In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Davanti all’adulterio (oggi non lo chiamiamo così, lo chiamiamo tradimento nel matrimonio) siamo oggi abituati a due reazioni che si accompagnano l’una all’altra. Non so bene come stanno insieme, ma penso che nella nostra etica comune siano tenute insieme in modo sempre più consensualmente, e credo in questo modo. Da un lato si rimane sempre colpiti dal tradimento, anche il nostro mondo aperto e libero resta sempre sorpreso del tradimento matrimoniale, come qualcosa che non dovrebbe esserci. Anche se ognuno può mettersi con chi desidera, e la scelta dei partner è oggi difesa come una delle scelte della persona su cui nessun altro deve intervenire, tiene ancora la convinzione che però il matrimonio dovrebbe segnare quelle persone che intendono rispettarsi e essere reciprocamente fedeli, questo almeno fino a che si sta insieme, soprattutto quando si hanno figli. L’altra convinzione però si avvicina subito dopo a questa, ed è che chi è stato tradito ha tutta la nostra comprensione, mentre chi tradisce è sì un poco di buono, ma comunque non ha fatto niente che non possa succedere, e che cose di questo tipo non sono cose gravi. Nessuno può giudicare troppo. Non si deve pretendere da nessuno che non ci siano ripensamenti o nuove esigenze. Se i due si amano si riprenderà la relazione, e se no ognuno prenderà la sua strada.
Scribi e farisei conducono una donna sorpresa in adulterio (del partner non se ne parla, forse l’ha fatta franca, è riuscito a scappare, l’ha fatta franca, non si sa). Proviamo a metterci nella situazione. Forse il marito o i figli hanno intuito qualcosa, e l’hanno beccata insieme con un altro. Oppure i famigliari dell’uomo che stava con lui. In queste persone, si può immaginare abbiano vissuto un misto di sentimenti, di rabbia e sconcerto, dolore e delusione, desideri di giustizia e vendetta; forse le cose per lei non stavano andando bene con il marito, o forse ha tradito per solitudine o semplicemente per un momento di debolezza. Come capita, quando sono stati scoperti, forse, le voci e i toni si sono alzati, i vicini di casa sono stati richiamati dal litigio e dalle grida. Qualcuno si scandalizza, qualcun’altro si preoccupa di calmare gli animi, di mostrare solidarietà ai famigliari feriti nel cuore e ancor più nell’orgoglio da questo fatto che li tocca da vicino altri ancora vive con un po’ di compiacenza e malizia l’esperienza di un nuovo gossip. Questa donna è stata presa, minacciata, forse picchiata, poi è stata buttata davanti a Gesù.
Una domanda avrebbe dovuto pian piano farsi strada in questo groviglio di confusione e concitazione. La domanda più umana che avrebbe dovuto pian piano nascere, davanti ad una donna che sia trovata in questa situazione, avrebbe potuto essere quella dello stupore e della comprensione: perché fai così? perché sciupi in questo modo il tesoro del rapporto sponsale? Sappiamo che il matrimonio è alle volte duro, faticoso e non sempre gratificante, ma sai anche che è soltanto grazie al conforto e all’affidabilità del rapporto sponsale che la vita delle persone può sperare di apparire vuota e senza amore. Ma non sono questi i sentimenti di quegli scribi e farisei. Essi lasciano uscire solo sentimenti duri: si rassegnano in partenza e valutano irrimediabile la frattura che il tradimento ha provocato tra quella donna e il suo sposo, tra quella donna e tutti. Si chiedono solo e subito come si debba punire una donna così. Spesso succede esattamente la stessa cosa: se una persona che conosciamo tradisce si ritiene giusto “punirla” sottoponendola al giudizio di tutti. Ci sembra giusto che se la cosa è venuta fuori tutti possano esprimersi a riguardo.
