Riconfermiamo con determinazione la scelta di Don Bosco

Un intervento di Don Pascual Chavez per i salesiani utile anche per noi giovani. «La scelta per i giovani in situazione di povertà ed emarginazione, è stata sempre nel cuore e nella vita della Famiglia Salesiana da Don Bosco fino ad oggi. Don Bosco non fu uno studioso specializzato di pedagogia, non fu un filosofo dell'educazione. Durante tutta la sua vita cercò di rispondere, con straordinarie intuizioni e con un grande senso pratico, ai bisogni sempre in crescita di assistenza e di educazione degli adolescenti e giovani che...».

Riconfermiamo con determinazione la scelta di Don Bosco

da Rettor Maggiore

del 01 gennaio 2004

Alla fine dello scorso anno, nel mese di novembre, ebbi l’opportunità di intervenire a Roma in Campidoglio, sede del sindaco della Città Eterna, sul tema dei ragazzi “come futuro del mondo”. Fu un intervento che si inseriva sulla scia del messaggio inviato dai capitolari del CG25 ai responsabili delle istituzioni che nel mondo si occupano e si preoccupano dei giovani. Come i capitolari in quel messaggio, anche io lanciai un appello perché si lavorasse con serio e appassionato impegno alla loro salvezza e promozione: “Prima che sia troppo tardi, salviamo i ragazzi, il futuro del mondo”.

Voglio riprendere con voi, ora, questa riflessione impostandola in tre tempi, che saranno pubblicati da ANS in 3 distinti momenti: La scelta di Don Bosco, Le sfide odierne con una mappa dell’emarginazione e dello sfruttamento giovanile nel mondo, La risposta salesiana oggi. È un tema di fondamentale importanza salesiana che sta a cuore non solo del Rettor Maggiore ma di quanti hanno posto e impostato la loro vita a servizio dei giovani nello stile di Don Bosco.

La scelta preferenziale di Don Bosco per i giovani è da noi riconfermata ogni giorno con il nostro lavoro apostolico. Già don Vecchi, ottavo successore di Don Bosco e mio predecessore, affermava: “I ragazzi vanno presi sul serio, altrimenti li abbiamo contro o altrove. Non possiamo abusare della loro buona volontà: se chiedono pane noi diamo pane, ma se chiedono istruzione, formazione, noi non possiamo far finta di niente”. Nel capitolo sulla comunità, in cui, tra l’altro, si è discusso della rinnovata e creativa presenza salesiana in mezzo ai giovani, i membri che vi presero parte, come dicevo, hanno fortemente voluto un messaggio rivolgendolo “a coloro che hanno responsabilità nei confronti dei giovani”: responsabili della politica e dell’economia nel mondo, istituzioni umanitarie e religiose, famiglie e agenzie educative, gestori e produttori dei mass media. Dice il messaggio con decise punte di passione: “Non possiamo tacere per dichiarare con forza che non è più rinviabile l’impegno di lottare con ogni energia a favore dei giovani”. Al “j’accuse”, passando attraverso una lunga e drammatica lista di problemi vissuti dai giovani, il messaggio dei capitolari faceva seguire la proposta di una sana formazione globalizzata per preparare i ragazzi alla vita e investire sul futuro della società.

Ma la radice e l’esempio di ogni impegno rimane Don Bosco, la sua esperienza continua ad essere il riferimento di ogni salesiano in ogni parte del mondo, per ogni membro della famiglia da lui fondata, per ogni strategia e azione di prevenzione, promozione e, ahimè lì dove è necessario, recupero.

 

LA SCELTA DI DON BOSCO

La scelta per i giovani in situazione di povertà ed emarginazione, è stata quindi sempre nel cuore e nella vita della Famiglia Salesiana da Don Bosco fino ad oggi.

Don Bosco non fu uno studioso specializzato di pedagogia, non fu un filosofo dell’educazione. Durante tutta la sua vita cercò di rispondere, con straordinarie intuizioni e con un grande senso pratico, ai bisogni sempre in crescita di assistenza e di educazione degli adolescenti e giovani che approdavano a Torino in cerca di lavoro. La sua finalità principale era prevenire le cadute e le ricadute di questi giovani attraverso la loro formazione professionale, morale e religiosa. Partì dal niente per costruire un immenso edificio in cui si ritrovano i punti fermi destinati a trasferirsi in quell’ampia rete di istituti educativi che è stato definito dal papa Paolo VI “il fenomeno salesiano”.  

Dopo Don Bosco, la Congregazione Salesiana, oggi presente in 128 paesi del mondo, ha continuato con una presenza variegata di opere e di servizi a favore dei ragazzi in situazione di povertà ed emarginazione, ricavando sempre ispirazione nel criterio preventivo. La formazione professionale e l’abilitazione per il lavoro è stata una di queste risposte che si è convertita, quasi sin dall’inizio, come la carta di identità dei salesiani, pressoché universalmente riconosciuta.

In questi ultimi trenta anni però la realtà della povertà, soprattutto quella giovanile, si è venuta facendo più globale e drammatica, come conseguenza di fattori economici, culturali, strutturali e umani, fino a convertirsi in una cultura di non-solidarietà e di esclusione.

Oggi si parla infatti delle nuove povertà dei giovani per indicare tutte quelle situazioni di abbandono in cui si possono trovare o cadere. Rimane sempre la convinzione che finché non ci sia un cambio di cultura non riusciremo a superarle. Rimane comunque il fatto che la povertà socioeconomica è la più grave delle povertà perché va sempre preceduta, accompagnata o seguita da altre forme di povertà inimmaginabili. Qui, come in tante altre cose, purtroppo, la realtà supera la fantasia.

Ho individuato 12 categorie sulla fenomenologia del dramma subito da troppi ragazzi del nostro tempo. Ogni caratterizzazione è una approssimazione, ma non è mai fantasia. Di questo parleremo la prossima volta.

 

Don Pascual Chavez

Rettor Maggiore

20/9/2003

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