A proposito del premio Nobel per la Fisica assegnato a Mather e Smoot, ricordando lo splendido discorso del papa a Ratisbona...
del 10 ottobre 2006
Gli Accademici di Svezia (forse) non lo sanno e nessuno sui media se n’è accorto, ma aver dato quest’anno il Nobel per la fisica a Mather e Smoot per la famosa “fotografia del Big Bang” (hanno cioè misurato la radiazione cosmica di fondo), significa indirettamente “premiare” papa Ratzinger per l’ esplosivo discorso di Ratisbona e addirittura concordare con il famigerato Manuele Paleologo. Paradossalmente (ma non tanto) oggi è la fisica moderna – e innanzitutto il suo pilastro, Albert Einstein – a dare la conferma più clamorosa alle parole del Paleologo citate dal Papa. L’imperatore bizantino – com’è noto – contestava all’intellettuale islamico “la conversione mediante la violenza”, ma qui non ci interessa tanto questa polemica quanto la precedente discussione teologica. Ecco la due posizioni.
 
“Per la dottrina musulmana Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà” spiega Ratzinger “non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza”. Invece per il Paleologo e per i cristiani è vero quanto annuncia il Vangelo di S. Giovanni: “in principio era il logos e il logos è Dio”. Cioè Dio agisce, crea il mondo, con il logos (che significa ragione e parola). Per questo il cosmo è conoscibile alla mente umana che ne scopre le leggi razionali. L’affermazione centrale di Manuele II che Ratzinger ha fatto propria è questa: “non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”.
 
Se volessimo fare un salto di secoli troveremmo lo stesso identico concetto del Paleologo formulato da Albert Einstein: “Dio non gioca ai dadi”. E’ la battuta con cui il grande fisico si contrapponeva a una certa concezione della fisica quantistica, quella di Niels Bohr e altri, per i quali la “mirabile struttura della realtà” svaniva, come i suoi nessi di causa ed effetto, la sua razionalità e alla lunga gli stessi concetti univoci di “essere” e di “conoscenza”.
 
Einstein non accettò mai che il cosmo fosse governato dal caso e affermò strenuamente due principi senza i quali la scienza si dissolve. Il primo: “la fede in un mondo esterno indipendente dal soggetto che lo percepisce è la base di ogni scienza naturale”. Il secondo: “è certo che alla base di ogni lavoro scientifico si trova la convinzione, analoga al sentimento religioso, che il mondo è fondato sulla ragione e può essere compreso”.
 
Einstein è affascinato da questo mistero: “la comprensibilità del mondo”. Lo definisce “un miracolo” perché “sicuramente, a priori, ci si dovrebbe aspettare che il mondo fosse caotico, inafferrabile in qualsiasi modo dal pensiero”. Invece non è così. Ed Einstein spiega: “la mia religiosità consiste in una umile ammirazione dello Spirito infinitamente superiore che si rivela in quel poco che noi, con la nostra ragione debole ed effimera, possiamo capire della realtà”. Ratzinger a Ratisbona ha ribadito lo stesso concetto: “la fede della Chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata, esista una vera analogia”.
 
La convinzione di Einstein derivava dai suoi stessi studi di fisica teorica. Le sue “scoperte” non sono mai state sperimentali, ma derivavano da calcoli e deduzioni logiche fondate sulla certezza che la realtà risponda a leggi razionali. Così le sue formule (come la più celebre E = mc² ) sono state confermate da scoperte fatte molti anni dopo. Anzi, la sua “Teoria generale della relatività” del 1915 conteneva implicitamente una “predizione” di immensa importanza di cui lo stesso Einstein, al momento della formulazione, non si rese conto: “la predizione di un universo non statico”. Se ne accorse invece il russo Fridman che la esplicitò e puntualmente i fatti s’incaricarono di dimostrarla. Nel 1929 l’astronomo Edwin Hubble si rese conto che, in qualsiasi direzione si osservi, le galassie si allontanano da noi: ciò significa che l’universo si sta espandendo, che “in passato, gli oggetti che lo compongono dovevano essere molto più vicini tra loro di quanto non siano oggi e che” spiega Hawking. “circa dieci o venti miliardi di anni fa, tutti gli oggetti dovettero trovarsi esattamente nello stesso luogo in cui, perciò, la densità dell’universo era infinita”. Questa scoperta, una delle grandi rivoluzioni intellettuali del XX secolo, pose alla scienza il problema dell’ “inizio dell’universo” risolto di lì a poco con la teoria del Big Bang, cioè la grande esplosione iniziale grazie alla quale da un punto infinitamente piccolo e infinitamente denso ha preso origine sia il tempo che lo spazio che da allora si sta espandendo. “A questo punto” scriveva Alan Guth in un celebre articolo su Scientific American “è forte la tentazione di fare un altro passo avanti e ipotizzare che tutto l’universo sia nato letteralmente dal nulla”.
 
E’ l’idea di creazione, che presuppone un Creatore. E’ la spiegazione più ragionevole. Perché, come dice l’insospettabile Stephen Hawking, “è difficile rendersi conto di come condizioni iniziali tanto caotiche possano aver dato origine a un universo così omogeneo e regolare, su una scala tanto grande quanto quella del nostro universo attuale”. Ma torniamo al Big Bang: ha lasciato la sua traccia verificabile da qualche parte? Sì, è la radiazione cosmica di fondo (una sorta di rumore di fondo che riempie l’universo) che fu rilevata, quasi per caso, nel 1965 da Penzias e Wilson. Il Nobel per la Fisica di quest’anno è andato a Mather e Smoot perché studiando per venti anni questo fiume di microonde riuscirono nel 1992 ad elaborare una mappa dell’universo che “fotografava” l’universo stesso poco dopo la sua nascita. E confermava la teoria del Big Bang.
 
Ritenete che abbia arbitrariamente chiamato in causa il discorso di Ratisbona? Rispondo ancora una volta con l’insospettabile Hawking: “L’intera storia della scienza è stata una graduale presa di coscienza del fatto che gli eventi non accadono in un modo arbitrario, ma che riflettono un certo ordine sottostante”.
v E’ un ordine misterioso, spiega Ratzinger, che i filosofi greci hanno chiamano “logos”. Come pure san Giovanni che aggiunse però un avvenimento storico accaduto duemila anni fa: “Il logos si è fatto carne”. La Razionalità che salva l’universo dall’assurdo, secondo san Giovanni, è diventata un uomo: Gesù Cristo. Egli è la consistenza di tutto, dalle stelle agli occhi della persona amata. Il cristianesimo è questo annuncio.
 
Hawking, alla fine di un suo famoso libro sul Big Bang, si chiede “perché esiste l’universo?”. Ora, avendo conosciuto il logos fatto uomo, sappiamo la risposta: per Amore. Hawking, che non lo sa, nota che fino a oggi la maggior parte degli scienziati si è occupata di descrivere “che cosa sia l’universo”, ma che adesso occorre chiedersi “perché?” e conclude: “se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio”.
 
Ebbene la mente di Dio, la sua Sapienza creatrice, si è fatta uomo e ha rivelato che l’essenza di Dio è Amore. Per amore ha creato tutto ciò che è. Così, per conoscere Dio in questa sua rivelazione definitiva non serve la fisica o la matematica, ma l’amore. E’ la conclusione di Ratzinger a Ratisbona: “Dio come logos ha agito ed agisce pieno di amore in nostro favore” e “l’amore sorpassa la conoscenza”. Per questo possiamo dire che conoscere e amare Cristo è – citando Hawking – “il trionfo definitivo della ragione umana”.
 
© “Libero”, 8 ottobre 2006
 
        
        
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