europea da un'Unione Europea post-cristiana, chiedendo il matrimonio omosessuale in nome dell'uguaglianza, limitando la libertà di parola in nome della civiltà e abrogando aspetti essenziali della libertà religiosa in nome della tolleranza». Weigel parla di un'Europa «teoclastica»: «In un trattato costituzionale di ben 70 mila parole ne manca solo una: cristianesimo. Si tratta di un nichilismo venato di profondo scetticismo sulla capacità umana di conoscere la verità».
 
Richard Lowry è il direttore della rivista National Review sulle cui pagine pubblica decine di analisi a dir poco severe sullo stato dell'Europa e la sua integrazione politica: «Le peggiori caratteristiche francesi sono state introdotte nel dna dell'Unione Europea, a cominciare dalla centralizzazione burocratica e dall'antiamericanismo». Secondo il premio Pulitzer Charles Krauthammer, la piaga di cui meno si parla oggi è l'incubazione da parte del vecchio continente di «un nemico interno, una minaccia che per decenni l'Europa semplicemente ha rifiutato di vedere». Si tratta dell'islamismo cosiddetto 'born in Europe': «La più grande scoperta è che la seconda e terza generazione di musulmani in Europa è molto più radicalizzata della prima». È il caso di Mohammed Bouyeri: il wahabita che ha assassinato il regista Theo Van Gogh è nato e cresciuto ad Amsterdam, analogamente ai suoi giovani 'colleghi' protagonisti degli attentati di Londra nel luglio 2005.
 
È d'accordo con Krauthammer l'editorialista Diana West, che si occupa di Europa sul quotidiano Washington Times: «L'Unione Europea ha creato un nuovo lessico orwelliano per discutere di islam e terrorismo. È un modo per non discutere del male». «Sotto la nuova costituzione europea, un panel di esperti non eletti da nessuno prende ogni decisione» dice dalla Boston University Sam Schulman. «Olandesi, tedeschi, francesi e cechi si dovrebbero arrendere a qualcosa di più grande. Cosa sia questo qualcosa non è dato saperlo, ma quel che è certo è che chi si oppone è automaticamente definito xenofobo o reazionario». Secondo Weigel questa «nuova 'dittatura del relativismo', come
l'ha chiamata l'allora cardinale Ratzinger alla vigilia del conclave del 2005, marcia sotto gli stendardi della tolleranza».
 
 
 
L'obbligo del conformismo bioetico
È un conformismo 'belga', secondo Joseph D'Agostino, corsivista di Human Events, la rivista preferita da Ronald Reagan quando era alla Casa Bianca, che esercita la propria egemonia soprattutto in campo bioetico: «Solo quattro nazioni in Europa offrono una protezione forte ai non nati: Irlanda, Portogallo, Polonia e Malta. L'Unione Europea sta cercando da decenni di conformare gli stati membri all'ortodossia abortista». Lo si è visto nel caso di una guerra non dichiarata che Bruxelles ha mosso ai paesi dell'est Europa che tutelano l'obiezione di coscienza per i medici cattolici in caso di aborto. «Non c'è miglior dimostrazione della noia esistenziale dell'Europa di questo rifiuto volontario di dare vita alla prossima generazione di italiani, francesi, inglesi».
 
«La più drammatica manifestazione della crisi morale dell'Europa non è il governo burocratico e forse neanche l'appeasement verso il terrorismo jihadista», prosegue Weigel. «No, è l'Europa che sta depopolando se stessa. L'Europa oggi è profondamente affetta da quello che il filosofo canadese Charles Taylor ha definito 'umanesimo esclusivistico': un insieme di idee che bandisce ogni riferimento religioso o morale dalla vita dell'Unione Europea. È un sintomo di quella che il teologo ortodosso David Hart ha chiamato 'noia metafisica', la noia del mistero, della passione e dell'avventura della vita in sé. La crisi dell'Europa contemporanea raggiungerà la sua logica conclusione quando Nôtre Dame diventerà l'Hagia Sophia sulla Senna, quando una grande chiesa cristiana sarà trasformata in un museo islamico». Weigel non esclude segni di rinascita, seppure ancora elitari. «Come il filosofo Jürgen Habermas, un tempo difensore di una forma di umanesimo esclusivistico che oggi afferma che la democrazia ha bisogno un fondamento costruito su norme morali. Se l'Europa iniziasse a medicare la propria fede con la ragione, potrebbe un giorno riscoprire la ragionevolezza della fede. E una fede rinnovata nella ragione è un grande antidoto alla noia metafisica, apre alla prospettiva di una nuova nascita di libertà dell'Europa».
Giulio Meotti
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