Secondo passo della Proposta Pastorale, come discernere i sogni.
«Poiché non hai domandato per te molti giorni,
né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici,
ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole.
Ti concedo un cuore saggio e intelligente»
(1Re 3,11-12)
Facciamo ora un secondo passaggio, dopo aver preso in considerazione nel primo capitolo i corretti atteggiamenti che ci permettono - come singoli e come comunità educanti - di essere aperti ad accogliere i sogni: mettersi in silenzio per ascoltarli, assumere una disciplina per farli fiorire e saper entrare nel dramma che ogni sogno ci propone.
Sappiamo anche che ogni sogno è enigmatico, non è di immediata decifrazione. Ognuno interpreta in modo diverso il sogno, lo vede a modo suo. Anche nel racconto di don Bosco in merito al sogno dei nove anni, ci viene detto che ognuno ne dava la sua interpretazione: il fratello Giuseppe afferma che diventerà un guardiano di capre e pecore, mamma Margerita predice una futura chiamata al sacerdozio e il fratello Antonio lo preconizza a capo di una banda di briganti. La nonna invece tagliò corto, chiarendo che "non bisogna badare ai sogni", chiudendo l'animata e simpatica discussione!
Effettivamente non vi è alcun automatismo sull'origine divina dei sogni, anche se il cristiano sa con certezza che Dio si può manifestare alle sue creature anche per questa via. La stessa Sacra Scrittura ci mette in allarme rispetto alla vanità dei sogni, affermando che spesso sono irreali, inconsistenti e fugaci:
Speranze vane e fallaci sono quelle dello stolto, e i sogni danno le ali a chi è privo di senno. Come uno che afferra le ombre e insegue il vento, così è per chi si appoggia sui sogni. Una cosa di fronte all'altra: tale è la visione dei sogni, di fronte a un volto l'immagine di un volto. Dall'impuro che cosa potrà uscire di puro? E dal falso che cosa potrà uscire di vero? Oracoli, presagi e sogni sono cose fatue, come vaneggia la mente di una donna che ha le doglie. Se non sono una visione inviata dall'Altissimo, non permettere che se ne occupi la tua mente. I sogni hanno indotto molti in errore, e andarono in rovina quelli che vi avevano sperato (Sir 34,1-7).
Possiamo quindi dire che i sogni vanno presi con le pinze, ovvero che su di essi deve avvenire un attento discernimento per vedere se sono "visioni inviate dall'Altissimo" oppure se "sono cose fatue" sopra cui non indugiare perdendo inutilmente il proprio tempo.
Diventa dunque chiaro quanto sia importante entrare nell'arte del discernimento. Anzi, meglio, quanto sia decisivo chiedere il dono del discernimento. Ci domandiamo dunque in questo secondo capitolo: che cosa significa discernere? Quali sono i corretti criteri per operare un discernimento sui nostri sogni? In che modo si raggiunge la sapienza divina?
Sogni e visioni sono le grandi tematiche trasversali del libro di pantalmenteso tutta la narrazione si scontrano frontalmente due grandi concezioni del mondo: quella magica e quella religiosa. La prima consiste essenzialmente nel rifiuto della creaturalità e della dipendenza da Dio. Gli imperi che compaiono nel libro di Daniele si fondano sulla negazione della trascendenza e si basano sulla forza della violenza e dipendono dai consigli degli astrologi. È il mito dell'uomo che si fa da sé e vuole essere l'unico detentore del potere. A tutto questo Daniele oppone la propria visione delle cose, che si radica nel riconoscimento sereno della sua creaturalità. Egli affida con semplicità il proprio destino a Dio, mettendosi nelle sue mani in ogni circostanza. Il testo, in un incedere drammatico, mostra quanto l'unica e vera sovranità appartenga al Dio di Daniele, che tiene misteriosamente in mano le redini della storia e la conduce verso di sé.
Daniele spicca, soprattutto come interprete autorevole dei sogni, allo stesso modo di Giuseppe in Egitto. Egli detiene una sapienza superiore a tutti coloro che si mettono in competizione con lui nella decifrazione dei diversi sogni che vengono di volta in volta raccontati. Giovane israelita di stirpe reale, senza difetti, di bell'aspetto e dotato di intelligenza e scienza, viene scelto per vivere alla corte di Nabucodonosor. La sua prima scelta, condivisa con altri tre giovani, fu quella di rimanere fedele alla tradizione ebraica in tutto e per tutto: «Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non obbligarlo a contaminarsi» (Dn 118). Secondo la narrazione, questa fedeltà alla legge dei padri diviene motivo della benedizione di Dio su di loro, perché «Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza, e rese Daniele interprete di visioni e di sogni» (Dn 1117) tanto che «su qualunque argomento in fatto di sapienza e intelligenza il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i maghi e indovini che c'erano in tutto il suo regno» (Dn 1,20).
