Referendum: ASTENERSI È UN DIRITTO !

«Non c'è nulla di riprovevole», dice il professor Stefano Zamagni, «a rifiutarsi di accettare che 500.000 firmatari obblighino 30 milioni di italiani ad andare a votare».

Referendum: ASTENERSI È UN DIRITTO !

da Quaderni Cannibali

del 09 giugno 2005

 Una consapevole non partecipazione al voto, che ha il significato di un doppio no ai contenuti dei quesiti sottoposti al referendum, che peggiorano irrimediabilmente e svuotano la legge, riaprendo in larga misura la porta a pericolosi vuoti normativi, e all’uso dello strumento referendario in una materia tanto complessa e delicata. Con pacatezza e lucidità queste parole sintetizzano la posizione che ormai da mesi accomuna la stragrande maggioranza di coloro che difendono la legge 40 sulla procreazione assistita e hanno scelto la via dell’astensione per evitare che si torni alla precedente situazione di disordine procreatico. Guai, però, a citarle tra virgolette e attribuirle al suo estensore, il cardinale Camillo Ruini, che le ha pronunciate nella prolusione alla 54ª assemblea generale della Cei, di cui è presidente.

L’'intrusione' della Chiesa, peraltro accolta e osannata quando interviene su temi 'graditi', provoca commenti che comprendono termini come «intimidatorio» e «diktat» e trasudano un’insofferenza capace di spingersi a inventare improbabili differenze con il pensiero di papa Benedetto XVI. Il quale, vale la pena di ricordarlo, nel medesimo consesso, in riferimento all’impegno «a illuminare e motivare le scelte dei cattolici e di tutti i cittadini circa i referendum ormai imminenti», ha detto queste parole: «Proprio nella sua chiarezza e concretezza è segno di sollecitudine di veri Pastori buoni per ogni essere umano, che non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine, come ci insegna il Signore Gesù Cristo nel Vangelo e come ci dice la stessa ragione umana».

In tale impegno, ha ricordato il Papa, c’è la «stessa sollecitudine per il vero bene dell’uomo che ci spinge a prenderci cura delle sorti delle famiglie e del rispetto della vita umana e si esprime nell’attenzione ai poveri che abbiamo tra noi, agli ammalati, gli immigrati, ai popoli decimati dalle malattie, dalle guerre e dalla fame».

Difficile scovare i toni da scomunica, lamentati da chi in questi giorni è insofferente verso opinioni differenti dalle proprie. «Si dimentica il tanto invocato principio di laicità, che implica che tutti i soggetti della società civile, quindi anche la Chiesa, devono avere la possibilità di esprimersi nel foro pubblico in libertà; al tempo stesso, il cittadino deve essere libero di decidere senza costrizioni di sorta nel merito della questione», commenta Stefano Zamagni, docente di Economia politica all’Università di Bologna e presidente dell’Icmc, l’International catholic migration commission con sede a Ginevra . «Le affermazione di coloro che parlano di intromissioni dimostrano che c’è malafede o disinformazione. Disinformazione perché non sanno che cosa afferma il principio di laicità. La verità è che nel nostro Paese si confonde la laicità col laicismo, che sostiene che un soggetto può pensare quello che ritiene, ma non può esternarlo. C’è una grande differenza con il rispetto, che consente di esprimere il dissenso. Parlare di invadenza nel caso dei vescovi è veramente mistificatorio. Questo cancan, lo dico con grande consapevolezza, è provocato da persone che vogliono mistificare, oppure non conoscono il significato del termine 'laicità'».

La stessa chiarezza di opinioni emerge dalla riflessione che Zamagni fa sul merito del dibattito in corso: «Ritengo che l’embrione sia allo stato potenziale persona, perché credo al principio di continuità. Nella vita umana non ci sono salti dalla fecondazione in avanti. Per coerenza, dunque, non possiamo mettere sullo stesso piano un desiderio, per quanto legittimo, di avere un figlio con un diritto. Se ci si mette in questa direzione, come si fa a difendere la condizione di vita del malato terminale, della persona in coma, il diritto alle cure dei meno abbienti?».

Una lettura mistificatoria secondo Stefano Zamagni viene data anche sulla proposta dell’astensione, ritenuta fuga nell’indifferenza: «Non è menefreghismo. Non ci stancheremo mai di dire che la terza scelta è prevista dalla legge e non c’è nulla di riprovevole a rifiutarsi di accettare che 500.000 firmatari obblighino 30 milioni di italiani ad andare a votare. Come se io invitassi qualcuno a cena e gli dicessi: devi scegliere se venire e mangiare o venire e non mangiare... Mentre potrebbe sempre decidere di non venire affatto. Lo sa bene anche l’onorevole Fassino, che due anni fa invitò a non andare a votare al referendum sull’articolo 18 e ora dice che noi siamo immorali. Che cosa è cambiato? La verità è che quello che non piace è il mondo cattolico. Il punto non è l’astensione di per sé, ma la battaglia ideologica. Pensavamo che in Italia fosse finita l’epoca delle ideologie, ma dobbiamo constatare che non è così».

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