San Paolo si racconta - terza e ultima parte

Un giorno stavo trafficando al porto, quando vidi Barnaba venirmi incontro: quella visita inaspettata mi invase di gioia. Da quando ero partito da Gerusalemme nessuno dei fratelli era più passato a farmi visita... Il mio cuore esplodeva di commozione. Intuivo che Dio mi stava affidando qualcosa. E infatti, Barnaba era venuto a Tarso per prendermi con sé e portarmi ad Antiochia.

San Paolo si racconta - terza e ultima parte

da Testimoni della Fede

del 05 maggio 2009

 

Un giorno stavo trafficando al porto, quando vidi Barnaba venirmi incontro: quella visita inaspettata mi invase di gioia. Da quando ero partito da Gerusalemme nessuno dei fratelli era più passato a farmi visita… Il mio cuore esplodeva di commozione. Intuivo che Dio mi stava affidando qualcosa. E infatti, Barnaba era venuto a Tarso per prendermi con sé e portarmi ad Antiochia. Non indugiai neppure un istante e la sera stessa ero già in viaggio verso quella città. Barnaba mi spiegava che il cammino dei fedeli ad Antiochia era giunto a una svolta decisiva: ci si trovava di fronte alla prima comunità composta da pagani e questa era ritenuta una sfida per tanti fratelli provenienti dal giudaismo che guardavano la cosa con sospetto. Ci voleva qualcuno che conoscesse bene il mondo pagano, che fosse ben ferrato sui principi del giudaismo e che allo stesso tempo avesse un’esperienza forte della gratuità di Dio: Barnaba aveva pensato a me. Fu ad Antiochia che cominciammo a essere considerati non più come una setta interna al Giudaismo, ma come qualcosa di distinto: la gente ci chiamava con un nome ben preciso: “cristiani”.

Antiochia divenne una sorta di “quartier generale” per tutto il nostro ministero: non saprei dirvi quante furono le città che visitai, quanti furono i viaggi che intrapresi… Non lo dico per vantarmi, ma per aiutarvi a sfiorare la potenza dello Spirito che apriva le strade del mio apostolato, infondendo nel mio povero vaso di creta uno slancio illimitato. Non sono mai stato un uomo forte, anche se questa può essere l’impressione che traspare dalle mie lettere. A Corinto i falsi fratelli approfittavano di questo, insinuando che i miei scritti non erano in sintonia con la mia persona: se questi erano duri e forti, la mia presenza era al contrario debole e dimessa. Ma la potenza di Cristo si manifestava proprio in questo.

Quante fatiche, quante prigionie, quante minacce, quante percosse ho sopportato per il vangelo! Per ben cinque volte ho ricevuto dai giudei i trentanove colpi, tre volte sono stato battuto a sangue con le verghe, una volta mi hanno pure lapidato… per non parlare dei naufragi o dei pericoli a cui era costantemente esposta la mia vita: pericoli di briganti, dei pagani, dei falsi fratelli; pericoli sulle strade, sui mari, sui fiumi, nei deserti, nelle città… e poi i travagli, le veglie, i digiuni, la fame, la sete, il freddo… Eppure tutto questo non bastava per scoraggiarmi: era troppo grande l’esperienza che avevo fatto sulla via di Damasco, era troppo forte la certezza che in quel Gesù morto e risorto si celava la rivelazione più grande che l’uomo avesse mai ascoltato!

Due erano i punti saldi che mi sostenevano: il mistero della croce e il pensiero costante delle giovani comunità che lo Spirito aveva dato alla luce servendosi del mio povero ministero. E vi posso assicurare che tanti erano i rischi a cui queste giovani chiese erano esposte: c’era chi voleva annacquare la centralità della croce, chi preferiva il compromesso alla persecuzione, chi pretendeva che i pagani dovessero farsi circoncidere… C’era una paura enorme di essere espulsi definitivamente dal Giudaismo ufficiale… quanto ho dovuto lottare su questi aspetti, quanto ho dovuto soffrire!

Erano anni duri nel rapporto tra cristiani e giudei, la rottura definitiva si stava ormai consumando. Fu così che colsero occasione in una delle mie predicazioni per tentare di uccidermi ma fui salvato dai romani che però mi arrestarono. Colsi così l’occasione per appellarmi al giudizio di Cesare che come cittadino romano mi spettava di diritto. Mi era data la possibilità di testimoniare Cristo anche a Roma, fu così che preferii un ulteriore e travagliato viaggio alla libertà che mi sarebbe stata concessa dal governatore Agrippa. La tempesta e il naufragio che seguirono non li immaginavo neanche lontanamente. Seguì la prigionia a Roma la quale mi dette la possibilità di annunciare Cristo ai giudei che vivevano lì, alcuni aderirono a lui, altri non vollero credere.

Su questo sfondo gli anni volarono e mi ritrovai ben presto con due mani, strette come una morsa attorno alle mie braccia. Mi stavano conducendo alla morte. Ricordo che non pensavo minimamente a me stesso... L’unico timore che mi attraversò il cuore pochi attimi prima di morire fu la paura che le giovani comunità non potessero reggere a tante minacce… Chiudendo gli occhi, con il mio ultimo pensiero le passai in rassegna, una dopo l’altra, stringendole insieme a me attorno al mistero della croce e affidandomi con loro a quell’uomo nudo appeso su di essa…

Vi affido al Dio del Signore nostro Gesù Cristo, pregando perché egli conceda anche a voi di conoscere i tesori della sua gloria e di afferrare la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo che trascende ogni conoscenza umana. la sua grazia sia su tutti coloro che lo cercano con amore.

 

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