Guidati da questa preoccupazione, punire, si rifanno alla legge e in essa leggono la sentenza fatale: Mosè, nella legge, ci ha comandato si lapidare donne come questa (effettivamente nel Levitico 20,10 diceva che se uno commette adulterio con la moglie del prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte. In pratica, però, i giudici non erano severi, chiudevano sempre un occhio e non condannavano mai alla pensa capitale, e quando nella Bibbia viene data la pena capitale non se ne intende la reale esecuzione, si sottolinea solo la gravità del crimine, basti pensare che, in Esodo 21, 15, è prevista anche per chi percuote il proprio padre.
Qualcuno di questo gruppo di vigilanza morale deve aver fatto la proposta: portiamo questa donna dal maestro galileo, quello che sta sempre dalla parte di questi corrotti, e vediamo se avrà il coraggio di difenderla.
Lo trovano seduto nella piazza del Tempio, c’è molta gente intorno a lui che lo ascolta con attenzione. Trascinano la donna nel mezzo, in piedi, di fronte a tutti, e si rivolgono dunque a Gesù: La legge ordina di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?
Se facciamo attenzione bene all’atteggiamento di queste persone, sentiamo che chi sta interrogando Gesù non intende davvero sapere da Gesù che cosa si debba fare con una donna così. Neppure intendono sapere come si debba interpretare eventualmente la legge. Questo dicevano soltanto per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo.
Gesù, come fa spesso, non risponde. Mai Egli risponde quando la domanda non nasce dal desiderio di sapere, ma soltanto dal desiderio di trovare scuse per la propria incredulità; spesso Gesù è interrogato dagli scribi soltanto per metterlo alla prova, per trovare cioè conferma a una convinzione: neanche lui può risolvere problemi che sono insolubili. E se non li risolve, o non li risolve secondo i nostri criteri, allora vuol dire che non è così affidabile come dice.
Gesù dunque non risponde, ma si mise a scrivere con il dito a terra. Che cosa scrive? In tanti hanno provato a indovinare cosa stesse scrivendo Gesù: San Girolamo pensava che Gesù stesse scrivendo i peccati degli accusatori. È molto documentata invece una usanza fra i popoli semiti, quella di scarabocchiare per terra mentre si sta pensando oppure si vuole scaricare la tensione o controllare la rabbia di fronte a chi pone domande assurde o provocatorie. Gesù probabilmente sta facendo questo. E allo stesso tempo, con questo gesto, sembra anche voler dare tempo ai suoi interlocutori, tempo per tacere e tempo per pensare. La risposta alla loro domanda, anche ben spiegata, non avrebbe fatto gran che. Non poteva venire da un insegnamento: deve prima di tutto venire da una conversione dei loro pensieri. Finché non cambiano atteggiamento e il loro cuore non si fa sinceramente interessato a ricevere la verità è inutile parlare. Ma essi insistevano nell’interrogarlo: non rientravano in se stessi.
Gesù potrebbe togliersi da ogni difficoltà nella quale vogliono metterlo in un modo molto semplice: potrebbe dire agli accusatori di rivolgersi ai giudici legittimi che sono incaricati per questo casi. Il tribunale del sinedrio è a meno di cento metri da dove si trovano. Ma questo vorrebbe dire abbandonare quella donna ad un destino crudele.
Alla fine Gesù alza il capo e pronuncia una sentenza diventata giustamente famosa: chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei. Di nuovo si chinò e continuò a scrivere per terra. rinnovò in tal modo l’invito ai suoi interlocutori a rientrare in se stessi. Proprio questo infatti è il grande inganno al quale la Legge si espone: essa diventa in fretta il criterio che consente di giudicare gli altri, e molto più raramente riesce ad essere il criterio per convertire se stessi. Quando la Legge è messa tra noi e il prossimo produce due danni insieme: autorizza giudizi spietati nei confronti degli altri, e ci impedisce di imparare che siamo anche noi come loro: questa volta gli interlocutori di Gesù rientrano effettivamente in se stessi e, riconoscono che la loro vita è segnata dalla stessa debolezza e infedeltà, e se ne andarono uno per uno, a cominciare dai più anziani fino agli ultimi. Il vangelo sottolinea che i primi ad allontanarsi sono stati i più vecchi. Forse sono proprio le persone più mature della comunità che sono invitate a fare un “esame di coscienza”. Spesso sono proprio coloro che si pensano più grandi e migliori di altri si perdono in atteggiamenti che umiliano più che aiutare a crescere i più piccoli.
