Andiamo a conoscere meglio San Francesco di Sales, figura dalla quale don Bosco prende ispirazione non solo per il nome della Congregazione ma anche per i valori e per il carisma.
L’8 dicembre 1844, don Bosco inaugurava nella periferia di Torino un “oratorio” dedicato a san Francesco di Sales. Da tre anni ormai, egli radunava ogni domenica e durante le feste i ragazzi che incontrava nelle strade e nei cantieri della città. L’opera “salesiana”, che allora era soltanto agli inizi e che egli chiamò oratorio, ricordando l’Oratorio fondato a Roma nel secolo XVI da san Filippo Neri, era destinato all’educazione di giovani spesso molto sprovveduti. Oltre alla formazione religiosa da lui considerata come fondamentale, don Bosco non trascurava la formazione umana e l’istruzione, e per di più, infondeva un’impronta festosa a tutte le attività, nelle quali il gioco, il canto e i divertimenti avevano una parte rilevante.
Descrivendo quella giornata storica nelle sue Memorie dell’Oratorio di san Francesco di Sales, l’educatore piemontese si addossò il compito di spiegare le ragioni per cui aveva scelto la protezione di questo santo. La prima era apparentemente fortuita: il ritratto di san Francesco di Sales ornava già di fatto l’ingresso del locale di cui prendeva possesso. La seconda, più personale, viene esposta con una certa ridondanza:
«Perché la parte di quel nostro ministero esigendo grande calma e mansuetudine, ci eravamo messi sotto alla protezione di questo santo, affinché ci ottenesse da Dio la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria mansuetudine e nel guadagno delle anime».
Così avvenne che quell’antico vescovo, nato nel 1567 vicino ad Annecy nella Savoia, morto nel 1622 a Lione, diventò il protettore di tutta l’opera di don Bosco. La figura di san Francesco di Sales, pastore zelante e amabile, missionario eroico nelle vicinanze della Ginevra protestante, autore di libri famosi come la Filotea e il Teotimo, catechista dei fanciulli, direttore spirituale ricercato e fondatore con santa Giovanna di Chantal dell’ordine della Visitazione, indubbiamente gli piaceva.
Già quando era in seminario a Chieri, questa luminosa figura lo accompagnava. Cercava di dominare il suo temperamento focoso e talvolta violento, imitando il santo vescovo e il suo modo stupendo di relazionarsi con gli altri. Un suo coetaneo ha raccontato che c’era un altro seminarista che si chiamava Bosco Giacomo. Per distinguersi del compagno, questi amava definirsi in dialetto piemontese bosc d’pouciou (legno duro del nespolo), mentre Giovanni si sforzava di diventare bosc d’sales (legno flessibile come il salice). Alla fine del seminario, durante gli esercizi spirituali di preparazione all’ordinazione, egli prese questo proposito: “La carità e la dolcezza di san Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa”.
Don Bosco aveva veramente san Francesco di Sales nel cuore e nella mente. Ogni anno, la festa del santo Patrono che si faceva allora il 29 gennaio, veniva celebrata all’Oratorio con grande solennità. Diceva: «Il mio spirito e lo spirito di questo oratorio è lo spirito di san Francesco di Sales». Quando Domenico Savio entrò per la prima volta nella stanza di don Bosco, «il suo sguardo – racconta don Bosco – si portò subito su di un cartello, sopra cui a grossi caratteri sono scritte le seguenti parole che soleva ripetere s. Francesco di Sales: Da mihi animas, caetera tolle». I “Salesiani” da lui fondati nel 1859 dovevano avere lo spirito di carità e di zelo che contraddistingueva il loro Patrono.
Quando don Bosco decise di dare inizio all’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, la data scelta per fare le prime elezioni in vista della costituzione del primo capitolo superiore con Madre Mazzarello, fu proprio il 29 gennaio 1872, “il bel giorno di san Francesco di Sales”, come dice la cronaca. D’altronde è risaputo che in molti posti dove lavorano, le Figlie di Maria Ausiliatrice vengono spesso chiamate Suore Salesiane.
Don Bosco si rallegrò molto quando Pio IX dichiarò solennemente nel 1877 san Francesco Dottore della Chiesa. In quell’occasione, le Suore della Visitazione di Annecy gli chiesero di partecipare alla decorazione della loro chiesa in onore del “Dottore della carità”. La risposta fu subitanea: «Voto del mio cuore sarebbe che la nostra congregazione, posta sotto la protezione dell’amabile Dottore, avesse in cotesto santuario un altare a testimonianza della nostra divozione». E così fu fatto.
In quegli anni, la devozione al Cuore di Gesù conosceva un notevole sviluppo. A Roma, don Bosco fu incaricato da Leone XIII di costruire la basilica del Sacro Cuore. Bisogna ricordare a questo proposito che san Francesco di Sales è colui che ha seminato i germi di questa devozione. Niente dunque di strano se fu proprio una sua figlia spirituale, santa Margherita Maria Alacoque, a ricevere le rivelazioni del Sacro Cuore a Paray-le-Monial.
Durante il famoso viaggio a Parigi nel 1883, don Bosco volle compiere un pellegrinaggio “salesiano”. Sapendo dell’esistenza della famosa statua della Madonna Nera di Parigi, davanti alla quale amava pregare il giovane Francesco, si recò nella chiesa dove si trovava e scrisse in francese nel registro delle Messe: «Abbé Jean Bosco, superiore della Pia Società Salesiana, raccomanda a S. Francesco di Sales tutte le opere di cui S. Francesco è il Patrono».
Don Bosco morì il 31 gennaio 1888. Due giorni prima, proprio il 29 gennaio, festa del Patrono, aveva ricevuto per l’ultima volta la santa Comunione. Si riteneva che quel giorno il pellegrinaggio di don Bosco era finito, anche se il Signore sia poi venuto a prenderlo più tardi, il mattino presto del 31. «Come se san Francesco fosse venuto a cercarlo», si diceva.
Scritto da www.sdb.org
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