Salvare dalla prostituzione

Vidi qualcosa che mi appariva assolutamente fuori posto: sotto i portici, a margine di un vicolo, una ragazza stava seduta per terra, con le mani tese e gli occhi calcinati dal pianto. Di lei ricordo ancora una cascata di riccioli neri lunghissimi e meravigliosi...

Salvare dalla prostituzione

da Quaderni Cannibali

del 16 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

          Chiavari, 21 Dicembre 1979. Nel mezzo del “caruggio”, la via principale che biseca il centro storico della cittadina ligure, una mamma tiene per mano il suo bambino quattrenne con cappellino rosso e loden di ordinanza. Erano tempi non sospetti, giacché il primato della tecnocrazia era di là da venire e il loden aveva ancora tutta la sua brava dignità di cappottino medio borghese, oltre a fornire efficacissimo riparo dalle intemperie.

          I due hanno una missione ben precisa: l’acquisizione di palline in vetro soffiato presso taluni negozi allora specializzati nella vendita di questi meravigliosi complementi natalizi realizzati da impareggiabili artigiani.

Quel bambino, come forse avrete capito, ero io.

          E quella mamma era la mia brava e dignitosa mamma, la quale, tra le altre cose, fin dalla più tenera infanzia si prodigò sempre per trasmettermi il senso del Rito: non solo sul piano importantissimo della Fede e, quindi, della pratica religiosa, ma anche nelle sue sfumature più, per usare un termine improprio, “mondane” e giocose. Perché la Ricorrenza non è solo una data sul calendario o, come purtroppo oggi tanto spesso accade, il momento in cui, vittime come siamo di psicanalisi e pessima “teologia” contemporanea , abbandonarsi alla colpevolizzazione di sé stessi, alla stigmatizzazione del proprio eventuale benessere, all’autolesionismo tipico di chi, col pretesto del “sud del mondo”,si fa inquattro per offuscare, destrutturare e fare l’autopsia della gioia del momento. Una gioia che, in particolare sotto Natale, tocca (o dovrebbe toccare) quella parte di Spirito che è in noi e, in quanto tale, permea ogni aspetto del vissuto quotidiano: dalla celebrazione religiosa al riscoprire e rinsaldare i rapporti familiari, dalle preghiere sussurrate davanti ad una umile mangiatoia allo scartare pacchetti e pacchettini.

          Ebbene, in quel contesto fatto di luci, colori, statuine, funghetti e fatine di vetro soffiato io vidi qualcosa che mi appariva assolutamente fuori posto: sotto i portici, a margine di un vicolo, una ragazza stava seduta per terra, con le mani tese e gli occhi calcinati dal pianto. Di lei ricordo ancora una cascata di riccioli neri lunghissimi e meravigliosi, così come le dita, macchiate di sporcizia ma affusolate ed eleganti, e un viso che, nonostante i solchi lasciati dalle lacrime, mi apparve bellissimo e, soprattutto, buono: la brutalità della strada non aveva in lei trasformato la disperazione in odio inverecondo verso il suo prossimo più “fortunato”.

Mia madre si avvicinò e, messa mano alla borsa, le diede 10.000 Lire.

La ragazza le rivolse un sorriso stupito e disse, semplicemente, “Grazie!”.

          Io fui incuriosito da quel gesto: avevo quattro anni e, contrariamente ai fanciulli di oggi, non possedevo ovviamente un cellulare, non potevo immaginare nemmeno cosa fosse Internet, non passavo le giornate per strada a fingermi più “adulto” di quanto i miei dati anagrafici presupponessero. Vivevo, insomma, tra casa e scuola e, con quel manicheismo tipico dei bambini, la “elemosina” era per me qualcosa di esclusivamente confinato alla questua durante la Messa domenicale.

Chiesi, pertanto, a mia madre: “Mamma, perché hai dato i soldini a quella signora?”.

          Mia madre rispose con una punta di severa durezza: “Se quella ragazza chiede l’elemosina per strada vuol dire che non si prostituisce: anche un piccolo gesto oggi può salvarla dalla prostituzione domani”.

          Io, un poco intimidito dal tono perentorio di mia madre, non indagai oltre (oggi capisco che ella rispose più a sé stessa che alla mia domanda, per l’inquietudine interiore che la situazione generò in lei), però capii al volo un paio di cosette che mi rimasero per sempre impresse nella mente: 1) la prostituzione è qualcosa di orribilmente sbagliato, sempre e comunque; 2) la prostituzione è qualcosa da cui il proprio prossimo deve salvarsi, sempre e comunque; 3) nel dubbio, dona: non lasciare mai che la “razionalità” (leggi: il fatalismo, la pseudocoscienza della “inevitabilità”, il qualunquismo, il calcolo probabilistico e il cartesianesimo applicati ai sentimenti) stemperi e raffreddi uno slancio di generosità istintiva.