Alla fine Gesù rimase solo con la donna, lei stessa sola là nel mezzo. La donna era stata collocata in piedi, come avveniva con chi era accusato durante un processo (v. 3) e Gesù era seduto (v. 2). Durante tutto il dialogo, la posizione non cambia: Gesù si china (v. 6), alza il capo (v. 7) e si china di nuovo (v. 8), ma rimane sempre seduto e la donna in piedi, “là in mezzo” (v. 9). Adesso il testo dice che Gesù si alza (v. 10), dando l’idea che, per pronunciare la sentenza, egli si è levato in piedi. Ma non è così, il verbo usato è lo stesso che al v. 7: alzò il capo. Gesù è rimasto dov’era, il basso, nella posizione del serve, non del giudice che guarda dall’alto in basso chi ha sbagliato. Ha solo alzato il capo per parlare con la donna, per dirle con la dolcezza del suo sguardo che la tenerezza di Dio non condanna nessuno. Se ne sono andati tutti – dice il testo – dunque insieme agli accusatori, se n’è andata anche la gente, e anche i discepoli.
Soltanto a quel punto Gesù osò alzare il capo e lo sguardo, certo che a quel punto – loro due soli, l’uno di fronte all’altra – il suo sguardo non avrebbe offeso e umiliato la donna. Gesù allora disse: Donna, dove sono? Cioè voleva dire: dove sono tutti coloro che ti accusavano? C’era un sacco di gente, il mondo intero sembrava starti addosso e avercela con te. Adesso se ne sono andati tutti. Nessuno ti ha condannata? La donna riconobbe che effettivamente nessuno l’aveva condannata.
Gesù è rimasto da solo e si è fermato apposta per dire il suo giudizio su di lei: nessuna condanna. Gesù non dice che lei non ha peccato, che il peccato in fondo è una cosa da poco, che comportarsi in un modo o nell’altro fa lo stesso. Il peccato è un male molto grave, perché presto o tardi distrugge la vita di chi lo commette. Gesù non dice alla donna: va’ in pace, dai, in fondo non hai fatto nulla di grave, e nemmeno le dice che, se non ce la fa, può continuare a vivere così. Le dice: non ti condanno e, insieme, va non peccare più. Le dice smetti di farti del male e di fare del male alle persone che ti vogliono bene, o alle persone che ti incontrano e alle quale puoi fare del bene, invece che del male. Non ripetere l’errore di rovinarti l’esistenza. Va’ e d’ora in poi non peccare più. Gesù le mostra in quel modo che c’è nessuno odia il peccato più di Gesù perché nessuno ama ciascuna persona più di lui. Tuttavia non condanna chi sbaglia – e a nessuno permette di lanciare le pietre – per non aggiungere altro male a quello che chi sbaglia si è già fatto.
E prestiamo attenzione ad una cosa. Gesù non dice alla donna peccatrice: per questa volta non ti condanno. Non dice: guarda che se lo rifai altre volte non potrò passarci sopra. Dice Non ti condanno, né oggi, né domani, né mai. È molto difficile per il nostro cuore comprendere un amore così forte. Chi segue Gesù diventa pian piano anche lui delicato nel perdono, nemmeno nel tradimento (che è la cosa che ci ferisce nell’orgoglio e umilia più di tutto), è preoccupato che chi sbaglia si corregga, non condanna e non inchioda nessuno, e impara pian piano a non calcolare quante volte dovrà perdonare per convincere un cuore a cambiare.
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