Di fronte alla richiesta del re di interpretare un suo sogno enigmatico, mentre i maghi e gli astrologi del regno fanno riferimento alla loro sapienza umana che non li porta da nessuna parte, Daniele prende tempo e insieme ai suoi compagni fa appello al Dio dell'alleanza e della misericordia:
Daniele andò a casa e narrò la cosa ai suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria, affinché implorassero misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero, perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con tutti gli altri saggi di Babilonia. Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo: "Sia benedetto il nome di Dio di secolo in secolo, perché a lui appartengono la sapienza e la potenza. Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e li innalza, concede la sapienza ai saggi, agli intelligenti il sapere. Svela cose profonde e occulte e sa quello che è celato nelle tenebre, e presso di lui abita la luce. Gloria e lode a te, Dio dei miei padri, che mi hai concesso la sapienza e la forza, mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandato e ci hai fatto conoscere la richiesta del re" (Dn 2-17-23).
Il giovane Daniele rivela a Nabucodonosor il senso del sogno della statua con la testa d'oro e i piedi misti di ferro e argilla. Soprattutto, non ha timore di rivelare la fonte del suo sapere. Riconosce davanti al grande re che il suo legame con Dio gli offre intelligenza e sapienza e che senza questa relazione non potrebbe interpretare nessun sogno:
Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi né da indovini, né da maghi né da astrologi; ma c'è un Dio nel cielo che svela i misteri e gli ha fatto conoscere al re Nabucodonosor quello che avverrà alla fine dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto. I pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto farti conoscere ciò che dovrà avvenire. Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché né la data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore (Dn 12.27-30).
Daniele sa che Dio vede più lontano di lui. Egli, il giovane profeta, è solo un portavoce che si è svuotato di sé e si è lasciato riempire dalla sapienza di Dio, che sola è in grado di svelare ogni mistero. Questo, il grande re, non può fare altro che riconoscerlo, e dopo la spiegazione del sogno si piega in venerazione davanti al giovane rivelatore della volontà di Dio: «Allora il re Nabucodonosor si prostrò con la faccia a terra, adorò Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi. Quindi, rivolto a Daniele, gli disse: "Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero"» (Dn 2,47-48).
Sia nelle diverse prove che accadono ai quattro giovani che nei successivi sogni che avvengono nei capitoli seguenti Daniele persevera nella sua fedeltà e per questo viene continuamente benedetto con un'intelligenza profetica senza pari. Interpretando il sogno dell'albero prima rigoglioso e poi tagliato invita il re alla conversione affinché non gli accada secondo la profezia:
«L'ordine che è stato dato di lasciare il ceppo con le radici dell'albero significa che il tuo regno ti sarà ristabilito, quando avrai riconosciuto che al Cielo appartiene il dominio. Perciò, o re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l'elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità» (Dn 4,23-24).
Daniele diviene anche soggetto in proprio di sogni rivelatori, come nel caso della visione delle quattro bestie e del figlio dell'uomo nel capitolo settimo, che ci rimandano direttamente alle visioni dell'ultimo libro della Bibbia, l'Apocalisse. Nell'insieme la vicenda di Daniele ci mostra che solo Dio possiede le chiavi per interpretare i sogni e quindi solo colui che vive un'autentica relazione con lui ha accesso a questi granili misteri.
Noi oggi potremmo dire così, riprendendo il filo conduttore del libro di Daniele: la fedeltà alla vita cristiana ordinaria è la base sicura per poter accogliere i sogni e le profezie che Dio vorrà donarci e soprattutto per poterli interpretare nel modo giusto. Per riconoscere e valutare le aspirazioni e i desideri del cuore è necessario quindi perseverare nella "legge del Signore", che è non semplicemente legata all'osservanza e teriore di alcune regole rituali, ma fa - più profondamente - appello all'amicizia, alla confidenza e alla preghiera.
Daniele accede alla sapienza di Dio attraverso una vita buona, felice di conoscere La fonte da cui tutto proviene. Si raccoglie in preghiera, chiede i doni che gli servono, ringrazia per tutto ciò che riceve. Assume uno stile di vita ricco di fede e non ha paura di dichiararlo.
Il nostro stile di vita ordinario è davvero cristiano? La mia visione del mondo è magica o religiosa? Mi sento un cristiano secolarizzato oppure un cristiano che vive la sua fede in un tempo secolare?
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