          Quella breve e secca risposta di mia madre fu, ad oggi lo capisco, un efficacissimo ed imperituro “seminario di pedagogia”: niente fumo e tutto arrosto, concentrato in quattro parole quattro. E’ proprio vero che la Divina Provvidenza agisce nella maniera più semplice e, al contempo, imprevedibile: anche tramite una fragilissima e bellissima pallina di vetro soffiato…

Perché oggi, a distanza di 32 anni, mi è tornata vivida alla mente questa rimembranza?

Semplice: si tratta dell’ennesimo attacco di “sindrome di San Pietro” che periodicamente (con frequenza sempre maggiore, in verità…) affligge il sottoscritto.

          Questa la pròfasis: sta spopolando su facebook, da un po’ di tempo in qua, il banner che recita: “Nella moderna ed efficiente Germania 400.000 escort esercitano legalmente la loro professione versando nelle casse dello Stato quattro miliardi di Euro all’anno. L’Italia preferisce rinunciare ai quattro miliardi e definirsi paese Cattolico (maiuscola mia -n.d.a.-) non facendo pagare sei miliardi di ICI alla Chiesa (idem con patate). Quattro+sei miliardi = 10 miliardi, cioè metà della manovra lacrime e sangue del governo monti (minuscola mia -n.d.a.-)”.

          Ora, di fronte a simili castronerie la reazione istintiva del sottoscritto consterebbe nel metter mano alla spada e fare a pezzi (dialetticamente, si intende) questi imbecilli che a Dio hanno sostituito il contributo fiscale, un po’ come fece, meno dialetticamente e più terminalmente, Pietro ai danni di Malco nell’orto del Getsemani.

          Poi mi ricordo, con qualche notevole sforzo di abnegazione zen, che “chi di spada ferisce di spada perisce” e cerco di placare l’ira, coadiuvato magari da robuste libagioni di Scotch…

          Vedete, è quel “legalmente” che mi fa uscire dai gangheri e inficia sul nascere quell’amore verso il mio “prossimo” che Cristo mi invita a praticare: perché solo chi ha segatura nelle viscere e stallatico nel cervello può propalare la valenza demiurgica e “salvifica” della “legge”: se è ” legalmente consentito” allora va bene, sempre e comunque. Un’attitudine giuspositivista che già ci ha regalato due assurdità non da poco: la pazzia abolita per legge e la trasformazione dell’omicidio in IGV (interruzione volontaria di gravidanza). Cioè, fino a ieri l’uccisione del concepito era omicidio, ma oggi, dopo quattro righe pubblicate sulla gazzetta ufficiale tale non è più.

          Allo stesso modo la prostituzione non deve più essere percepita come un’attività degradante, profondamente disumana e assimilabile alla schiavitù: in questo mondo “moderno ed efficiente” la prostituzione non è più qualcosa da cui rifuggire e le prostitute non devono “essere salvate”, perché arriva la “legge” che le nobilita attraverso il prelievo fiscale.

Non solo: la “legalizzazione” della prostituzione diviene un parametro di valutazione della maggiore o minore “civiltà” di una nazione.

          Bene, prendendo le mosse dalle esternazioni dei sicofanti della fiscalizzazione dell’utero mi limito a proporre una valida alternativa: i cittadini italiani sono circa 60 milioni. Escludendo anziani, dializzati ed infanti dimezziamo e arriviamo a 30 milioni. Ciascuno di questi è dotato di due reni perfettamente funzionanti. Il prezzo medio di un rene sul mercato nero è di circa 50.000 Euro. Si può perfettamente vivere con un rene solo. Ergo, “legalizziamo” l’espianto forzoso, facciamo 50.000 moltiplicato per 30.000.000 e otteniamo 150000000000, cifra che non so neppure scrivere ma che, più o meno, fa 150 milioni di miliardi di Euro.

Cifra pi√π che sufficiente per consentirci di comprare e colonizzare Alpha Centauri.

          Questo fatto, provvediamo immediatamente a deportare nel neocostituito Impero Galattico tutti gli imbecilli che scambiano le Chiese per dei MacDonald insieme agli imbecilli che fanno facile economia politica sui corpi altrui e che difficilmente andrebbero in solluchero qualora le di loro figlie, mamme, mogli o compagne decidessero di intraprendere, “legalmente” of course, “l’onorato mestiere”…

Francesco Natale

http://costanzamiriano.wordpress.com

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