Se è vero che “la cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero: esso è la sorgente di tutta l'arte e di tutta la scienza”, come diceva Albert Einstein, gli scienziati del Cern che lavorano all'acceleratore di particelle di Ginevra hanno di che rallegrarsi. Il bosone di Higgs, quella “particella di Dio” prevista dal “modello standard” non è stato individuato.
del 15 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Scopriremo la particella di Dio
          La «Particella di Dio» ha due proprietà straordinarie: anzitutto essere una autentica «pallina», non dotata di moto intrinseco rotatorio come sono le «trottoline». Eppoi essere dotata di massa immaginaria.
           Non come concetto filosofico astratto. Ma come componente effettiva di quella cosa individuata dal grande fisico francese Joseph-Louis Lagrange (1736-1813) e per questo detta Lagrangiana. In termini semplici la Lagrangiana è la densità di energia legata a un fenomeno fisico. Il primo passo per affrontare un problema fisico è infatti riuscire a trovare qual è la densità di energia legata al problema che si vuole cercare di capire. Ed ecco come nasce l’importanza della «Particella di Dio». Essa permette di fare calcoli senza avere risultati divergenti. Vediamolo con un esempio.          Se facciamo un calcolo per sapere quanto possiamo spendere per i regali di Natale diamo per scontato che il risultato deve essere ragionevole: esempio 350 euro. Se venisse fuori un numero come 350mila euro, dovremmo cercare di capire dove abbiamo sbagliato. Se ripetendo il calcolo trovassimo un numero ancora più grande, addirittura infinito, dovremmo concludere che quel calcolo ha dentro un errore che ci porta a risultati divergenti. È ciò che accade quando nei calcoli dei fenomeni fisici fondamentali si introduce la massa.Un bel piatto di spaghetti non potrebbe esistere se la sua massa fosse zero. Il Sole, la Luna, le montagne, gli oceani, l’aria che respiriamo, noi stessi, non potremmo esistere se non ci fosse la massa. Eppure quando si cerca di descrivere in modo rigoroso l’Universo nelle sue proprietà fondamentali ci si accorge che sarebbe molto meglio se la massa potesse essere eliminata dalla descrizione matematica dei fenomeni fisici. Volendo insistere nel tenere la massa, vengono fuori calcoli con risultati infiniti cui si dà il nome di «divergenze»: un bel guaio in quanto serve a poco descrivere tutto ciò che esiste come se fosse privo di massa.          Tornando all’altra proprietà della «Particella di Dio» – essere pallina – ricordiamo che qualsiasi cosa è fatta di «trottoline», non di palline. Le trottoline per fare il mondo a noi familiare sono di appena tre tipi: protone, neutrone ed elettrone. Il protone e il neutrone sono fatti ciascuno con tre trottoline fondamentali dette «quark». L’elettrone invece è esso stesso trottolina fondamentale. Non esiste alcun esempio di particella fondamentale che sia di tipo «pallina» con massa immaginaria.Furono sei fisici (Englert, Brout, Higgs, Guralnik, Hagen, Kibble) ad avere l’idea di mettere nella Lagrangiana una «pallina» con massa immaginaria. E infatti per diversi decenni la particella ipotizzata dai sei fisici venne per semplicità definita «bosone di Higgs». Poi «Particella di Dio», per due motivi. L’enorme difficoltà nel provarne l’esistenza e il miracolo che avrebbe dovuto produrre: dare la massa a tutto ciò che esiste senza produrre le catastrofi dette divergenze. Evitare le divergenze non è un dettaglio banale. E infatti sono stati due grandi fisici, Gerardus ‘t Hooft e Martinus Veltman, a dimostrare che l’introduzione di una pallina con massa immaginaria permette di superare i guai delle divergenze. Ecco quindi il grande miracolo: produrre la massa reale per tutte le «trottoline» fondamentali e cioè quark (necessari per fare protoni e neutroni) e leptoni (di cui l’elettrone è un esempio) che sono indispensabili per fare il mondo. E produrre anche la massa zero per quella trottolina detta «fotone» di cui la luce è un esempio. Come se non bastasse la «Particella di Dio» con massa immaginaria genera una «Particella di Dio» con massa reale. È questa particella che da diversi anni noi abbiamo cercato di produrre nei nostri Laboratori al Cern, prima con la macchina Lep e oggi con la macchina Lhc.          