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San Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza

Come definirlo in sintesi? "Un artista maturato nella sofferenza e nella speranza". Don Orione, prima di ripetere, assorbe, fa sangue del suo sangue anche il pensiero altrui e lo ributta fuori in chiave totalmente personale.


San Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza

da Testimoni della Fede

del 15 maggio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

           Don Orione ha praticato con sacrificio e zelo instancabili l''apostolato della penna'. Egli non scrive con fini artistici, con l'intento di lasciare traccia di sè sul piano letterario. Ben più elevati sono i suoi ideali. Egli parla 'ex abundantia cordis' con tutta la sincerità, l'ardore, la passione della sua grande anima che fa dello scritto solo e sempre un mezzo proteso ai suoi altissimi fini: gloria di Dio, salvezza delle anime, sviluppo della Chiesa.            I suoi argomenti sono sostanzialmente i suoi amori: è logico quindi che quando Don Orione prende la penna, la prende con quello spirito con cui il Sacerdote prende in mano gli strumenti apostolici della sua sacra missione.            Lo stile - si è detto pure - dipende anche dalla 'cosa' che si tratta. E le pagine di don Orione variano assai se trattano di temi forti e impressionanti, quali i doveri del religioso e del cristiano di fronte all'eternità e ai divini giudizi, oppure se si riferiscono ad argomenti dolci e delicati, come la devozione alla Madonna, la pietà verso i poveri o anche i suoi ricordi personali del padre, della mamma, della famiglia.

           Il suo stile, ordinariamente pragmatico e paternamente autoritario, assume sovente toni lirici, come in 'Dio e mia madre', 'Più fede!', 'Lavorare cercando Dio solo'. Diviene profetico e trionfale in 'Cristo avanza!', quasi rivoluzionario in 'Lavoratori, è suonata l'ora!', armonioso in 'Volle morire a braccia aperte', fiorettistico nella 'Leggenda di Frate Ave Maria' e addirittura mistico in 'Vedere e servire Cristo nell'uomo'; molte sono le aperture a temi sociali, come in 'Donna, famiglia, società', 'Alla testa dei tempi', 'Per una nuova civiltà'.

           Ma resta costante il comune denominatore: l'appassionata personalità di Lui sempre grande, sempre forte, sempre fiducioso in Dio, qualunque sia l'argomento trattato. E' sempre la 'soprannaturalità' che determina e accompagna il suo dire.

           Sappiamo, in merito, che Don Orione, seminarista a Tortona, si dichiarava legato ai 'romantici' come più realisti, più vicini al sentire popolare, all'uomo concreto e soprattutto in linea con il cristianesimo.

           Ammirava anche i 'classici', ma solo nella 'forma'. Non ne condivideva l''animus' alquanto astratto e idealizzatore, a differenza del quasi 'verismo' dei 'romantici'.           Influssi di altri scrittori dell'epoca o anche precedenti? Don Orione certo non presenta quella originalità che caratterizza molti mistici da S. Caterina da Siena a S. Teresa d'Avila, fino ai più recenti come Elisabetta della SS. Trinità, Charles de Foucauld o Réné Voillaume. Egli piuttosto riprende motivi già trovati da altri; certe sue espressioni riecheggiano, quasi ad litteram, Ludovico da Casoria, Lorenzo da Brindisi, il Rosmini, la stessa Caterina da Siena, dalla quale toglie le più calorose parole sul Papato e sulla Chiesa.

           Ma se manca l'originalità inventiva, resta quella del sentimento ardente e convinto. Don Orione, prima di ripetere, assorbe, fa sangue del suo sangue anche il pensiero altrui e lo ributta fuori in chiave totalmente personale. Nessun'ombra di plagio, se mai condivisione vissuta!            La vita di Don Orione, il suo carisma, la sua piena donazione a Dio e ai fratelli, il suo olocausto totale e costante traspaiono dai suoi scritti e dànno al suo Epistolario un posto primario tra gli epistolari ascetici degli ultimi due secoli. Il solo Rosmini può stargli accanto. La sola bibliografia basta a documenta il crescente interesse verso la sua vita e i suoi scritti.            Come definirlo in sintesi? Ernesto Buonaiuti ha qualificato Silone 'un artista maturato nella sofferenza e nella speranza' ('Il risveglio' 1945). Non vedremmo difficoltà nell'applicare tale qualifica, naturalmente con altri parametri ascetici, a Don Orione stesso.

           'Io penso come un poeta', confessava di sè Dostojewski; Don Orione avrebbe detto: 'Io penso come un cristiano', ma dando al termine tutta la estensione e profondità con cui lo traduceva nella vita. Cristiano, ecclesiastico, apostolo fino al midollo dell'anima!

Il nome della famiglia religiosa 'PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA'           Con il Decreto del vescovo di Tortona Mons. Bandi del 21 marzo 1903, la Congregazione fondata da Don Orione viene approvata con il nome di 'Opera della Divina Provvidenza'. Era questo il nome delle origini. 'Il nostro minimo Istituto che, per bontà del Signore, sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza', scrisse Don Orione a Mons. Bandi chiedendo l'approvazione.           Era vero. Quando, il 15 ottobre 1895, Don Orione aperse il primo collegetto, lo intitolò Piccola Casa della Divina Provvidenza. Già il 25 settembre 1895, Don Orione presentò a Mons. Bandi per la prima volta i suoi figlioli spirituali con il loro nome proprio, Figli della Divina Provvidenza (La Scintilla, 25 settembre 1895). Con il titolo Opera della Divina Provvidenza, il 15 agosto 1898, uscì il primo numero del bollettino della Congregazione. Anche la Madonna messa in venerazione nei primi inizi ebbe per titolo Madonna della Divina Provvidenza.          Da qualcuno, in passato e ancora oggi, si scrive e si dice che il primo nome che Don Orione avrebbe voluto dare alla Congregazione sarebbe stato Compagnia del Papa. Ciò non corrisponde al vero. La Compagnia del Papa fu il nome che Don Orione avrebbe voluto dare al 'nucleo strettissimo' che doveva fare come da 'centro della Congregazione' (Scritti 52, 5); era - spiegò Don Orione - quella 'Compagnia essenziale, che deve avere in mano tutte le altre Famiglie religiose, che costituiscono l'Opera della Divina Provvidenza: eremiti lavoratori, adoratori, dame, collegi, suore, preti, ecc' (Scritti 10, 14). Quel progetto non fu possibile realizzarlo e non si parlò più neppure della 'Compagnia del Papa'. Quel nome - pur posteriore a Opera della Divina Provvidenza - resta un importante riferimento del carattere papalino del carisma di Don Orione e della sua Famiglia religiosa.          Don Orione, dopo qualche anno dagli inizi, cominciò ad apporre l'aggettivo 'PICCOLA' al nome 'OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA' determinando la denominazione definitiva. In un decreto di mons. Bandi del 4 ottobre 1908, questo aggettivo vi è ripetuto ben dieci volte. Il 20 novembre 1910, Pio X stava stendendo un decreto col nome primitivo della Congregazione e Don Orione lo 'corresse' e gli chiese di scrivere 'la Piccola Opera'. A don Sterpi, il 26 novembre successivo, scrisse: 'sono io che gli (a Pio X) ho detto la 'Piccola Opera', ecc; e così si chiamerà' (Scritti 11, 43).E 'Piccola Opera della Divina Provvidenza' restò il nome completo e definitivo.

Ignazio Terzi

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