Oggi la maternità è diventata qualcosa di scomodo, di sconveniente e la donna che allatta il Bambino non compare più da nessuna parte, neppure nelle pubblicità. Forse però a noi, disincantati uomini dell'ormai XXI secolo, fa bene ricordare che col latte di una madre si riceve il dono della fede
del 27 febbraio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          A Serravalle, Castello di San Marino, nella Chiesa di Sant’Andrea, non appena entri ed alzi lo sguardo ti imbatti in un bellissimo affresco di una Madonna con il Bambino, risalente ai primi decenni del 1400 e attribuito a Bitino da Faenza.
          Il modello iconografico è quello della Galaktotrophousa, cioè la Vergine che allatta. Un’immagine cantata anche dal grande Agostino: Bello il Verbo nato fanciullo, perché mentre era fanciullo, mentre succhiava il latte, mentre era portato in braccio, i cieli hanno parlato, gli angeli hanno cantato le lodi, la stella ha diretto il cammino dei Magi, è stato adorato ne presepio cibo per mansueti.
          Colui che si è fatto cibo per i mansueti, si è nutrito del latte della Mansueta per eccellenza: la Vergine Maria. Così questa immagine tanto frequente nel panorama quotidiano medioevale: la donna che siede davanti all’uscio di casa e allatta il suo bimbo, è diventata immagine e icona della cura che Dio ha per il suo popolo.
          Dio ha voluto per il suo Verbo una Madre così, che non lo ha abbandonasse nell’ora del dolore, per dire al suo popolo che tale è la sua cura e il suo amore per lui. Se anche una donna si dimenticasse del suo bambino io invece - canta un oracolo divino in Isaia – non mi dimenticherò mai.
          Dio ricorda. Ma anche il popolo fa ricordare Dio. Come una donna tra la folla, vedendo Cristo, non poté fare a meno di pensare alla Madre gridando: «Beato il seno che ti ha allattato e il seno che ti ha nutrito», allo stesso modo, vedendo i credenti, il mondo dovrebbe esclamare: «Di chi è quel seno che nutre di santità e sapienza questo popolo?»
          Nell’icona mariana della Madonna del latte si nasconde questo spettro di significati e altri ancora che emergono in tante e svariate opere italiane. Eppure queste opere in tutta la penisola sono state spesso cancellate, ridipinte conculcate, quasi per l’imbarazzo che provava via via la gente nello scoprire la Vergine in un atto così naturale e insieme intimo, come quello dell’allattare. La verità è che pian piano la coscienza si è allontanata dalla semplice bellezza della maternità. Oggi la maternità è diventata qualcosa di scomodo, di sconveniente e la donna che allatta il Bambino non compare più da nessuna parte, neppure nelle pubblicità. Meglio i preparati di laboratorio, i cibi prefabbricati: prima il bimbo si abitua meglio è, così poi anche la madre ne guadagna.
          Così anche l’affresco di Serravalle aveva subito la stessa sorte: indagato dallo sguardo viziato dell’uomo illuminista (o come amava definirsi illuminato), era stato giudicato scandaloso e sconveniente e perciò trasformato in una Madonna più rassicurante come la Maestà, o la semplice Vergine col Bambino.
          Ora il recente restauro ha riportato l’affresco di Serravalle quasi alla sua originale bellezza. Dico «quasi» non per dubitare della qualità del lavoro svolto, che rimane eccellente, ma per la sorte toccata al colore il quale, a causa della pesante ridipintura, ha perso la smaltata e vibrante tonalità dell’origine.
Non appena ti avvicini a questa bella Vergine che allatta, resti affascinato dallo sguardo.
          Non recepisci nemmeno immediatamente quello che è intenta a fare. Lei ti guarda e il Figlio suo, pure, ti guarda. In effetti sconcerta che un gesto così intimo, così assolutamente privato come quello che si consuma tra una madre e il suo bambino, un gesto che neppure il padre legittimo della creatura può penetrare, sia quasi violato dallo sguardo rivolto al pubblico di Maria e di Gesù. Essi guardano noi e il loro sguardo penetrante induce a riflettere.