Con la macchina Lep (il collisionatore di elettroni e antielettroni) siamo riusciti a stabilire che la «Particella di Dio» non poteva esistere con massa inferiore a 114 miliardi di elettronvolt; qualcosa come 120 volte la massa dei nostri protoni (chi scrive è stato co-autore del progetto per cercare il bosone di Higgs con Lep).Con la nuova macchina del Cern (Lhc Large Hadron Collider operante a 7mila miliardi di elettronvolt) sembra che i primi segni della sua esistenza con massa superiore a quanto stabilito con Lep comincino a venir fuori. I due gruppi di ricerca (Cms e Atlas) hanno portato i risultati finora ottenuti ed è fuori discussione che le notizie sono incoraggianti. Ieri al Cern, nell’Aula Magna strapiena di fisici, giornalisti e invitati d’eccezione, il responsabile supremo del Cern, Rolf Heuer, ha giustamente messo in evidenza il messaggio scientifico che nasce da queste nuove rigorose ricerche. E cioè che c’è una sola certezza: entro il 2012 – prima dell’interruzione per venti mesi di Lhc – sapremo se la «Particella di Dio» esiste veramente o se toccherà a Lhc, operante a 14mila miliardi di elettronvolt, dare la risposta. È bene essere prudenti, essendo in gioco un problema la cui soluzione è attesa da circa mezzo secolo. E infatti la prima volta che questo problema venne trattato fu alla Scuola internazionale di fisica subnucleare di Erice: correva l’anno 1964.  La sfuggente particella di Dio          Se è vero che “la cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero: esso è la sorgente di tutta l’arte e di tutta la scienza”, come diceva Albert Einstein, gli scienziati del Cern che lavorano all’acceleratore di particelle di Ginevra hanno di che rallegrarsi. Il direttore del Cern, Rolph-Dieter Heuer, ha spiegato che il bosone di Higgs, quella “particella di Dio” prevista dal “modello standard” e che da sempre sfugge all’osservazione degli scienziati, non è stato individuato. Sono state trovate tracce del suo passaggio, indizi circa la sua dimensione – 126 volte più grande di un protone – e altri segni promettenti circa la riuscita di un progetto costato otto miliardi di euro e che tanta attenzione pubblica ha convogliato negli ultimi anni.
          L’osservazione del bosone ha un aspetto strettamente scientifico e uno largamente simbolico. Per i fisici si tratta di trovare una conferma sperimentale di ciò che da oltre sessant’anni è previsto in un’ipotesi che spiega coerentemente il funzionamento di atomi e particelle. Nei decenni, gli scienziati hanno studiato molte altre particelle “elementari” ma il bosone che sempre sfugge è il tassello mancante del modello teorico.
          Il valore simbolico è legato alle considerazioni sui limiti della scienza: se orde di neofiti si sono precipitati a osservare quello che stava succedendo a Ginevra è per la promessa – spesso malintesa e alimentata senza criterio da ambienti lontani della scienza – che in quell’acceleratore di particelle s’annidasse la prova che tutto ciò che esiste, trascendenza compresa, potesse essere afferrato con strumenti umani e ricondotto a una particella che, come spiegava il suo teorico ideatore con senso del paradosso, è anche all’origine di Dio.
          La ricerca dello sfuggente bosone è materia affascinante e gli sforzi compiuti finora – e quelli che saranno compiuti in futuro – sono pienamente ragionevoli nell’ottica di una scienza che ricerca la verità nell’infinitamente piccolo. Le tracce del suo passaggio sono miele per gli spiriti illuminati dalla saggezza scientifica di Einstein e sono fiele per chi aveva sperato nella possibilità che tutto ciò che esiste potesse essere circoscritto, osservato e spiegato in un acceleratore di particelle.
 
Antonino Zichichi
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