          La Vergine Madre ti accarezza con gli occhi, compassionevole e premurosa. Hai l’impressione che sappia già chi sei, che conosca i tuoi affanni e che, pur consapevole della tua incapacità alla gratitudine e alla fedeltà, ti offra il Figlio. Nello sguardo di questa Madre ha trovato pace, certamente, un’innumerevole schiera di madri. Non solo quelle che per i problemi di maternità e di allattamento la invocavano, ma anche quelle che soffrivano per la perdita dei figli, per il loro traviamento, la loro disgrazia, la loro malattia.
          In quello sguardo c’è pace e il manto blu che ricopre Maria, segno della grazia divina che l’ha ammantata fin dal concepimento verginale, pare scivolarti addosso: sotto la tua protezione troviamo rifugio santa Madre di Dio.
E vediamo allora il manto strattonato con decisione dal Figlio. Un gesto infrequente ma che si ritrova, talvolta, proprio nell’iconografia della Madonna del Latte.
Perché il Divino infante si aggrappa così al manto della Madre?
          Il braccio del Bimbo conduce al suo volto e scopriamo così che il suo sguardo è del tutto differente dall’intensità serena di quello di Maria. Il Cristo Bambino è come impaurito o, meglio, presago del dolore che lo attende per mano di uomini, quelli del suo tempo e quelli che lo stanno invocando ora. Forse anche per mano nostra.
Gesù si attacca, dunque, al manto di Maria perché per primo cerca rifugio sotto di esso? Oppure desidera in qualche modo ritrovare la privacy dell’approccio silenzioso al seno materno?
          L’una e l’altra cosa o, forse, né l’una né l’altra cosa. Forse Gesù vuole affrettare il tempo, l’ora in cui anche noi, finalmente, troviamo rifugio sotto il manto di sua Madre. Il Bimbetto pare voler abbandonare il tenero abbraccio e venirci incontro, anzi vuole lasciarci il posto perché ciascuno di noi cerchi riparo nel grembo di Maria. La gambetta destra, infatti, trattenuta dalla Madre, mostra l’impazienza di chi voglia scendere e tirare il più possibile il manto misericordioso per avvolgere altri.
          Del resto l’efficacia potente del latte materno era celebrata in tutti i popoli. Già tra le divinità pagane vi era la Dea Madre che, allattando uomini, trasmetteva loro doti soprannaturali tali da farli diventare semi-dei o personaggi leggendari e portentosi. Il latte, nella Bibbia è il nettare che fluirà dai colli nei tempio messianici, segno di quel latte divino con cui Dio nutre il suo popolo. I Vangeli apocrifi narrano ripetuti episodi in cui Maria sosta allattando il bimbo e, a Betlemme, si venera la Grotta del Latte, una grotta di tufo bianco che ricorda quel passaggio. La leggenda vuole che a Maria, allattando, cadde qualche goccia di latte sulla parete della grotta che tutta s’imbiancò e che la polvere di quella roccia, se pazientemente raccolta e assunta oralmente, possa risanare le puerpere o i bambini da qualunque male.
          San Carlo, per evitare simili, ed altri peggiori eccessi proibì le raffigurazioni sacre che si ispiravano agli Apocrifi. Una tale disposizione fu già all’origine della decadenza del culto per la Madonna del Latte.
          Forse però a noi, disincantati uomini dell’ormai XXI secolo, fa bene ricordare che col latte di una madre si riceve il dono della fede. Il dono della fede in un Dio che è Madre, oltre che Padre, il dono della fede nella vita che porta sempre in sé lo spiraglio della speranza, proprio come quello che apre a noi il Bimbo di Serravalle lasciandoci il posto in braccio a sua Madre.
          Allora adesso comprendiamo: forse Gesù Bambino ha lo sguardo spaventato perché vede la minaccia che ci sovrasta e allora, indicandoci il grembo della Madre, vuole premuroso additarci la via della salvezza.
Sr. Maria Gloria Riva
Versione app: 3.26.4 (097816f)